Parametri biochimici del cucciolo e del gattino: differenze con gli adulti (PRIMA PARTE)
Come abbiamo visto nella “pillola” precedente, è di grande importanza essere a conoscenza delle differenze degli intervalli di riferimento che esistono tra cuccioli – gattini e adulti. Le cause di queste differenze sono da ricercarsi nel passaggio dalla vita fetale alla vita extrauterina, nell’alimentazione (colostro, latte), nell’immaturità di alcuni processi metabolici e nell’azione di alcuni ormoni, come l’ormone della crescita (GH) e il paratormone. I lavori pubblicati in letteratura che hanno determinato gli intervalli di riferimento dei comuni parametri biochimici nei cuccioli e nei gattini sono pochi e in alcuni casi riportano risultati discordanti e i laboratori in genere non forniscono intervalli di riferimento diversificati per fasce di età. Per questo è utile conoscere la patogenesi delle “alterazioni” clinico patologiche presenti nei giovanissimi, di modo da interpretare correttamente i risultati che sembrano patologici utilizzando gli intervalli di riferimento dell’adulto.
Alla nascita, la maturazione del fegato è incompleta, comportando capacità limitate nella gluconeogenesi, nello stoccaggio del glicogeno e nei processi di detossificazione (ciclo dell’urea).
Glucosio: i cuccioli e i gattini hanno una capacità limitata nella regolazione della glicemia fino ai 4 mesi di età a causa di una relativa insensibilità all’insulina e di una ridotta capacità stoccare il glicogeno e di attingere ad altre fonti di energia, come tessuto adiposo e amminoacidi. Valutando gli intervalli di riferimento specifici però non si evidenziano differenze statisticamente significative con gli adulti probabilmente perché i soggetti inclusi negli studi non erano mai a digiuno di 12 ore, in quanto avrebbero rischiato di diventare ipoglicemici. Altri analiti che risultano difficilmente confrontabili con i valori dell’adulto per la stessa ragione (mancato digiuno) sono gli acidi biliari che hanno concentrazioni simili agli adulti. Ancora il mancato digiuno è la più probabile spiegazione per i valori di trigliceridi e colesterolo, che risultano più alti rispetto agli adulti (lipemia post-prandiale). Nei primi 3 giorni di vita può essere riscontrata comunemente nei cuccioli una ipocolesterolemia.
Bilirubina: sia nei cuccioli che nei gattini è possibile osservare un aumento della bilirubinemia nei primi giorni, fino a 1 settimana di vita (nei gattini). Così come accade nel neonato si è ipotizzata come causa la ridotta capacità di un fegato immaturo di gestire la “voluminosa” emocateresi secondaria alla policitemia relativa presente al momento del parto associata all’emivita più corta degli eritrociti fetali.
ALP: i valori di fosfatasi alcalina risultano essere più elevati rispetto agli adulti sia per l’assunzione del colostro (a partire da 24 ore per 2-3 giorni) sia come risultato dell’aumentata attività osteoblastica (isoenzima osseo, B-ALP); valori elevati si osservano comunemente oltre le 8 settimane di vita fino a una completa normalizzazione intorno a 1-2 anni (Von Dehn, 2014). Nella specie canina, in seguito all’assunzione del colostro, si osserva un notevole aumento di ALP (fino a 30 volte il limite superiore, Center et al., 1991): non è del tutto chiaro se perché il colostro ne contiene grandi quantità o se la sua assunzione stimola la sintesi di questo enzima. In ogni caso, la misurazione di ALP può essere utilizzata come marker per valutare un’ottimale assunzione del colostro nei cuccioli. Altro analita che può essere utilizzato per questo scopo è la GGT, contenuta in elevate quantità nel colostro, che può raggiungere concentrazioni fino a 100 volte il limite superiore nei primi 2-3 giorni di vita (Center et al., 1991). Invece, per quanto riguarda la specie felina, solamente la ALP raggiunge valori significativamente elevati in seguito all’assunzione del colostro (Crawford et al., 2006).
Albumine – proteine totali – globuline: in entrambe le specie, i valori di albumina e proteine totali sono più bassi rispetto agli adulti fino alle 4 settimane a causa della parziale capacità di sintesi delle albumine da parte del fegato. Invece l’aumento delle globuline è progressivo, riflettendo una graduale maturità del sistema immunitario in risposta alla stimolazione antigenica, acquisita con la crescita.
ALT- amilasi – lipasi – AST, solo nel cane: nella specie canina, non si evidenziano differenze significative con gli adulti, mentre nel gatto questi enzimi risultano essere più bassi fino alle 8 settimane.
AST- CK – LDH: nel gattino, i valori di questi enzimi (nel cucciolo solo la CK) risultano essere molto elevati 24 ore dopo il parto, ipotizzando un danno muscolare al momento del travaglio per le contrazioni uterine. I valori di CK (e LDH nel gattino) scendono progressivamente, persistendo elevate fino alle 8 settimane.
Di seguito, gli intervalli di riferimento per cuccioli e gattini riportati in Letteratura.

Intervalli di riferimento dei gattini dalla nascita fino ai 56 giorni. Da: Levey et al. Effect of age on reference intervals of serum biochemical values in kittens. JAVMA, Vol 228, No. 7, April 1, 2006. NB: gli intervalli di riferimento riportati tra parentesi sono relativi a gattini che non hanno ricevuto il colostro.

Intervalli di riferimento dei cuccioli dalla nascita fino alle 8 settimane. Da: Rosset at al. Age-related changes in biochemical and hematologic variables in Borzoi and Beagle puppies from birth to 8 weeks. Vet Clin Pathol 41/2; 272–282. 2012

Intervalli di riferimento dei cuccioli dai 16 ai 60 giorni. Da: Rørtveit et al. Age-related changes in hematologic and serum biochemical variables in dogs aged 16–60 days. Vet Clin Pathol 44/1; 47–57. 2015
Nella prossima “pillola”, affronteremo i parametri biochimici relativi al metabolismo del calcio- fosforo, elettroliti e all’apparato urinario.
Dr.ssa Giulia Mangiagalli, DVM – Dr.ssa Silvia Rossi, DVM dipl. ECVCP
Bibliografia
- Center et al. Effect of colostrum ingestion on gamma-glutamyltransferase and alkaline phosphatase activities in neonatal pups. Am J Vet Res. 1991 Mar;52(3):499-504.
- Crawford et al. Evaluation of surrogate markers for passive transfer of immunity in kittens. JAVMA, Vol 228, No. 7, April 1, 2006
- Levey et al. Effect of age on reference intervals of serum biochemical values in kittens. JAVMA, Vol 228, No. 7, April 1, 2006
- Rosset at al. Age-related changes in biochemical and hematologic variables in Borzoi and Beagle puppies from birth to 8 weeks. Vet Clin Pathol 41/2; 272–282. 2012
- Rørtveit et al. Age-related changes in hematologic and serum biochemical variables in dogs aged 16–60 days. Vet Clin Pathol 44/1; 47–57. 2015
- Von Dehn. Pediatric Clinical Pathology. Vet Clin Small Anim 44; 205–219. 2014
Artefatti in Istologia: Se li conosci li eviti!
Parliamo oggi di un aspetto della diagnostica istologica che riguarda sia il patologo che il clinico: ovvero l’origine degli artefatti.
Iniziamo col dire che in istologia e citologia l’artefatto rappresenta un aspetto morfologico non normalmente presente in cellule e tessuti viventi (e non dovuto a reali alterazioni patologiche).
Gli artefatti possono ostacolare il processo diagnostico in quanto possono essere in alcuni casi confusi con alterazioni patologiche ed in altri casi possono impedire la valutazione dei dettagli morfologici del campione in esame.
In istologia gli artefatti possono nascere in momenti diversi della vita del campione.
Le fasi sulle quali può intervenire il clinico per evitare artefatti sono essenzialmente due:
- pre-fissazione: ovvero fase di prelievo e manipolazione del campione
- fissazione: relativa al periodo di tempo che il campione trascorre nel fissativo dal prelievo all’arrivo in laboratorio per la processazione
Gli artefatti da pre-fissazione possono essere dovuti a svariati fattori, andiamoli a conoscere uno ad uno.
A. Modalità di prelievo:
- Prelievo con elettrobisturi o laser: è in grado di causare disidratazione e condensazione dei tessuti e coagulazione delle proteine.
Risultato: marcata acidofilia e perdita dei dettagli cellulari citoplasmatici e nucleari.
NB: Sconsigliabile soprattutto se volete richiedere una valutazione dei margini di escissione di una sospetta neoplasia o se il campione da prelevare è di dimensioni molto ridotte (<5mm di asse maggiore) e rischia di essere coagulato per intero dall’azione fisica dell’elettrobisturi o del laser

Figura 1: Margine coagulato di un campione bioptico ottenuto con elettrobisturi. Ematossilina-Eosina 4x
- Prelievo con punch o tru-cut o schiacciamento da pinza: è in grado di causare per azione meccanica una compressione dei tessuti.
Risultato: soprattutto ai margini delle sezioni gli elementi cellulari possono avere aspetto distorto, stirato o appiattito ed un’aumentata basofilia, alcune lesioni elementari possono essere perse (ad esempio rottura di pustole o lesioni bollose da campioni dermatologici).
NB: Sconsigliabile soprattutto se il campione è da lesioni cutanee con lesioni che possono andare soggette a rottura o da tessuti molto delicati come ad esempio da tessuti linfoidi.

Figura 2: Cellule ad aspetto distorto e stirato in conseguenza dello schiacciamento da pinza bioptica. Ematossilina-Eosina 40X
B. Intervallo temporale eccessivo tra prelievo-fissazione: consente l’essiccazione del campione, specie se di piccole dimensioni.
Risultato: indurimento del tessuto con successive difficoltà al taglio delle sezioni, “fusione dei nuclei” con loro perdita di dettaglio, alterazioni di autolisi di entità variabile a seconda dell’intervallo temporale trascorso prima della fissazione
NB: sconsigliabile soprattutto se il campione è di piccole dimensioni e pertanto soggetto a rapida disidratazione o se l’intervallo è veramente eccessivo (ore) permettendo fenomeni di autolisi in campioni anche di dimensioni maggiori. In pratica è sempre sconsigliabile lasciar passare troppo tempo prima di immergere il campione nel fissativo.

Figura 3: Campione di piccole dimensioni essiccato per ritardata immersione nel fissativo. Ematossilina-Eosina 4X.
C. Schiacciamento in cassettina da biopsie: può essere dovuto ad un eccessivo schiacciamento tra le due spugne spesso usate per l’invio in cassetta dei campioni di piccole dimensioni oppure all’intrappolamento del tessuto ai bordi della cassetta quando questa viene chiusa.
