WEBINAR del 22 giugno 2023
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che si terrà il 22 Giugno 2023, dalle ore 13 alle ore 14:
✔ “AMR e animali d’affezione: un’epidemiologia ancora da esplorare”
Relatore: Prof. Vittorio Sala
✔ “Valutazione dell’attività in vitro degli antibiotici: l’antibiogramma
Relatore: Dott. Stefano Perfetto
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Aggiornamento sui fattori prognostici per il linfoma cutaneo epiteliotropo nel cane
Questa pillola di istologia è dedicata ad un approfondimento sul linfoma cutaneo epiteliotropo nel cane (classificato come linfoma a cellule T periferico).
Questa patologia neoplastica colpisce la cute, le giunzioni muco-cutanee e le mucose presentandosi in forma di lesioni di vario tipo: eritematose, ipercheratosiche, crostose, erosivo/ulcerative, con depigmentazione e, come nel caso delle lesioni sul planum nasale, anche con possibile perdita del suo normale aspetto ‘ad acciottolato’.
Nelle forme più avanzate la patologia può evolvere in forma di placche o lesioni nodulari, anche con coinvolgimento linfonodale e viscerale.
Ad ogni modo spesso la risposta alla chemioterapia è scarsa e vi è progressione della patologia, sebbene con grande variabilità nella durata del decorso clinico, con tempi di sopravvivenza che vanno da pochi giorni a 5 anni post-diagnosi, con una maggiore sopravvivenza associata, secondo lo studio di Chan, Frimberg e Moore su Veterinary Dermatology del 2018, a forme ad insorgenza solitaria e con coinvolgimento solo mucosale o a livello di giunzioni muco-cutanee.
I 3 maggiori sottotipi di linfoma cutaneo epiteliotropo nel cane sono, secondo la classificazione REAL/WHO i seguenti:
- la cosiddetta reticolosi pagetoide (con elementi linfoidi neoplastici localizzati solo a livello di epidermide ed annessi),
- la micosi fungoide (con coinvolgimento di epidermide, derma e annessi),
- la sindrome di Sézary (micosi fungoide associata a leucemia)
Oltre a questi tipi sono in realtà descritti anche rari casi di micosi fungoide senza coinvolgimento dell’epidermide, ma solo del derma e della parete dei follicoli piliferi.
Uno studio molto recente di Dettwiler et al. su Veterinary Pathology del 2023 si è riproposto, sulla base dell’analisi retrospettiva di 176 casi, di valutare i parametri clinici ed istopatologici associati con diverse risposte ai protocolli terapeutici e diverso tempo di sopravvivenza.
Concentrandoci, dato che stiamo somministrando una “pillola di istologia” sulle caratteristiche istopatologiche con significato prognostico, possiamo elencare i seguenti risultati scaturiti dal suddetto studio:
- coinvolgimento tissutale profondo: l’infiltrazione estesa del tessuto adiposo del pannicolo è associata con maggiore rischio di morte in tempi rapidi (tale parametro è associabile ad una forma clinicamente più avanzata con riscontro macroscopico di lesioni nodulari o a placca)
- dimensioni delle cellule e dei nuclei: un diametro cellulare medio maggiore a 10,0 micrometri ed un diametro nucleare medio maggiore di 8,3 micrometri sono associati ad una prognosi peggiore (con minore tempo di sopravvivenza)
- attività mitotica: un numero di mitosi maggiore o uguale a 7 per singolo HPF (pari ad un’area di 0.237 mm2) è anche essa associata ad una prognosi peggiore (con minore tempo di sopravvivenza)
- aspetto della cromatina (e del citoplasma delle cellule neoplastiche): un aspetto ammassato, irregolarmente addensato della cromatina ed un aspetto maggiormente basofilico del citoplasma delle cellule sono altri due parametri associati con un maggiore rischio di morte “istantanea”; tuttavia questi due parametri sono da valutare con maggiore cautela degli altri perché una fissazione subottimale dei campioni può alterare l’aspetto della cromatina e la basofilia del citoplasma dipende dai protocolli di colorazione del laboratorio.