Risultato: il tessuto viene “stampato” con la sagoma dei rilievi delle spugnette o schiacciato dai bordi della cassetta.
NB: Sconsigliabile soprattutto se i campioni sono di piccole dimensioni e quindi è importante che tutta l’estensione ne sia valutabile.

Figura 4: Impronte dei rilievi delle spugnette per eccessiva pressione all’interno della cassetta da biopsia. Ematossilina-Eosina 10x
D. Presenza di materiale estraneo: fili da sutura, materiale ingerito nel tratto gastroenterico, peli…
Risultato: il materiale estraneo può ostacolare il taglio delle sezioni (es. fili da sutura o ingesta nel tratto gastroenterico) o può causare dubbi interpretativi (raramente).
NB: A volte questo tipo di artefatti non è evitabile! In alcuni casi il materiale estraneo è veramente presente nel contesto del tessuto in esame e non è una mera contaminazione
Gli artefatti da fissazione possono anche essi essere dovuti a varie cause. Andiamo a conoscerle nel dettaglio.
- Inadeguato rapporto volumetrico tessuto:fissativo (formalina): normalmente il rapporto ideale è 1:9 (questo vuol dire che per un campione con un volume di 1 cm3 una fissazione ideale richiederebbe 9 ml circa di formalina)
- Mancata incisione della superficie d’organo quando il tessuto capsulare è particolarmente spesso: ad esempio per l’albuginea testicolare
- Inadeguato tempo di fissazione: minimo 24 ore, evitare anche tempi eccessivi (settimane o mesi)
- Utilizzo di un fissativo non idoneo: ad esempio etanolo (usare solo in caso di emergenza quando la formalina o un fissativo da istologia formalin-free non è disponibile) o formalina non tamponata o con concentrazione non ideale di formaldeide (la formaldeide va usata sotto forma di soluzione acquosa, tamponata, con concentrazione del 4%, ovvero 10% di formalina al 40% di aldeide)
Risultati:
- Fissazione zonale (effetto roastbeef) ed autolisi
- Formazione di pigmento formolico (si forma quando la formalina a pH acido reagisce con l’emoglobina). Col tempo la formalina si decompone naturalmente formando acido formico che causa tale problema, a cui si può ovviare usando formalina tamponata ed evitando tempi di fissazione eccessivi (non accade a meno che non passino settimane/mesi prima del conferimento del campione al laboratorio)
- In caso di utilizzo di etanolo possono verificarsi difetti al taglio delle sezioni per eccessiva fragilità del tessuto (aspetto “a veneziana”) ed alterazioni di colorazione (possono colorarsi male i tessuti epiteliali ed il connettivo, con aspetto amorfo dei fasci collagenici)

Figura 5: Campione andato incontro ad autolisi per immersione in un quantitativo troppo scarso di fissativo. Ematossilina-Eosina 10X.
Dr.ssa Gaia Vichi DVM, Dipl. ECVP
Bibliografia:
Rolls OG, Farmer JN, Hall BJ. Artifacts in Histological and Cytological Preparation. Scientia Leica Microsystems Education Series. April 2008
L’Esame Emocromocitometrico nel Cucciolo e nel Gattino: principali differenze con gli adulti
L’interpretazione dei risultati emato – biochimici nei cuccioli e nei gattini prevede particolari attenzioni; bisogna essere a conoscenza delle alterazioni fisiologiche che avvengono alla nascita in seguito alla necessità di adattarsi rapidamente alla vita extra-uterina e in conseguenza del loro rapido accrescimento. Sono necessari intervalli di riferimento specifici per individuare fino a che punto un’alterazione, come ad esempio l’anemia, possa essere considerata fisiologica oppure patologica. Un altro approccio utile al fine di poter interpretare il risultato di un test in cuccioli e gattini, soprattutto se non sono noti gli intervalli di riferimento relativi all’età, è quello di paragonarlo al risultato ottenuto in uno o più fratelli della stessa cucciolata: se si riscontra un’anomalia in più soggetti, potrebbe non essere patologica ma rientrare all’interno della loro “normalità” (a meno che tutta la cucciolata sia affetta dalla stessa patologia congenita).
Di seguito le tabelle, riportate da “Weiss et al. Schalm’s Veterinary Hematology. 6th ed. 2010”, con gli intervalli di riferimento stabiliti per l’ematologia dei gattini (fino alle 18 settimane) e nei cuccioli (fino ai due mesi).


Quali alterazioni “fisiologiche” possiamo riscontrare nell’esame emocromocitometrico nei cuccioli e dei gattini?
- Ematocrito (HCT), emoglobina (HGB), numero di eritrociti: i cuccioli e i gattini appena nati hanno valori di HCT superiori rispetto agli adulti per la presenza di eritrociti fetali che hanno dimensioni maggiori (MCV più elevato); nella specie canina a partire dai tre giorni di vita i parametri eritocitari cominciano ad abbassarsi, fino a raggiungere valori di 26-30% di HCT attorno alle 4-6 settimane di età, per poi risalire gradualmente nei mesi successivi, fino a raggiungere i valori di normalità dei soggetti adulti a partire dalle 8 settimane secondo Rosset et al. (2012) e dai 6 mesi secondo von Dehn (2014). Nei gattini in 1-4 mesi si ha il completo raggiungimento dei valori normali dei gatti adulti (Rizzi et al., 2010). Le ragioni dell’apparente anemia (rispetto ai valori dell’adulto) delle prime settimane di vita sono legate all’emivita più corta degli eritrociti e alla necessità di espandere il volume di sangue circolante vista la crescita rapida dei soggetti; la maggiore richiesta di eritrociti da parte dell’organismo non riesce ad essere evasa dal midollo non del tutto maturo; è possibile osservare in circolo eritrociti nucleati, corpi di Howell- Jolly e corpi di Heinz (solo nei gattini).
- Volume corpuscolare medio (MCV): sia nei cuccioli che nei gattini, comunemente gli eritrociti hanno un volume maggiore (“macrociti”) fino a 3 settimane di età nei cani e fino a 1-4 mesi nei gatti (Rizzi et al., 2010); questi eritrociti fetali vengono progressivamente sostituiti dagli eritrociti “normali” nelle settimane successive.
- Reticolociti: sia i gattini che i cuccioli (fino alle 8 settimane) presentano una conta reticolocitaria maggiore di 60 – 70.000/ microlitro, che scende ai valori normali dei cani adulti a 5-6 mesi di età (Rizzi et al., 2010).
- Leucociti: riguardo a questo dato ci sono informazioni contrastanti in letteratura, soprattutto per la specie canina. Il lavoro di Rørtveit et al. (2015) non evidenzia differenze statisticamente significative tra cuccioli e cani adulti nel numero assoluto dei leucociti. Mentre, un altro lavoro (Rosset et al., 2012) indica che fino alle 3 – 8 settimane di età è possibile riscontrare un aumento dei leucociti nei cuccioli, dato da una maggiore suscettibilità agli stimoli eccitativi – stressanti e immunitari (neutrofilia corticosteroidi – indotta, linfocitosi da rilascio di catecolamine e da stimoli immunitari). Nei gattini invece appena dopo la nascita il numero dei leucociti risulta essere normale e aumenta progressivamente fino ai 3-4 mesi di età (fino ad arrivare a 23.000 cellule/microlitro): le popolazioni leucocitarie sono rappresentate per il 50% da neutrofili e per il restante 50% da linfociti. Il numero assoluto de leucociti raggiunge valori normali di un gatto adulto circa a 5- 6 mesi di età (Rizzi et al., 2010).
- Il numero di piastrine non presenza differenze statisticamente significative rispetto agli adulti per entrambe le specie.
Dr.ssa Giulia Mangiagalli, DVM – Dr.ssa Silvia Rossi, DVM, Dipl. ECVCP
Bibliografia:
- Rizzi et al. Chapter 104: Normal hematology of the dog. In: Weiss et al. Schalm’s Veterinary Hematology. 6th ed. 2010
- Rizzi et al. Chapter 105: Normal hematology of the cat. In: Weiss et al. Schalm’s Veterinary Hematology. 6th ed. 2010
- Rørtveit et al. Age-related changes in hematologic and serum biochemical variables in dogs aged 16–60 days. Vet Clin Pathol 44/1; 47–57. 2015
- Rosset at al. Age-related changes in biochemical and hematologic variables in Borzoi and Beagle puppies from birth to 8 weeks. Vet Clin Pathol 41/2; 272–282. 2012
- Shifrine et al. Hematologic changes to 60 days of age in clinically normal beagles. Lab Anim Sci.;23: 894–898. 1973
- Von Dehn. Pediatric Clinical Pathology. Vet Clin Small Anim 44; 205–219. 2014
I mastocitomi cutanei del gatto
I mastocitomi cutanei del gatto vengono classificati secondo il loro aspetto istologico in forme mastocitiche e meno frequentemente in forme atipiche. I mastocitomi mastocitici sono inoltre suddivisi in ben differenziati e pleomorfi.
Mastocitoma mastocitico ben differenziato: masse dermiche (talvolta con invasione del sottocute) non capsulate, ma ben delimitate, composte da cellule simili ai mastociti normali, senza aspetti di pleomorfismo e con mitosi rare. Possono esservi aggregati multifocali di linfociti e scarsi eosinofili d’infiltrazione.
Mastocitoma mastocitico pleomorfo: carattere maggiormente infiltrante rispetto al mastocitoma mastocitico ben differenziato, composto da cellule voluminose con nuclei eccentrici, nucleoli prominenti e con possibile presenza di cellule giganti con nucleo multilobulato o nuclei multipli. Le mitosi possono essere presenti in quantità più elevata rispetto a quanto osservabile nelle forme ben differenziate. Spesso sono presenti anche numerosi granulociti eosinofili d’infiltrazione.
Mastocitoma atipico (detto anche scarsamente granulato o istiocitico): composto da cellule grandi e di forma variabile da poligonale a fusata, con abbondante citoplasma, senza granulazioni evidenti alla colorazione con ematossilina/eosina (ma evidenziabili con le colorazioni speciali Giemsa o blu di Toluidina), nuclei grandi e ad aspetto vescicoloso, talvolta indentato. Le mitosi sono rare. Possono esservi numerosi aggregati di linfociti e numerosi granulociti eosinofili d’infiltrazione.

Figura 1: Cute di gatto. Mastocitoma mastocitico ben differenziato. Le cellule neoplastiche hanno aspetto simile ai mastociti normali, con citoplasma ricco di finissime granulazioni basofile. Non sono presenti aspetti di pleomorfismo di entità rilevante. Ematossilina/Eosina 600X.
A differenza dei mastocitomi cutanei canini, quelli felini non hanno un sistema di grading universalmente riconosciuto. La classificazione in sottotipi appena elencati, il pattern di crescita più o meno infiltrante, i parametri valutati nel sistema di grading applicato alla specie canina, l’eventuale disregolazione del recettore C-Kit non hanno fornito dati univoci per la determinazione di indicatori prognostici validi.
Uno studio passato (Sabbatini S, Bettini G. 2010) riportava come indicatori prognostici la presenza di lesioni multifocali piuttosto che singole, il fenotipo pleomorfo, l’indice mitotico ed il Ki67 (questi due tra loro correlabili) e lo score di immunoreattività al C-Kit (prodotto del punteggio relativo alla % di cellule positive x quello relativo all’intensità dell’immunoreattività).
In uno studio più recente gli stessi autori (Sabbatini S, Bettini G. 2019) hanno proposto un sistema di grading 2 tier (Low Grade vs High Grade) nel quale ancora l’indice mitotico viene ritenuto importante, assieme ad altri parametri secondo il seguente schema:

Riassumendo una neoplasia viene considerata High Grade se ha un indice mitotico maggiore di 5 mitosi su 10 HPF (campi microscopici ad ingrandimento 400x) e se ha almeno due caratteristiche tra:
- diametro della massa maggiore di 1,5cm
- forma irregolare dei nuclei
- nucleoli prominenti/clusters cromatinici
- oppure se, indipendentemente dalla presenza di tutti questi caratteri di malignità, presenta fenomeni di invasione vascolare.
Il 24% delle neoplasie valutate come High Grade nello studio in cui viene proposto tale schema classificativo ha mostrato una significativa riduzione del tempo di sopravvivenza (median value 349 days; 95% CI, 0-739 days) rispetto alle neoplasie Low Grade (median not reached, P< .001).
Si può dunque concludere che, sebbene solitamente i mastocitomi cutanei felini abbiano un comportamento biologico benigno, è necessario riservare particolare attenzione nella valutazione oncologica clinica alle forme non ben differenziate e con un indice mitotico significativo (>5 mitosi su 10 HPF) o con fenomeni di invasione vascolare apprezzabili istologicamente.
Dr.ssa Gaia Vichi, DVM Dipl. ECVP
Bibliografia:
- Sabattini S, Bettini G. Prognostic Value of Histologic and Immunohistochemical Features in Feline Cutaneous Mast Cell Tumors. Veterinary Pathology. 2010;47(4):643-653.
- Sabattini S, Bettini G. Grading Cutaneous Mast Cell Tumors in Cats. Veterinary Pathology. 2019;56(1):43-49.
Segni di Tossicità Neutrofilica nel Cane e nel Gatto
Cosa sono i segni di tossicità che vengono riportati talvolta nei referti degli esami emocromocitometrici e quale significato hanno?
Si tratta di alterazioni strutturali che si sviluppano a livello midollare prima che i neutrofili vengano rilasciati in circolo (Gosset et al, 1985) in conseguenza di difetti maturativi secondari a granulopoiesi accelerata. In risposta a una maggior richiesta da parte dell’organismo (in presenza di flogosi, rilascio di citochine infiammatorie e granulochine) aumenta infatti la produzione dei granulociti e si riduce il loro tempo di maturazione; quando questa richiesta è particolarmente importante (flogosi acuta e grave) compare nei granulociti neutrofili la “tossicità” che noi possiamo osservare al microscopio.
Queste alterazioni possono essere osservate sia nei granulociti neutrofili maturi (segmentati) che nelle forme più immature (bandati), in corso di neutrofilia, neutropenia o in assenza di alterazioni numeriche e possono essere associate o meno a left shift.
I segni di tossicità che si possono osservare a livello di striscio ematico (con colorazione di Romanowsky) possono interessare sia il nucleo (più raramente) che il citoplasma e sono riportati di seguito in ordine crescente di gravità:
- Basofilia citoplasmatica: colorazione del citoplasma azzurro – bluastra di intensità variabile, conseguente a una ritenzione o persistenza del reticolo endoplasmatico rugoso (RER) e di poliribosomi che dovrebbero scomparire nei granulociti neutrofili maturi. Se questa alterazione è presente solo nei granulociti neutrofili bandati e non nei segmentati, non è da interpretarsi come segno di tossicità ma dipende dall’immaturità della cellula stessa.
- Corpi di Dohle: inclusioni citoplasmatiche irregolari, rotondeggianti, angolari, di colazione blu- grigistra di circa 0.5-2 um di diametro, dati da aggregati lamellari persistenti del RER. Nel gatto, a differenza del cane, la loro sola e occasionale presenza può non essere indicativa di tossicità. Possono comparire inoltre come artefatti in seguito a ritardato allestimento del campione come fini puntini bluastri a partire già da 4 ore dal prelievo (Bau‐Gaudreault L e Grimes CL, 2019)
- Vacuolizzazioni citoplasmatiche: aree irregolari non delimitate da membrana che conferiscono un aspetto schiumoso al citoplasma, date dalla dispersione degli organelli e dalla degranulazione dei lisosomi a livello citoplasmatico per un danno alla membrana cellulare. La presenza di vacuolizzazioni può anche essere artefattuale, sia per ritardo allestimento del campione (degenerazione idropica) sia per contatto prolungato con l’anticoagulante EDTA (Gosset et al., 1984): in questi casi solitamente la basofilia è assente, le vacuolizzazioni tendono ad essere più nette e vi possono essere nuclei picnotici e irregolarità della membrana cellulare, aspetti che devono farci sospettare un’alterazione in vitro.
- Asincronia maturativa – displasia: caratteristiche discordi all’interno della stessa cellula, come nuclei segmentati (maturi) che presentano cromatina finemente granulare (immatura). Un esempio di tale alterazione è rappresentato dai granulociti neutrofili giganti; queste cellule, di dimensioni superiori a 14-20 um vengono rilasciate troppo rapidamente dal midollo osseo, saltando una divisione cellulare e perciò appaiono di dimensioni maggiori rispetto a un neutrofilo normale. Si osservano più frequentemente nel gatto e sono riportati anche in corso di discrasia del barboncino, infezione da FeLV e trattamento con chemioterapici. Anche i nuclei ad anello sono granulociti neutrofili displastici per accelerata e alterata granulopoiesi.
- Granuli primari: persistenza nei granulociti neutrofili maturi o bandati di fini granulazioni magenta che solitamente si osservano solo nei promielociti. È un reperto raro da osservare negli animali domestici, più frequente nei cavalli e nei ruminanti, dato da una maggior permeabilità di questi granuli alla colorazione, per la presenza di mucopolisaccaridi al loro interno.
Queste alterazioni sono associate a flogosi per lo più sistemiche, raramente localizzate, spesso di tipo batterico, ma non esclusivamente: patologie virali come la parvovirosi e i virus delle prime vie respiratorie nel gatto, anemia emolitica immunomediata e coagulazione intravasale disseminata nel cane e alcuni disturbi metabolici, come l’insufficienza renale acuta, la chetoacidosi diabetica e la lipidosi (nel gatto), possono associarsi alla presenza di granulociti neutrofili con segni di tossicità, solitamente meno marcati rispetto a quelli dati da un fenomeno settico grave (Aroch I et al., 2005; Segev G et al., 2006).
Cani con gravi segni di tossicità, associati soprattutto a neutropenia, hanno un tempo di ospedalizzazione e un tasso di mortalità superiore (Aroch I et al., 2005), mentre la risoluzione della tossicità microscopica, in seguito a trattamento, viene interpretato come un fattore prognostico positivo (Schiltze, 2010).
Nel gatto, invece, i segni di tossicità sono associati a un maggior tempo di ospedalizzazione come nel cane, ma non hanno un valore prognostico negativo (Segev G et al., 2006).
Per valutare la gravità di queste alterazioni e conferirgli un significato clinico, si utilizza una classificazione semi – quantitativa basata sia sulla quantità di neutrofili interessati sia sulle alterazioni presenti nel singolo neutrofilo. Di seguito il grading riportato da Harvey JV, Veterinary Hematology, a Diagnostic Guide and Color Atlas (2012).
Segni di tossicità
| Grading |
Corpi di Dohle | + |
Basofilia citoplasmatica lieve | + |
Basofilia lieve + Corpi di Dohle | ++ |
Basofilia moderata + Vacuolizzazioni | ++ |
Basofilia marcata + Vacuolizzazioni (+ Corpi di Dohle) | +++ |
Basofilia con granuli primari evidenti (+ Corpi di Dohle) | +++ |
Lieve: 5-10%; Moderata: 11-30%; Grave: >30%
|
Dr.ssa Giulia Mangiagalli, DVM – Dr.ssa Silvia Rossi, DVM dipl. ECVCP
Bibliografia:
- Aroch I et al. Clinical, biochemical, and hematological characteristics, disease prevalence, and prognosis of dogs presenting with neutrophil cytoplasmic toxicity. J Vet Intern Med 2005; 19:64–73
- Bau‐Gaudreault L, Grimes CL. Effect of time and storage on toxic or pseudo‐toxic change in canine neutrophils. Vet Clin Pathol. 2019; 48:400–405.
- Gosset KA, MacWilliams PS. Ultrastructure of canine toxic neutrophils. Am J Vet Res. 1982 Sep;43(9):1634-7.
- Gosset KA and Carakostas MC. Effect of EDTA on morphology of neutrophils of healthy
dogs and dogs with inflammation. Vet Clin Pathol. 1984; 13, 3:22-25. - Gosset KA et al. Sequential morphological and quantitative changes in blood and bone marrow neutrophils in dogs with acute inflammation. CanJComp Med 1985; 49:291-297.
- Harvey JV. Chapter 5: Evaluation of leukocytic disorders. In: Veterinary Hematology, a Diagnostic Guide and Color Atlas. First Edition. 2012
- Schiltze E. Chapter 48: Interpretation of canine leukocytes response. In: Weiss DJ, Wardrop KJ. Schalm’s Veterinary Hematology. Sixth edition. 2010
- Segev G et al. Toxic neutrophils in cats: clinical and clinicopathologic features, and disease prevalence and outcome – a retrospective case control study. J Vet Intern Med 2006; 20:20–31
- Stockham L, Scott MA. Chapter 2: Leukocytes.In: Fundamentals of Veterinary Clinical Pathology. Second Edition. Blackwell Publ. Ames. 2008.