Quanto ai parametri clinici analizzati riassumiamo brevemente quelli che, sulla base dello stesso studio, hanno mostrato un significato prognostico sfavorevole:
- il coinvolgimento cutaneo (non solo delle giunzioni muco-cutanee/mucosale)
- la formazione di noduli
- la formazione di lesioni crostose
Al contrario, la remissione clinica completa post-terapeutica e una forma patologica clinicamente stabile appaiono associate a tempi di sopravvivenza maggiori.
Gaia Vichi DVM Dipl.ECVP
Bibliografia:
Chan CM, Frimberger AE, Moore AS. Clinical outcome and prognosis of dogs with histopathological features consistent with epitheliotropic lymphoma: a retrospective study of 148 cases (2003-2015). Vet Dermatol. 2018;29:154–159.
Dettwiler M, Mauldin EA, Jastrebski S, Gillette D, Stefanovski D, Durham AC. Prognostic clinical and histopathological features of canine cutaneous epitheliotropic T-cell lymphoma. Veterinary Pathology. 2023;60(2):162-171.
Vimentina e Ki67 come markers molecolari per il carcinoma gastrico del cane
In questa pillola di istologia andiamo a parlare di un recente studio che ha proposto l’utilizzo di due markers di immunoistochimica (vimentina e Ki67) per un’entità patologica neoplastica specifica: il carcinoma gastrico del cane. Come andremo a vedere nella trattazione, che richiama i punti salienti dello studio stesso, sebbene i dati da esso derivanti necessitino di ulteriori studi (possibilmente prospettici e non solo retrospettivi e con un’ampia casistica) al fine di essere validati, sembrano indicare come promettenti entrambi i markers ai fini prognostici per la neoplasia oggetto di indagine.
Il carcinoma gastrico, pur non essendo tra le neoplasie canine più frequenti rappresenta un’elevata percentuale delle neoplasie maligne di questa specie a livello dello stomaco, superiore al 50% (Amorim I et al. 2016), con frequente riscontro di metastasi (soprattutto a livello linfonodale). Dal momento che fino ad uno stadio avanzato la neoplasia ha un decorso spesso paucisintomatico la diagnosi è spesso tardiva e, in caso di infiltrazione diffusa della parete gastrica o presenza di metastasi o stato gravemente debilitato dell’animale, anche con la resezione chirurgica della neoplasia, le complicazioni sono frequenti.
Mentre per il carcinoma gastrico dell’essere umano sono riconosciuti vari markers molecolari con valore prognostico non si può ad oggi affermare altrettanto per la specie canina, anche se alcuni markers (HER-3, HER-2, EGFR, and KRAS gene) sono stati investigati per il loro potenziale prognostico, la scarsità di dati non ha permesso la definitiva validazione dei risultati.
Anche la classificazione morfologica dei vari istotipi (il papillare, il tubulare, il mucinoso, il ‘signet ring cell’ e l’indifferenziato riconosciuti dalla classificazione WHO per gli animali oltre allo scarsamente coesivo e al misto riportati nella classificazione WHO per l’essere umano, ma osservati anche nel cane) ha scarso valore prognostico. La classificazione secondo Lauren (forma diffusa, forma cosiddetta ‘intestinal-type’ e forma indeterminata nel caso di una commistione delle prime due tipologie), poi adattata anche al cane, sembra avere un migliore valore prognostico. Malgrado ciò resta la necessità di trovare dei markers molecolari con un valore prognostico significativo per la specie canina.
Lo studio recente di cui trattiamo in questa pillola di istologia (Flores AR et al. 2022) ha cercato di indagare il possibile significato prognostico dell’espressione aberrante della vimentina nelle cellule del carcinoma gastrico del cane (solitamente non espressa dalle cellule epiteliali) e della sua espressione nello stroma associato alla neoplasia, nonché dell’indice proliferativo delle cellule epiteliali neoplastiche espresso mediante immunoreattività nucleare al marker Ki67.