- Valenciano A et al. Chapter 49: Interpretation of feline leukocytes response. In: Weiss DJ, Wardrop KJ. Schalm’s Veterinary Hematology. Sixth edition. 2010
- Eclinpath.com. https://eclinpath.com/hematology/morphologic-features/white-blood-cells/toxic-change/. Ultimo accesso 06.01.21
Il Mastocitoma Canino: cosa valuta il patologo?
Il mastocitoma canino è un’entità patologica complessa, da tempo oggetto di molteplici studi inerenti la sua classificazione, i sistemi di grading e la valutazione di indici prognostici valutabili non solo mediante l’indagine istologica di routine, ma anche con l’ausilio di indagini aggiuntive quali colorazioni immunoistochimiche e PCR per le mutazioni del c-KIT.
Il mastocitoma viene classificato sulla base della sua localizzazione in mastocitoma cutaneo e mastocitoma sottocutaneo (oltre ovviamente alle forme con coinvolgimento viscerale).
Le due entità di mastocitoma cutaneo e mastocitoma sottocutaneo canino prevedono la valutazione di parametri differenti e con differenti valori di cut-off, ai fini della prognosi.
Per il mastocitoma cutaneo sono stati messi a punto nel corso degli anni diversi sistemi di grading. Quello riconosciuto fino a pochi anni fa è il cosiddetto grading “secondo Patnaik”.
Tale sistema di grading suddivide i mastocitomi cutanei in mastocitoma in grado I, II, e III.
- Mastocitomi di Grado I: l’infiltrato neoplastico rimane confinato nello spessore del derma a livello degli spazi inter-follicolari ed è costituito da mastociti ben differenziati disposti in cordoni o piccoli foglietti separati da fibre di collagene del derma stesso. Non si osservano aspetti di anisocitosi ed anisocariosi di entità significativa né mitosi.
- Mastocitomi di Grado II: l’infiltrato cellulare neoplastico mostra una densità da moderata ad elevata e si sospinge anche nello spessore del derma profondo e talvolta in parte anche nel sottocute ed occasionalmente coinvolge il tessuto muscolare o altri tessuti limitrofi. Gli elementi cellulari neoplastici hanno un aspetto moderatamente pleomorfo, con moderati caratteri di anisocitosi ed anisocariosi, possibile presenza di sporadiche cellule binucleate, aspetti di edema e necrosi. Le mitosi sono presenti in numero variabile da 0 a 2 per HPF (HPF: campo ad ingrandimento 40x).
- Mastocitomi di Grado III: infiltrato neoplastico risulta ad elevata densità cellulare con aspetti di marcato pleomorfismo delle stesse cellule neoplastiche e si sospinge abbondantemente nel sottocute e nei tessuti limitrofi. Le granulazioni citoplasmatiche dei mastociti neoplastici possono risultare assai scarsamente evidenti. Gli elementi cellulari binucleati sono frequenti e possono essere presenti anche cellule giganti e multinucleate. Possono essere presenti anche aspetti di necrosi, edema ed emorragia. Le mitosi sono presenti in numero ≥3 per HPF.
Più recentemente è stato introdotto un nuovo sistema di grading 2 tier “secondo Kiupel”, che riduce il livello di soggettività nell’interpretazione degli indicatori prognostici da parte dei patologi e, secondo anche studi successivi, ha un valore prognostico maggiore rispetto al sistema di grading secondo Patnaik.
Tale sistema di grading suddivide i mastocitomi cutanei canini semplicemente in Low-Grade ed High-Grade:
- Mastocitomi cutanei low-grade: indice mitotico <7 mitosi su 10 HPF, <3 cellule multinucleate su 10 HPF, <3 nuclei atipici su 10 HPF, assenza di cariomegalia (i nuclei con diametro grande almeno il doppio di quello della media della popolazione neoplastica sono <10%)
- Mastocitomi cutanei high-grade: indice mitotico ≥7 mitosi su 10 HPF, ≥3 cellule multinucleate su 10 HPF, ≥3 nuclei atipici su 10 HPF, presenza di cariomegalia (i nuclei con diametro grande almeno il doppio di quello della media della popolazione neoplastica sono ≥10%). NB: è sufficiente una di queste caratteristiche per classificare la neoplasia come high-grade.
Entrambi questi sistemi di grading non si applicano, ad ogni modo, ai mastocitomi sottocutanei, per i quali si fa invece riferimento ad un ulteriore studio, condotto da Thompson et al. che individua piuttosto i parametri istologici interpretabili come indicatori prognostici sfavorevoli.
- Indicatori prognostici sfavorevoli per i mastocitomi sottocutanei canini
- Indice mitotico >4 mitosi su 10 HPF, pattern di accrescimento di tipo infiltrante e presenza di multinucleazione (numero di cellule con più di 1 nucleo ≥1 su 10 HPF).
Il patologo valutando quindi questi parametri alla colorazione di routine con Ematossilina-Eosina formula il grading per il mastocitoma in esame (oltre ovviamente a segnalare l’eventuale coinvolgimento dei margini, le dimensioni e l’estensione della neoplasia stessa, l’eventuale coinvolgimento linfonodale anche esso con la sua classificazione, ed altri parametri valutabili sul campione in esame ed utili alla valutazione oncologica del caso stesso) e consiglia indagini aggiuntive che possano fornire ulteriori indicazioni per la prognosi e la terapia del caso in esame.
Le indagini di immunoistochimica che vengono consigliate sono quelle con i markers c-KIT e Ki67.
Il c-KIT (CD117) è un recettore tirosin-chinasico che gioca un importante ruolo nelle neoplasie mastocitarie canine. L’espressione immunoistochimica di questo marker è in condizioni normale di tipo membranario. La sua espressione aberrante (citoplasmatica diffusa o a spot perinucleari) è correlata con una prognosi sfavorevole (minor tempo di sopravvivenza, aumento recidive).
Il Ki67 è invece una proteina presente a livello nucleare associata con la proliferazione cellulare, costituendo pertanto un marker di proliferazione per il tessuto neoplastico.
Viene inoltre consigliata anche la valutazione, mediante indagine PCR, dello stato mutazionale del gene che codifica per il c-KIT, in quanto eventuali mutazioni di questo gene hanno un valore sia prognostico che di indicazione ai fini terapeutici per l’eventuale utilizzo di farmaci inibitori tirosin-chinasici.
Scatta a questo punto la sinergia tra patologo ed oncologo clinico che valuterà, sulla base del referto istopatologico, come procedere con gli approfondimenti diagnostici consigliati dal patologo stesso ed il piano terapeutico per la patologia neoplastica in questione.

Figura 1: Mastocitoma cutaneo canino low-grade. Gli elementi cellulari neoplastici hanno aspetto tra loro uniforme, non si osservano aspetti di dismetria nucleare di entità significativa, non sono presenti nuclei a profilo bizzarro e non si osservano cellule multinucleate, le mitosi sono rare (assenti in questo campo microscopico). Colorazione Ematossilina-Eosina 60X.

Figura 2: Mastocitoma cutaneo canino high-grade. Gli elementi cellulari neoplastici mostrano aspetti di anisocitosi ed anisocariosi, i nuclei sono tra loro dismetrici (alcuni con diametro doppio di altri), talvolta con profilo bizzarro; sono anche presenti cellule multinucleate (segnate con testa di freccia) e numerose mitosi (3 in questo campo microscopico, segnate con freccia, di cui 2 multipolari). Colorazione Ematossilina-Eosina 40X.
Dr.ssa Gaia Vichi – DVM, Dipl. ECVP
Bibliografia:
- Patnaik, AK, Ehler, WJ, Macewen, EG. Canine cutaneous mast cell tumor: morphologic grading and survival time in 83 dogs. Vet Pathol. 1984;21(5):268–274.
- Kiupel, M, Webster, JD, Bailey, KL. Proposal of 2-tier histologic gradind system for canine cutaneous mast cell tumors to more accurately predict biological behavior. Vet Pathol. 2011;48(1):147–55.
- Thompson JJ, Pearl DL, Yager JA, Best SJ, Coomber BL, Foster RA. Canine subcutaneous mast cell tumor: characterization and prognostic indices. Vet Pathol. 2011 Jan;48(1):156-68.
La Pannicolite in Citopatologia: facciamo attenzione ai FALSI POSITIVI
Il termine PANNICOLITE comprende un gruppo eterogeneo di patologie multifattoriali caratterizzate da flogosi e, spesso, degenerazione/necrosi del tessuto adiposo sottocutaneo (Gross TL et al., 2005). Frequente nel cane e nel gatto, si presenta come una lesione nodulare sottocutanea singola o multipla, generalmente di consistenza dura, protrudente o non protrudente, ben delimitata, adesa o meno ai piani muscolari sottostanti (fissa o fluttuante), talvolta fistolizzata con fuoriuscita di materiale infiammatorio/necrotico giallo – brunastro oleoso. Le localizzazioni più frequenti sono a livello di torace, addome, collo e porzione prossimale degli arti. La pannicolite può, in una fase successiva, indurre una dermatite profonda o, viceversa, essere la conseguenza dell’estensione più profonda di un processo infiammatorio cutaneo (Jubb et al. 2016).
Dal punto di vista eziopatogenetico può essere di natura infettiva (batterica, micotica, parassitaria) o, più comunemente, non infettiva (sterile). Indipendentemente dalla causa iniziale, gli adipociti danneggiati rilasciano nel sottocute i lipidi presenti nel loro citoplasma; in questa sede avviene la loro lipolisi e saponificazione, con conseguente formazione di acidi grassi proinfiammatori, che potenziano la flogosi già in atto (Gross TL et al., 2005).
La pannicolite sterile può essere causata da: traumi, corpi estranei, reazioni immunomediate (inoculo di farmaci o vaccini (Figura 5 e Figura 6), lupus eritematoso sistemico SLE), deficit nutrizionali (es. carenza di vitamina E nel gatto), vasculiti, ustioni, pancreatiti o carcinomi pancreatici. Nel caso di lesioni pancreatiche, la pannicolite è conseguenza delle vasculiti indotte dalla liberazione degli enzimi pancreatici. Infine, è descritta una pannicolite sterile idiopatica nodulare.
Citologicamente la pannicolite è caratterizzata da una popolazione infiammatoria mista in cui prevalgono macrofagi di aspetto “schiumoso” e granulociti neutrofili, più o meno degenerati, su un caratteristico fondo “lipidico” in cui si osservano numerosi spazi rotondeggianti, di varie dimensioni, otticamente vuoti e adipociti maturi (Figura 1 e Figura 4). Frequente la presenza di piccoli linfociti e plasmacellule (soprattutto nelle reazioni post-vaccinali), cellule giganti multinucleate e cellule fusate di aspetto anche marcatamente reattivo (+++ nelle forme croniche) (Figura 2 e Figura 3). Si può infine osservare una quantità variabile di detrito necrotico.