L’espressione aberrante della vimentina da parte delle cellule epiteliali neoplastiche è stata riscontrata solo nelle tipologie meno differenziate (classificazione secondo Lauren: forma diffusa ed indeterminata e non nella forma intestinale, meglio differenziata rispetto alle altre) e la sua espressione è risultata più intensa in corrispondenza del fronte invasivo della neoplasia.
In realtà dal punto di vista statistico non sono state osservate differenze significative, nella formazione di emboli neoplastici e metastasi, tra i carcinomi gastrici con o senza espressione aberrante della vimentina da parte dell’epitelio neoplastico. In alcuni casi tale espressione è stata inoltre riscontrata a livello di emboli e metastasi, ma non nella neoplasia primaria.
Considerando un’area pari al 16% del tessuto stromale associato alla neoplasia come cut-off per il livello di espressione della vimentina nello stroma stesso si è visto che anche in questo caso un suo alto livello di espressione era associato con la forma diffusa (scarsamente differenziata). Oltre a ciò, è anche stata notata una maggiore intensità di immunomarcatora nelle cellule stromali che circondavano clusters di cellule neoplastiche con comportamento invasivo (facendo ipotizzare che il comportamento invasivo della neoplasia possa essere promosso dalle cellule stromali con marcata espressione della vimentina che circondano i clusters di cellule neoplastiche infiltranti, sebbene siano necessari altri studi per dimostrare la validità di tale ipotesi).
Quanto all’indice proliferativo (relativo alle cellule epiteliali neoplastiche) espresso mediante Ki97 questo è stato correlabile solo al livello di espressione della vimentina nello stroma associato alla neoplasia (sempre per una possibile interazione tra cellule neoplastiche epiteliali e cellule stromali, o viceversa).
Relativamente all’effettivo significato prognostico di tali parametri sono stati fatti i seguenti riscontri:
-correlazione debole tra l’espressione aberrante della vimentina nelle cellule epiteliali neoplastiche e tempo di sopravvivenza (dei cani oggetto di studio)
-debole correlazione negativa tra l’espressione della vimentina nello stroma associato alla neoplasia e tempo di sopravvivenza
-correlazione negativa moderata tra l’indice proliferativo (delle cellule epiteliali neoplastiche) espresso mediante Ki67 (con cut-off pari al 20%) e tempo di sopravvivenza
Sebbene lo studio appena citato abbia un valore abbastanza limitato (data la sua natura retrospettiva, il numero relativamente limitato di casi indagati e la parziale perdita dei dati clinici e del follow-up di alcuni casi) resta comunque il suo valore per aver proposto due markers molecolari fino ad oggi ancora non indagati per il loro significato prognostico relativo al carcinoma gastrico del cane.
Dati i risultati sembrerebbero promettenti come markers sia l’espressione della vimentina (in particolare relativamente allo stroma associato alla neoplasia) che l’indice proliferativo (delle cellule epiteliali neoplastiche) espresso mediante Ki67.
Dr.ssa Gaia Vichi DVM, Dipl.ECVP
Bibliografia:
- Amorim I, Taulescu MA, Day MJ, Catoi C, Reis CA, Carneiro F, Gärtner F. Canine Gastric Pathology: A Review. J Comp Pathol. 2016 Jan;154(1):9-37
- Flores AR, Rêma A, Mesquita JR, et al. Vimentin and Ki-67 immunolabeling in canine gastric carcinomas and their prognostic value. Veterinary Pathology. 2022;59(6):903-914.
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Nu.Q® Vet Cancer Test
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Si raccomanda, pertanto, di introdurre il Nu.Q® Vet Cancer Test come parte integrante del controllo annuale da effettuare sui cani anziani e come test di screening per i cani giovani appartenenti a razze predisposte come Golden Retriever, Labrador Retriever, Bulldog Francese, Boxer, Beagle, Pastore Tedesco, Bovaro del Bernese, Siberian Huskie, Rottweiler, Alano, Wolfhound Irlandese, Scottish Deerhound, Mastiff e Flat Coated Retriever.