In caso di pannicolite infettiva, è possibile l’identificazione dell’agente eziologico, ma ricordiamo che il loro mancato riscontro nei preparati citologici non consente di escludere una causa infettiva.
Tra gli agenti eziologici, causa di pannicolite, troviamo Nocardia spp, Actinomycess spp, Bartonella henselae (Rossi MA et al., 2015), Mycobacteria spp, Sporothrix schenckii (raro in Europa), Toxoplasma gondii, Dirofilaria repens. Sono spesso necessari esami colturali e l’esame istologico associato a colorazioni “speciali” per l’identificazione di batteri (colorazione Gram), batteri acido resistenti (Fite-Faraco, Ziehl–Neelsen), funghi (PAS, Grocott-Gomori) (Cowell RL et al., 2008 e Raskin RE et al., 2010).
Non raramente, soprattutto nella specie felina, la fibroplasia reattiva, associata a pannicolite, può essere così intensa da far sospettare un sarcoma (Figura 3). Nei campioni citologici prelevati da queste lesioni, le cellule fusate presenti possono essere caratterizzate da moderati/gravi caratteri di atipia (anisocitosi, anisocariosi, nucleoli multipli evidenti) tali appunto da suggerire una neoplasia a cellule fusate.
In un interessante studio (Kim HJ et al., 2011) viene descritto come sia stata fatta una diagnosi citologica errata di neoplasia in ben 7 cani su 10 con diagnosi istologica finale di pannicolite sterile. In questi campioni citologici falsi positivi provenienti da noduli singoli, ben delimitati e non fluttuanti, era presente una popolazione pressoché singola di cellule fusate pleomorfe con gravi caratteri di atipia.
Poiché talvolta tali quadri rischiano di farci commettere un falso positivo è consigliabile anche di fronte ad atipie marcate della popolazione mesenchimale, soprattutto in presenza dello sfondo lipidico classico e di una popolazione infiammatoria, comprendere tra le diagnosi differenziali oltre alla neoplasia mesenchimale un processo benigno quale la pannicolite o una grave fibroplasia reattiva e consigliare sempre l’esame istologico.
Dr. Gabriele Ghisleni, DVM dipl. ECVCP – Dr.ssa Marta Attini, DVM
Bibliografia:
- Cowell RL, Tyler RD et al. Diagnostic cytology and hematology of the dog and cat. 3°edizione Mosby Elsevier, St.Louis, Missouri, 2008
- Ghisleni G. Atlante di citologia diagnostica del cane e del gatto. Point Veterinaire Italie, Milano, 2006.
- Ghisleni G. Pannicolite, Summa 2008
- Gross TL et al. Skin Diseases of the Dog and Cat: Clinical and Histopathologic Diagnosis. 2°edizione Blackwell Science Ltd, Oxford, UK, 2005
- Jubb, Kennedy and Palmer’s. Pathology of Domestic Animals. Volume 1. 6°edizione Elsevier Saunders, St.Louis, Missouri, 2016
- Kim HJ et al. Sterile panniculitis in dogs: new diagnostic findings and alternative treatments.VetDermatol 22(4):352-359, 2011
- Raskin RE, Meyer DJ. Canine and feline cytology – A Color Atlas and Interpretation Guide. 2°edizione Elsevier Saunders, St.Louis, Missouri, 2010
- Rossi MA et al. Concurrent Bartonella henselae infection in a dog with panniculitis and owner with ulcerated nodular skin lesions. VetDermatol 26(1):60-63, 2015
Didascalie foto:
Figura 1. Cane MGG, 400X. Pannicolite. Popolazione cellulare mista con prevalenza di macrofagi schiumosi, linfociti, sparse singole cellule fusate reattive. Strutture rotondeggianti otticamente vuote riconducibili ad materiale lipidico (Ghisleni, 2008).
Figura 2. Cane MGG, 600X. Pannicolite. È presente una cellula gigante multinucleata (Ghisleni, 2008).
Figura 3. Gatto MGG, 400X. Pannicolite. Popolazione prevalente di cellule di aspetto mesenchimale interpretabili con fibroblasti e-o macrofagi – istiociti; si osserva una cellula gigante multinucleata. Non rari granulociti neutrofili.
Figura 4. Gatto MGG, 400X. Pannicolite. Popolazione mista di macrofagi schiumosi e granulociti neutrofili non degenerati; sfondo granulare rosato con numerosi spazi otticamente vuoti.
Figura 5. Cane MGG, 400X. Pannicolite da inoculo. Sfondo ematico granulare rosato con vacuoli otticamente vuoti. Popolazione pressochè unica di cellule di aspetto mesenchimale (fibroblasti o cellule istiocitarie – macrofagiche); al centro dell’immagine si osserva fagocitosi di materiale color oro.
Figura 6. Cane MGG, 1000X, stesso caso foto 5. Fagocitosi del materiale inoculato a maggiore ingrandimento.
Lavaggio bronco-alveolare (BAL) nel cane e nel gatto
Il lavaggio bronco – alveolare (BAL) è un campionamento strumentale che consente di raccogliere materiale dalle vie respiratorie profonde ed è indicato in presenza di una patologia polmonare diffusa alveolare e/o interstiziale precedentemente evidenziata tramite esame radiografico e/o tomografico (Andreasen CB, 2003).
Il paziente viene contenuto in anestesia generale, l’esame broncoscopico indica la sede più adatta al prelievo. Questo si effettua mediante un catetere sterile di adeguata lunghezza inserito nel canale operatore del broncoscopio ed introdotto nel lume del bronco oggetto del prelievo. Il materiale cellulare, fisiologico e/o patologico delle vie respiratorie viene raccolto per via indiretta (lavaggio) (Andreasen CB, 2003).
Il lavaggio si effettua mediante l’introduzione nell’albero respiratorio di soluzione fisiologica tiepida in quantità differenti sulla base delle dimensioni del paziente e sul suo immediato recupero (15-30% del liquido inizialmente introdotto). Considerando che il prelievo viene effettuato in anestesia generale, raccogliere contestualmente un campione per la batteriologia, consente nel caso di sospetta flogosi batterica, di effettuare un esame colturale.
I liquidi ottenuti per il lavaggio sono molto acquosi, difficilmente fissabili all’aria e scarsamente cellulari. Pertanto, il liquido prelevato deve essere conservato refrigerato e inviato al laboratorio per la processazione entro brevissimo tempo (1-2 ore) (Nafe LA et al. 2011; Curran M et al. 2020).
Nel caso non sia possibile far pervenire immediatamente il campione in laboratorio, devono essere allestiti dei vetrini del sedimento in questo modo:
- centrifugare ad un numero basso di giri il campione;
- eliminare quasi completamente il surnatante;
- aspirare il pellet sul fondo della provetta con una pipettatrice e depositarne una piccola quantità (2-3 microlitri) su vetrino;
- strisciare il materiale utilizzando la tecnica di strisciamento utilizzata per gli strisci ematici;
- asciugare molto rapidamente.
E’ opportuno inviare in ogni caso in laboratorio parte del campione in provetta K3EDTA unitamente agli strisci preparati. Nel caso in cui debba essere richiesto anche l’esame colturale, una parte del campione deve essere lasciato in siringa o in caso di trasporto prolungato messo in terreno di trasporto idoneo.
In condizioni normali i campioni citologici delle vie aeree profonde prelevati per BAL sono caratterizzati da cellularità moderata/scarsa e costituiti da muco, cellule dell’epitelio respiratorio, cellule infiammatorie (es. macrofagi alveolari). Le cellule dell’epitelio respiratorio sono rappresentate da cellule da colonnari a cuboidali (talvolta ciliate); cellule alveolari cilindriche con nucleo rotondo/ovale e citoplasma debolmente blu; cellule mucipare di forma cilindrica contenenti granuli di mucina citoplasmatici rotondeggianti da rosa a violetto. In alcuni casi i granuli di mucina distendono talmente il citoplasma da conferire alla cellula una forma rotondeggiante (“goblet cells”) (Figura 1).
Il muco presente sul fondo del vetrino può essere granulare di colore blu-violetto o filamentoso, talvolta addensato a formare le “spirali di Curschmann”, di colore violetto e di aspetto simile ad uno scovolino (Figura 2). Le spirali di Curschmann si possono riscontrare in pazienti con eccessiva e cronica produzione di muco e può indicare ostruzione bronchiolare.
I processi infiammatori di maggiore interesse sono di tipo neutrofilico, macrofagico, eosinofilico, linfocitario o misto.
Le flogosi neutrofiliche o purulente sono acute e generalmente ad eziologia batterica. Poiché il mancato riscontro di aspetti degenerativi dei neutrofili e l’assenza di batteri non consentono di escludere una patologia batterica, è fortemente consigliato eseguire anche un esame batteriologico, soprattutto in presenza di flogosi neutrofilica.
Le polmoniti batteriche sono generalmente caratterizzate dalla presenza di granulociti neutrofili con aspetti degenerativi e batteri fagocitati. Una comune infezione polmonare batterica è data da Bordetella bronchiseptica, citologicamente è possibile il riscontro dei coccobacilli pleomorfi aderenti alle cilia delle cellule dell’epitelio respiratorio (Canonne AM et al., 2016).
Nel cane i batteri più comunemente isolati oltre a Bordetella bronchispetica, sono Mycoplasma, Pasteurella, Enterobcteriaceae e batteri anaerobi (Bacteroides/Prevotella, Preptostreptococcus anaerobius, Porphynomonas spp., Propionobacterius spp., Clostridium spp., Fusobacterium) (Johnson LR et al., 2013).
E’ frequente il riscontro in condizioni normali di batteri contaminanti. La distinzione fra un contaminante e un patogeno viene fatta sulla base dell’assenza di sintomatologia e mancanza di un quadro citologico flogistico associato, oltre che in base alla specie di batterio che viene isolato.
Numerosi sono i virus che possono causare infezioni delle vie respiratorie profonde nel cane e nel gatto. Tra questi adenovirus tipo 2 (CAV-2), herpesvirus del cane (CHV), parainfluenza virus del cane (CPiV), influenza virus del cane (CIV), coronavirus respiratorio del cane (CRCoV), pneumovirus del cane (CnPnV) e calicivirus nel gatto.
Il quadro citologico associato a una infezione virale è aspecifico, spesso caratterizzato dalla presenza di granulociti neutrofili non degenerati. Possibile un aumento del numero di linfociti presenti.
L’infezione virale è frequentemente associata a infezioni batteriche secondarie.
Nel cane viene identificato un complesso delle infezioni respiratorie che può includere varie associazioni fra i virus e i batteri sopra elencati (Day MJ et al., 2020).
Per l’esame batteriologico una parte del campione deve essere lasciato in siringa o in caso di trasporto prolungato va utilizzato un tampone che, dopo essere stato bagnato nel liquido di lavaggio, va inserito nel terreno di trasporto idoneo. Una volta effettuato il prelievo, il tampone va mantenuto a temperatura ambiente e deve giungere in laboratorio contestualmente al liquido. Eventuali terapie antibiotiche devono essere sospese almeno 3-5 giorni prima del prelievo.
Se l’anamnesi e il quadro clinico-patologico fanno sospettare una specifica infezione virale è possibile utilizzare la biologia molecolare (PCR). Questa metodica può essere utilizzata anche per l’identificazione di Bordetella bronchispetica (Canonne AM et al., 2016), in presenza di un sospetto clinico-patologico specifico, a fronte di un esame microbiologico colturale negativo. Per la PCR si può inviare parte del liquido in provetta con K3EDTA ed è possibile conservare il campione fino a 7 giorni refrigerato.
Numerose forme micotiche e protozoarie possono svilupparsi nel contesto del parenchima polmonare. Tra le forme micotiche ritroviamo Cryptococcus neoformans, Histoplasma capsulatum, Aspergillus spp, Blastomyces, Coccidioides spp., Pneumocystis carinii e altri funghi opportunisti (Andreasen CB, 2003). Cryptococcus neoformans è più comunemente riscontrabile negli essudati nasali, particolarmente nel gatto, ma è comunque possibile una infezione polmonare che può essere evidenziata nel BAL.
Anche Aspergillus spp è di più comune riscontro a livello nasale che polmonare. Nel pastore tedesco è descritta una aspergillosi sistemica che può essere caratterizzata da un diffuso coinvolgimento polmonare, probabilmente dovuta ad immunodeficienza ereditaria (Andreasen CB, 2003).
Histoplasma capsulatum, Blastomyces, Coccidioides spp. sono funghi che possono dare infezioni polmonari e essere riscontrati nei BAL. Hanno una bassa incidenza in Europa e sono generalmente casi “importati” (Lloret A et al., 2013). Pneumocystis carinii è un fungo patogeno opportunistico, che può essere riscontrato nei BAL sia nella forma cistica (struttura rotondeggiante di 5-10 µm in diametro, contenente da 4 a 8 corpi intracistici) che nella forma simil trofozoitica di 1-2 µm (Weissenbacher-Lang C et al., 2018).
Tra le forme protozoarie ha maggiore rilevanza Toxoplasma gondii, riscontrabile, sia nel gatto che nel cane, in corso di infezioni sistemiche polmonari (Andreasen CB, 2003). Citologicamente i tachizoiti di Toxoplasma gondii sono osservabili come piccoli corpi (5×2µm) di forma da rotondeggiante a mezzaluna, con citoplasma leggermente blu e nucleo paracentrale.
Le flogosi eosinofiliche sono generalmente su base allergica (Figura 3) o parassitaria, ma anche micotica o neoplastica (Johnson LR et al., 2019). Nel cane esiste una specifica condizione patologica, la broncopneumopatia eosinofilica (BPE) su base allergica che colpisce cani giovani o di età media, clinicamente associata a tosse e scolo nasale (Johnson LR et al., 2019). Radiograficamente, è caratterizzata da bonchiectasie e citologicamente da infiltrato prevalentemente eosinofilico.
Infine, segnaliamo che nel cane non è infrequente il riscontro nei preparati citologici di un elevato numero di linfociti (>20% delle cellule totali) in risposta ad una lesione delle vie aeree, indipendentemente dal tipo o dalla durata della patologia in atto (Johnson LR and Vernau W, 2019).
L’emorragia polmonare è citologicamente caratterizzata da reperti di eritrofagocitosi da parte dei macrofagi alveolari. La fagocitosi di eritrociti ancora ben riconoscibili è segno di un episodio emorragico recente; poiché l’eritrofagocitosi può avvenire anche in vitro, per evitare questo “artefatto” è consigliabile processare immediatamente il campione prelevato.
Il riscontro nel citoplasma dei macrofagi di prodotti di degradazione eritrocitaria (emosiderina ed ematoidina) è invece segno di un episodio emorragico non recente. Secondo un recente studio di Hooi et al. (2018), questo reperto si riscontra maggiormente nella specie felina a causa di una ridotta capacità di degradazione dell’emosiderina da parte dei macrofagi alveolari e una maggior suscettibilità all’emorragia. La colorazione “speciale” Blu di Perls permette di differenziare l’emosiderina (che si colora di blu) da altro tipo di pigmento nerastro (es. pigmento antracotico di frequente riscontro) che non si colora di blu.
Nel cane e gatto, le emorragie polmonari possono essere causate da: traumi, filariosi, corpi estranei inalati, torsione di un lobo polmonare, infezioni (batteriche e micotiche), parassiti, insufficienza cardiaca, embolia polmonare, coagulopatie e neoplasie (primarie o metastatiche). Si deve considerare che il riscontro di eritrociti in un BAL non depone necessariamente per una emorragia polmonare, infatti può essere dovuto alla contaminazione ematica causata dal trauma del campionamento. E’ altresì possibile che campioni di BAL ematici, non rapidamente processati, siano caratterizzati da eritrofagocitosi recente post-prelievo.
Angiostrongylus vasorum, Aelurostrongylus abstrusus (Figura 4), Crenosoma vulpis possono causare patologie polmonari nel cane e nel gatto ed essere identificati in campioni ottenuti da noduli polmonari, lavaggi tracheali o broncoalveolari. Sono le larve e le uova a indurre la risposta infiammatoria, non gli adulti. Le larve si presentano nei preparati citologici la maggior parte delle volte avvolte a spirale. Sono accompagnate da una flogosi mista, con una buona componente eosinofilica. Per la distinzione di specie in base a criteri morfologici si rimanda ai testi di parassitologia.
Le neoplasie polmonari possono presentarsi in forma nodulare, singola o multipla, o in forma diffusa. Le lesioni nodulari è preferibile siano campionate citologicamente tramite ago aspirato o ago infissione. Sia le neoplasie nodulari che diffuse, se non coinvolgono o infiltrano l’albero bronchiale, non esfoliano cellule nel BAL e non sono pertanto diagnosticabili con questa tecnica di prelievo.
I tumori primari polmonari più frequenti sono i carcinomi e in particolare gli adenocarcinomi. Sono caratterizzati da cellule epiteliali con marcati caratteri di atipia, se sono presenti strutture simil-acinari o è presente materiale di secrezione sono classificabili come adenocarcinomi. Possibili come neoplasie primarie polmonari il linfoma e il sarcoma istiocitario. Si ricorda la possibilità di metastasi polmonare di numerose neoplasie epiteliali (es. carcinomi mammari) (Pavelski M et al., 2017) e mesenchimali (es. osteosarcoma, angiosarcoma).
Va ricordato che in corso di flogosi è possibile il riscontro di epitelio respiratorio con caratteri di iperplasia e displasiache possono mimare una condizione neoplastica (Figura 5). Le cellule epiteliali iperplastiche si possono presentare in piccoli gruppi fortemente coesivi con aumento del rapporto N:C, nuclei ipercromatici, citoplasma intensamente colorato. Caratteri di displasia sono una lieve/moderata anisocitosi, anisocariosi e “nuclear molding”. La “conservazione” delle cilia in queste cellule epiteliali respiratorie atipiche aiuta nel differenziare una displasia da una neoplasia. Ovviamente il quadro clinico-radiografico aiuta nella diagnosi differenziale.
Va segnalata in cani clinicamente sani la metaplasia peribronchiale (Lambertosis): è una forma di iperplasia dell’epitelio dei bronchioli terminali. Le cellule iperplastiche non presentano caratteri di atipia.
Dr. Gabriele Ghisleni – DVM, ECVCP Dipl.
Didascalie immagini
- Figura 1- Cane, lavaggio bronco-alveolare, May Grünwald-Giemsa, x600. Flogosi mista aspecifica con componete allergica-iperergica. È presente una “goblet cell” (A), cellule epiteliali cilindriche ciliate (B), granulociti neutrofili non degenerati (C), granulociti eosinofili (D) e macrofagi (E).
- Figura 2- Cane, lavaggio bronco-alveolare, May Grünwald-Giemsa, immersione. Spirale di Curschmann. (Ghisleni, 2006).
- Figura 3 – Gatto, lavaggio bronco-aveolare, May Grünwald-Giemsa, x600. Pneumopatia allergico-iperergica (probabile polmonite interstiziale eosinofilica) complicata da flogosi neutrofilica. Campione caratterizzato dalla presenza di una popolazione mista di cellule con prevalenza di eosinofili nonché neutrofili non degenerati e senza evidente fagocitosi batterica. (Ghisleni, 2006)
- Figura 4 – Gatto, lavaggio bronco-aveolare, cytospin, May Grünwald-Giemsa, x100. Polmonite verminosa. Campione con elevata cellularità, con una popolazione infiammatoria mista associata alla presenza di uova e larve, molto probabilmente di Aleurostrongylus abstrusus.
- Figura 5 – Cane, femmina 3 anni, lavaggio bronco-alveolare, cytospin, May Grünwald-Giemsa, x600. Flogosi mista aspecifica con iperplasia/displasia dell’epitelio. Campione con buona cellularità, caratterizzato dalla presenza di una popolazione mista di cellule con prevalenza di neutrofili non degenerati e senza evidentefagocitosi batterica. Eosinofili, macrofagi, linfociti ed epitelio respiratorio che mostra qualche reperto di iperplasia/displasia. (Ghisleni, 2006)
Bibiografia
- Andreasen CB. Bronchoalveolar lavage. Vet Clin Small Anim 33: 69–88, 2003
- Canonne AM , Billen F , Tual C , Ramery E , Roels E , Peters I , Clercx Quantitative PCR and Cytology of Bronchoalveolar Lavage Fluid in Dogs with Bordetella bronchiseptica infection. J Vet Intern Med 30(4):1204-9, 2016.
- Curran M , Boothe DM , Hathcock TL , Lee-Fowler Analysis of the effects of storage temperature and contamination on aerobic bacterial culture results of bronchoalveolar lavage fluid. J Vet Intern Med 34(1):160-165, 2020.
- Day MJ , Carey S , Clercx C , Kohn B , MarsilIo F , Thiry E , Freyburger L, Schulz B , Walker Aetiology of Canine Infectious Respiratory Disease Complex and Prevalence of its Pathogens in Europe. J Comp Pathol 176:86-108, 2020.