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Nu.Q® Vet Cancer Test è un test epigenetico immunologico che identifica i livelli di nucleosomi circolanti per uno screening precoce delle neoplasie.
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Webinar – Nu.Q Veterinary Cancer Screening


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martedì 29 nov 2022 dalle ore 13,00 alle 14,00
Poster della Dott.ssa Marta Attini
Prevalenza nella specie canina di esame colturale positivo con sedimento urinario inattivo

Le infezioni del tratto urinario sono un reperto comune nella specie canina e l’esame delle urine mediante esame microscopico del sedimento urinario è la metodica più facile, rapida ed economica per diagnosticarle. Il gold standard è l’esame colturale, un test più costoso, che può essere successivamente utilizzato per la selezione dell’antibiotico corretto mediante antibiogramma.
Lo scopo del lavoro di Strachan et al. è quello di valutare nella specie canina la prevalenza di esame colturale positivo in presenza di sedimento urinario inattivo. Inoltre, gli autori si prefiggono anche di valutare se la proteinuria e altri parametri dell’esame delle urine (ad esempio pH e peso specifico) e dati del segnalamento del paziente possano essere associati a una maggior frequenza di valori discrepanti tra esame colturale ed esame microscopico del sedimento urinario.
Sono stati inclusi nello studio retrospettivamente 1049 pazienti che avessero come criteri di inclusione:
- Segnalamento (razza, età, sesso).
- Esame delle urine (chimico – fisico ed analisi microscopica del sedimento) con sedimento inattivo; sono stati esclusi quindi tutti i campioni che presentassero piuria, ematuria e-o batteriuria.
- Esame colturale qualitativo e-o quantitativo.
36 su 1049 pazienti con sedimento inattivo sono risultati positivi all’esame colturale ovvero il 3.4%. Il patogeno più comunemente isolato è stato l’Escherichia coli, e a seguire il Proteus mirabilis, l’Enterococcus ed infine lo Staphilococcus pseudintermedius.
Non sono state identificate differenze statisticamente significative tra sessi ed età; la presenza di esame colturale positivo con concomitante sedimento inattivo non ha dimostrato alcuna relazione significativa con razza, grado di proteinuria, pH e peso specifico.
10 su 36 campioni positivi all’esame colturale hanno evidenziato una conta batterica superiore a 100.000 cfu/mL, mentre i restanti tra 4.000 e 75.000 cfu/uL. Purtroppo per la maggior parte dei campioni inclusi non era stata specificata la metodica di prelievo (n=17/36); la cistocentesi risulta essere il metodica più frequente utilizzata (n=13) e a seguire la minzione spontanea (n=6).
Gli autori segnalano come limiti del proprio lavoro:
- La natura retrospettiva della raccolta dei campioni non consente una standardizzazione nel metodo di prelievo delle urine (ragione per cui frequentemente questo dato era mancante); inoltre le ragioni cliniche per cui è stato eseguito l’esame delle urine, trattamenti farmacologici (antibiotici, cortisone) e comorbidità contestuali al momento del prelievo non erano note.
- I tempi per valutare l’esame colturale possono variare a seconda del tempo di crescita di un patogeno specifico; falsi negativi possono capitare se non rispettate le tempistiche necessarie.
In conclusione, basandosi sui dati raccolti nel presente lavoro, la prevalenza di esame colturale positivo di fronte a un sedimento urinario negativo nella specie canina è bassa; pertanto, prima di richiedere un esame colturale di fronte a un sedimento inattivo, valutare accuratamente la probabilità che il paziente possa comunque presentare un’infezione del tratto urinario, per evitare eventuali costi non necessari.
Dr.ssa Giulia Mangiagalli, DVM – Dr.ssa Silvia Rossi, DVM dipl ECVCP
Bibliografia:
- Strachan NA, Hales EN, Fischer JR. Prevalence of positive urine culture in the presence of inactive urine sediment in 1049 urine samples from dogs. J Vet Intern Med. 2022;36(2):629-633. doi:10.1111/jvim.16378