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Iperlipasemia in cani ricoverati in Terapia Intensiva con o senza pancreatite acuta

In medicina umana, è riportato che pazienti ricoverati in terapia intensiva possano presentare valori di lipasi elevati (circa il 14-80% di cui solo il 35% con segni di pancreatite acuta). Alcuni pazienti possono sviluppare pancreatite secondariamente a trattamenti farmacologici, sepsi, ischemia, e altri invece, pur avendo iperlipasemia, non presentano segni clinici o di diagnostica per immagini riconducibili a tale patologia.
In veterinaria la diagnosi di pancreatite acuta è complessa ed è in genere presuntiva, poiché quasi mai viene confermata attraverso l’esame istologico. Vengono considerati insieme dati clinici e anamnestici, reperti di diagnostica per immagini ed esami di laboratorio. Tra questi ultimi rivestono particolare importanza la misurazione della Lipasi pancreatica specifica canina (cPL) e la Lipasi misurata con metodo DGGR, che ha dimostrato un ottimo agreement con il cPL (Kook et al., 2014), oltre che a essere una metodica più economica e accessibile a tutti. Tuttavia, nessuno di questi due test ha elevata accuratezza o può essere utilizzato come singolo test per la diagnosi di pancreatite acuta.
Le ipotesi che gli Autori del lavoro vogliono dimostrare sono: verificare se come nell’uomo anche nei pazienti critici canini è frequente l’iperlipasemia (misurata mediante lipasi DGGR) in assenza di pancreatite, secondaria ad altre cause; valutare se c’è una correlazione tra valori elevati di lipasi e l’outcome, inteso come mortalità e durata dell’ospedalizzazione.
Sono stati selezionati retrospettivamente 1360 cani definiti come pazienti critici e che avessero almeno 1 misurazione della lipasi nelle 24 ore precedenti al ricovero. Questi sono stati suddivisi in:
- Cani con iperlipasemia > 324* UI/L misurata entro 24 ore dal ricovero (N= 216): rappresentano circa il 16% dei casi inclusi nello studio, di cui solo un terzo aveva segni clinici e ecografici di pancreatite acuta;
- Cani con lipasemia < 324* UI/L misurata entro 24 ore dal ricovero (N= 1144); di questi 843 (62%) avevano lipasemia normale e 301 (22%) iperlipasemia ma < 324 UI/L.
*Il cut-off di 324 UI/L scelto corrisponde a 3 volte il valore superiore dell’intervallo di riferimento e viene utilizzato come aumento significativo e suggestivo di possibile pancreatite.
Di questi, i pazienti che durante il ricovero hanno avuto più misurazioni seriali della lipasi (n=345) sono stati divisi in altri due gruppi:
- Pazienti con incremento non significativo durante il ricovero (ovvero < a 2 volte il valore al ricovero o < a 3 volte il valore superiore dell’intervallo di normalità) ;
- Pazienti con incremento significativo durante il ricovero (ovvero > a 2 volte il valore al ricovero o > a 3 volte il valore superiore dell’intervallo di normalità).
La diagnosi di pancreatite acuta è stata stabilita in 95 cani (7% di tutti i soggetti inclusi) da specialisti (internisti o intensivisti) valutando tutti i dati a disposizione (anamnesi, clinica, esami di laboratorio, diagnostica per immagini) ed è stata differenziata in primaria se presente al momento del ricovero e come motivo principale dello stesso, oppure secondaria, insorta a causa di un’altra patologia.
Di questi 95, 70 erano nel gruppo con lipasi > 324 UI/L mentre i restanti 25 hanno avuto una diagnosi di pancreatite pur avendo una lipasi < 324 UI/L. Di conseguenza dei 216 cani che presentavano lipasemia > 324 UI/L, 146 pazienti avevano la lipasi marcatamente aumentata in assenza di segni e sintomi di riconducibili a pancreatite.
Il 23% dei soggetti ha evidenziato un aumento significativo dei valori di lipasi durante il ricovero ( > 324 UI/L) ed è stato ricondotto a infiammazione sistemica, insufficienza multiorganica e ipoperfusione, così come avviene nell’uomo.
La probabilità di mortalità (mortality likelihood ratio) si è rivelata maggiore (1.53) nei pazienti con iperlipasemia marcata al ricovero (> 324 UI/L) rispetto a quella nei pazienti con lipasi normale o < 324 UI/L (0.91). Anche la durata del ricovero è risultata maggiore nel primo gruppo.
In questo studio le condizioni più comuni di aumento della lipasi DGGR sia all’ammissione che nel corso dell’ospedalizzazione, in pazienti che non hanno avuto una diagnosi di pancreatite sono state:
- Patologie renali: non vi è una correlazione significativa tra i valori di lipasi e creatinina ma si pensa che l’iperlipasemia possa essere data in parte dalla riduzione della GFR e in parte da una riduzione di meccanismi di riassorbimento tubulare e inattivazione enzimatica che avviene a livello renale; in particolare sono stati osservati marcati aumenti di lipasi in pazienti sottoposti ad emodialisi, ma in questo caso l’ipotesi formulata dagli Autori è che l’emodialisi stessa possa provocare dei danni pancreatici subclinici, come dimostrato nell’uomo;
- Endocrinopatie: la causa più comune è il diabete mellito in cui la pancreatite acuta è spesso considerata una comorbidità: nello studio di Bolton et al. (2016) si è visto che il 73% dei cani con chetoacidosi diabetica avevano valori elevati di lipasemia. Inoltre, questo incremento è riportato in corso di iperadrenocroticismo e ipotiroidismo: come possibile spiegazione troviamo una combinazione tra iperlipidemia, riduzione della sensibilità all’insulina e aumento delle citochine proinfiammatorie;
- Disordini immunomediati: l’iperlipasemia potrebbe essere sia secondaria al trattamento a base di corticosteroidi, sia alla patologia stessa e alla flogosi ad essa associata;
- Ostruzione delle vie prime respiratorie: nello studio è presente un numero elevato di Bouledogue Francesi in cui è riportata una comorbidità tra sindrome brachicefalica e alterazioni dell’apparato gastroenterico prossimale; in questi pazienti non è stato comunque possibile escludere una pancreatite sub- clinica mediante diagnostica per immagini.
- Trattamenti con glucocorticoidi nei giorni precedenti al ricovero o durante il ricovero
La fragilità maggiore di questo lavoro è indubbiamente la mancanza di una diagnosi certa di pancreatite, poiché di fatto è stata fatta una diagnosi presuntiva e non definitiva che andrebbe supportata utilizzando l’istopatologia. Per questa ragione alcuni dei pazienti con iperlipasemia anche marcata potrebbero aver avuto una pancreatite anche in assenza di segni e sintomi specifici. Resta il fatto che molti dei cani con marcato aumento della lipasi avevano come causa sottostante non una pancreatite ma un’altra patologia; questo elevato numero di casi di iperlipasemia non correlata a pancreatite rende questo test poco specifico per la diagnosi di pancreatite.
Preso come singolo parametro, indipendentemente dal fatto che sia causata da pancreatite o da altro, l’iperlipasemia marcata è correlata a un ricovero più prolungato e un tasso di mortalità più elevato; infine gli Autori ipotizzano un ruolo della lipasi come marker di insufficienza multiorgano o ischemia.
Dr.ssa Silvia Rossi, DVM Dipl. ECVCP – Dr.ssa Giulia Mangiagalli, DVM
Bibliografia:
- Prümmer et al. Hyperlipasemia in critically ill dogs with and without acute pancreatitis: Prevalence, underlying diseases, predictors, and outcome. J Vet Intern Med. 2020;1–11.
- Kook et al. Agreement of Serum Spec cPL with the 1,2-o-Dilauryl-Rac-Glycero Glutaric Acid-(6′-methylresorufin) Ester (DGGR) Lipase Assay and with Pancreatic Ultrasonography in Dogs with Suspected Pancreatitis. J Vet Intern Med 2014;28:863–870
- Bolton et al. Pancreatic lipase immunoreactivity in serum of dogs with diabetic ketoacidosis. J Vet Intern Med. 2016;30:958-963.
La neutropenia nel cane e nel gatto
Con neutropenia si intende una riduzione al di sotto dell’intervallo di riferimento del valore assoluto dei granulociti neutrofili circolanti (solitamente al di sotto di 2.900 cellule/uL nel cane e di 2.500 cellule/uL nel gatto (Weiss et al., 2010)) ed è una condizione meno frequente rispetto alla neutrofilia, soprattutto nel cane.
Riduzioni artefattuali del numero dei neutrofili possono verificarsi in seguito a ritarda processazione del campione poiché è possibile si formino aggregati di neutrofili in vitro per effetto dell’EDTA, oppure a causa della presenza di un coagulo in provetta (Zandecki et al., 2007).
CAUSE DI NEUTROPENIA (da Stockham e Scott, 2008, modificato):
Infiammazione
È una condizione che si verifica in seguito a gravi infiammazioni acute. Da un punto di vista fisiopatologico, la neutropenia avviene in poche ore dall’inizio dello stimolo flogistico: i granulociti neutrofili del pool circolante (nel sangue) e del pool marginale (adeso alle pareti dei vasi) vengono richiamati da citochine o altre sostanze chemiotattiche nei tessuti convolti dalla flogosi. A causa dell’acutezza dell’insorgenza dell’infiammazione, una volta esauriti i neutrofili del pool marginale e circolante, si attinge al pool maturativo del midollo osseo; per questa ragione spesso è presente un left shit (rigenerativo o degenerativo in base al numero di neutrofili immaturi provenienti dal pool maturativo): il midollo risponderà alla richiesta aumentando la produzione dei granulociti neutrofili in un paio di giorni, periodo trascorso il quale potranno ricomparire in circolo forme più mature (neutrofili segmentati). Inoltre, alla valutazione dello striscio ematico è frequente osservare moderati - gravi segni di tossicità citoplasmatica.
Le patologie che più comunemente portano a questo tipo di neutropenia sono batteriche e virali (ad esempio la parvovirosi con meccanismi multifattoriali).
Endotossemia
Le endotossine prodotte da batteri Gram negativi hanno la capacità di spostare i granulociti neutrofili dal pool circolante al pool marginale, stimolando l’organismo a produrre mediatori infiammatori (citochine come IL- 1 e TNF) che fan si che i neutrofili aderiscano alle cellule endoteliali; inoltre hanno la capacità di far rilasciare dal midollo osseo i granulociti neutrofili ancora immaturi entro poche ore dallo stimolo, pertanto in caso di endotossemia, la neutropenia è tendenzialmente di breve durata.
Aumentata distruzione periferica
La neutropenia viene causata da una distruzione indiretta (immunomediata) o diretta dei granulociti neutrofili.
La neutropenia immunomediata è una patologia molto rara nel cane e ancora di più nel gatto (Waugh et al., 2014); alla sua diagnosi presuntiva si giunge seguendo i seguenti criteri:
- Severa neutropenia (in genere inferiore a 1.500 cellule/uL (Devine et al, 2017) oppure inferiore a 500 cellule/uL (Weiss et al, 2010)) associata a sintomatologia che non supporta una grave sepsi (solitamente segni clinici di lieve – moderata entità aspecifici come ipertermia, inappetenza, abbattimento oppure soggetti asintomatici che risultano neutropenici come reperto occasionale); left shift o segni di tossicità citoplasmatica possono essere presenti in particolar modo se vi sono infezioni concomitanti (non improbabili e secondarie alla neutropenia);
- Esclusione di tutte le altre cause di neutropenia, comprese cause che possano secondariamente dare una neutropenia immunomediata (neoplasie, somministrazione di farmaci, agenti infettivi come ad esempio infezione da Anaplasma phagocytophilum);
- Rapida risposta ai corticosteroidi, con aumento sostanziale del numero dei granulociti neutrofili, secondo alcuni Autori entro due settimane dall’inizio della terapia (Devine et al, 2017), secondo altri già dopo 2-3 giorni (Weiss at al, 2010).
La citologia midollare solitamente evidenzia una iperplasia mieloide a dimostrazione della distruzione periferica, ma sono riportati anche un numero di casi più ridotto in cui si segnala una ipoplasia – aplasia mieloide con arresto maturativo, suggerendo una distruzione sui precursori (in un gatto con neutropenia immunomediata la citologia midollare indicava una grave ipoplasia mieloide (Waugh et al., 2014)).
Sono state indagate diverse metodiche diagnostiche per la ricerca di anticorpi anti- neutrofili quali citofluorimetria, immunofluorescenza, leucoagglutinazione, RIA, ma nessuna di queste ha dimostrato una reale utilità diagnostica; ad oggi è una diagnosi presuntiva a cui si giunge solamente per esclusione di altre cause e per la risposta alla terapia.
La neutropenia causata da sindrome emofagocitica è una condizione rara secondaria ad un disturbo proliferativo dei macrofagi attivati che agiscono a livello midollare o splenico causando citopenie periferiche (non solo neutropenia); in letteratura tale sindrome non è unanimemente classificata e viene considerata secondaria a patologie immunomediate, infettive, disordini mielodisplasici – neoplastici o primaria di origine idiopatica (Weiss et al, 2007; Wilkinson et al., 2014).
Ridotta produzione midollare
Questo tipo di neutropenia si presenta nel momento in cui sono presenti un danno ai precursori mieloidi, un’alterazione a livello di microambiente midollare oppure un disturbo maturativo. A differenza delle forme infiammatorie, solitamente a livello periferico non sono presenti left shift e tossicità citoplasmatica, a meno che non vi siano infezioni secondarie; a livello citologico midollare si evidenzia un’ipoplasia mieloide, e più spesso la maturazione è ordinata con presenza di tutti gli stadi. Possono essere presenti più citopenie se il danno al midollo interessa tutte e tre le linee.
La riduzione della produzione midollare può essere secondaria a:
- Somministrazione di chemioterapici: Sia nel gatto che nel cane, come nell’uomo, è riportato questo tipo di neutropenia: i chemioterapici citotossici hanno come target le cellule ad elevata replicazione come lo sono le cellule ematopoietiche e la mielosoppressione è solitamente dose dipendente; questo tipo di condizione è riportata più frequentemente sia nel cane che nel gatto in corso di protocollo chemioterapico per linfoma (Pierro et al, 2016; Sorenmo et al., 2010). Inaspettatamente è stato dimostrato che in corso di linfoma nel cane la neutropenia indotta da chemioterapia sia un marker prognostico favorevole (Wang et al, 2015);
- Reazioni idiosincrasiche da farmaco, ovvero non dose dipendenti ma legati a una predisposizione individuale del paziente a produrre dei metaboliti reattivi che causano stress ossidativo e/o evocano una reazione immunitaria umorale o cellulo-mediata. Premesso che qualsiasi farmaco può indurre tale effetto, ricordiamo alcuni di quelli riportati in medicina veterinaria: fenobarbitale, fenilbutazone, trimetoprim/sulfamidici, griseofulvina, cefalosporine, fenbendazolo, cloramfenicolo;
- Estrogeni sia endogeni (in corso di Sertolioma del cane) sia esogeni (in corso di trattamento per iperplasia prostatica, incontinenza urinaria in femmine sterilizzate o come cura per l’infertilità);
- Patologie virali: in corso di FeLV la neutropenia è un riscontro frequente (Weiss at al, 2010), e alcuni case reports dimostrano talvolta una risposta ai corticosteroidi (Stavroulaki et al, 2020)); la neutropenia è segnalata anche in corso di FIV, parvovirosi (cane e gatto, eziologia multifattoriale) e cimurro.
- Patologie da vettore croniche: Ehrlichia e Leishmania spp. (solitamente sono presenti citopenie multiple);
- Mieloftisi: è più comune che si associ ad una pancitopenia ma, per una questione di emivita, può comparire per prima la neutropenia. Con mieloftisi si intende la sostituzione del midollo osseo da parte di un altro tessuto conseguente a infiltrazione di altre cellule in corso di neoplasie primarie del midollo (linfoidi (Museux et al., 2019), mieloidi, mieloma multiplo) o secondarie (ad esempio linfoma V stadio, carcinoma e mastocitoma metastatici). Tra le cause di mieloftisi ricordiamo anche la mielofibrosi (sostituzione di tessuto emopoietico con tessuto connettivo).
- Necrosi midollare.
Ematopoiesi ciclica
È una malattia congenita autosomica recessiva segnalata nei Gray Collie, data da una mutazione del gene AP3B1 che provoca un’ematopoiesi ciclica con interessamento di granulociti neutrofili, eritrociti, piastrine e monociti. La ciclicità nella produzione dei granulociti neutrofili circolanti viene scandita da intervalli di circa 12-14 giorni: in alcuni momenti la conta dei neutrofili è azzerata e persiste per circa 2-4 giorni. La conta dei neutrofili nel sangue torna alla normalità o addirittura aumenta nel periodo successivo alla neutropenia.
Dismielopoiesi e sindrome mielodisplastica
Queste patologie sono caratterizzate da citopenie periferiche associate a un quadro midollare di iperplasia delle linee coinvolte, con presenza di segni di displasia. Sono condizioni abbastanza rare, riportate sia nel cane che nel gatto, e possono essere sia primarie (pre - neoplastiche) che secondarie a qualsiasi patologia che danneggi il midollo impedendo una corretta maturazione delle linee cellulari.
Gli Outliers e gli intervalli di riferimento di razza
Quando riscontriamo una neutropenia di lieve - moderata entità, in assenza di sintomatologia clinica e altre alterazioni clinico-patologiche dobbiamo considerare la possibilità che il paziente sia un outlier, vale a dire un individuo sano che ha un numero di neutrofili inferiore alla popolazione di riferimento (il 5% dei soggetti ha valori che cadono sopra o sotto i valori di popolazione di qualsiasi test, per come vengono costruiti gli intervalli di riferimento). Come possiamo individuare questi outliers? Se l’alterazione persiste nel tempo (se disponibili possiamo cercare esami precedenti), il paziente resta clinicamente sano e con altri esami normali e possiamo escludere patologie subcliniche (esempio FIV e FeLV, alcune malattie da vettore nel cane) è ragionevole pensare che possa essere un outlier. Inoltre, vi sono alcune razze come i Grayhound che presentano fisiologicamente la conta dei neutrofili inferiore rispetto alle altre (Campora et al, 2011).
In sintesi, quale approccio diagnostico possiamo utilizzare in caso di neutropenia?
- Ripetiamo il campionamento sia per escludere un possibile errore pre - analitico sia per verificare se la neutropenia è persistente, ingravescente, se compaiono altre citopenie, o se i leucociti rientrano nell’intervallo di normalità;
- Se la neutropenia è lieve - moderata e si conferma nel tempo in soggetti clinicamente sani e in assenza di qualsiasi altra alterazione clinico-patologica, consideriamo la possibilità che il nostro paziente sia un outlier (sano ma con 1 parametro al di fuori degli intervalli di normalità di popolazione);
- Indaghiamo in anamnesi se vaccinazioni e profilassi sono state eseguite correttamente e se il paziente può aver assunto farmaci;
- Attraverso visita clinica, diagnostica per immagini e altri esami clinico-patologici ricerchiamo la eventuale presenza di focolai settici o flogosi sistemica (o qualsiasi altro sintomo che possa orientarci tra le diagnosi differenziali sopra elencate);
- Valutiamo lo striscio ematico: la presenza di left shift (soprattutto degenerativo) associata a grave tossicità citoplasmatica (basofilia, vacuolizzazioni, corpi di Dohle) orienta più verso un aumentato consumo tissutale (sepsi); non dimentichiamo che tali aspetti potrebbero essere presenti anche nelle forme da aumentata distruzione periferica o ridotta produzione nel caso in cui a seguito della neutropenia si sia instaurato un processo settico. Diciamo quindi che NON osservare left shift e tossicità citoplasmatiche può essere utile per escludere con buona probabilità una neutropenia infiammatoria o da endotossemia. Valutiamo sempre anche le proteine di fase acuta (ad esempio la proteina C reattiva nel cane e l'amiloide sierica nel gatto) e il tracciato elettroforetico alla ricerca di segni di flogosi (aumento della frazione alfa2 per flogosi acuta, delle globuline per flogosi cronica);
- Se in anamnesi è riportata una mancata profilassi per ectoparassiti e se il soggetto vive o è stato in aree endemiche, è necessario escludere le malattie infettive mediante esami sierologici (nel cane Ehrlichia o Leishmania spp. se la clinica suggerisce una sintomatologia cronica, nel gatto FIV e FeLV) oppure mediante biologia molecolare (ed esempio Anaplasma phagocytophilum o Babesia spp. se invece la sintomatologia clinica appare acuta);
- L’esame citopatologico del midollo osseo è consigliato in caso di neutropenia persistente e-o ingravescente (soprattutto se associata a altre citopenie) in assenza di evidenti focolai settici.
Dr.ssa Silvia Rossi, DVM Dipl. ECVCP - Dr.ssa Giulia Mangiagalli, DVM
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