Campioni endoscopici dell'apparato gastroenterico
Parliamo oggi delle biopsie endoscopiche eseguite ai fini diagnostici in corso di patologie croniche del tratto gastroenterico nel cane e nel gatto.
Il campionamento bioptico per via endoscopica andrebbe solitamente eseguito in seguito ad un iter completo diagnostico volto a fornire dati clinici e di patologia clinica, nonché in seguito a trials terapeutici (es. con cambi di dieta mirati, integrazioni con prebiotici/probiotici etc…) e ad indagini di diagnostica per immagini.
Se alla fine di tale iter diagnostico non si riesce a giungere ad una conclusione diagnostica e si sospetta la presenza di una patologia infiltrativa o di una lesione focale a carico del tratto gastroenterico con interessamento mucosale vi sono i presupposti per un’indagine endoscopica con campionamento bioptico.
Il valore diagnostico dell’esame endoscopico, in questi casi, è dato dalla possibilità di visualizzare direttamente l’aspetto macroscopico dei tratti raggiungibili (esofago-stomaco-duodeno-colon ed in alcuni casi ileo), dalla possibilità di ottenere campioni multipli dallo stesso tratto, aumentando le chances diagnostiche anche per lesioni che possono avere una distribuzione irregolare a livello mucosale.
Ovviamente qualora le indagini di diagnostica per immagini abbiano evidenziato alterazioni stratigrafiche parietali in sede più profonda rispetto alla tonaca mucosa e al piano più superficiale della sottomucosa, oppure in sedi non raggiungibili mediante endoscopia (es. digiuno), è consigliabile il campionamento transmurale per via chirurgica (sebbene più invasivo dell’esame endoscopico).
Il prelievo bioptico per via endoscopica va eseguito in maniera tale da avere un numero sufficiente di campioni da esaminare, di profondità, dimensioni e qualità adeguate dal punto di vista diagnostico. Non ci soffermiamo su questo punto in quanto il clinico si avvarrà della collaborazione di endoscopisti esperti con conoscenze ed abilità tecniche tali da eseguire dei buoni campionamenti.
Dal punto di vista della “vita dei campioni” dal prelievo al conferimento al laboratorio ci sono invece alcuni punti degni di essere sottolineati per la loro importanza ai fini della successiva qualità ed esaustività diagnostica:
1 – I campioni dovrebbero essere estratti dalle pinze bioptiche con estrema delicatezza mediante l’ausilio di un ago ed immersi in un adeguato volume di fissativo e con la corretta concentrazione dello stesso (ad esempio in un volume di formalina tamponata al 10%, 9 volte maggiore al volume dei campioni) prima della loro possibile essiccazione, nel più breve tempo possibile, preferibilmente dopo essere stati deposti su un apposito supporto, come cartine per prelievi bioptici o spugnette da chiudere in biocassette di plastica (vedi figura 1)
2- I campioni, se posizionati su supporti come le cartine per prelievi bioptici, dovrebbero essere orientati in file parallele e minuziosamente allineati tra loro, con la parte più profonda appoggiata al supporto e la superficie verso l’alto (ed evitando un’eccessiva pressione in grado di danneggiare i campioni stessi). Le cartine, infatti, non creano problemi al taglio con microtomo solo se incluse nel blocchetto di paraffina perpendicolarmente rispetto alla superficie di taglio: quindi al taglio stesso tutti i campioni devono risultare perfettamente allineati per “affiorare” insieme sulla stessa sezione e disposti in maniera tale che la loro stratigrafia sia interamente osservabile sullo stesso piano di taglio (vedi figura 1 e figura 2)
3 – I campioni provenienti da tratti diversi dell’apparato gastroenterico non dovrebbero essere “mescolati” tra loro, ma ogni contenitore o biocassetta dovrebbe contenere campioni provenienti dallo stesso tratto e la sede di prelievo dovrebbe essere chiaramente indicata sul contenitore o sulla biocassetta, in quest’ultimo caso utilizzando una matita(per evitare che eventuali inchiostri possano dissolversi durante le successive fasi di processazione dei campioni stessi)
4 – Il materiale inviato al laboratorio dovrebbe essere accompagnato da un’adeguata scheda anamnestica con dati clinici, di patologia clinica, diagnostica per immagini, esito di eventuali trials terapeutici e dettagli endoscopici, se possibile anche assieme allo stesso referto endoscopico.

Figura 1: estrazione delicata con ago dei campioni dalla pinza bioptica e loro corretto posizionamento su apposito supporto (spugnetta o, come riportato nell’immagine cartina per prelievi bioptici). NB: come descritto nel riquadro in alto i campioni vanno appoggiati sul supporto con la loro parte più profonda, mentre la porzione più superficiale, corrispondente alla superficie mucosale, risulta rivolta verso l’alto.

Figura 2: durante l’inclusione in paraffina qualora siano state usate cartine apposite per deporre i campioni bioptici queste vengono orientate perpendicolarmente rispetto a quella che sarà la superficie di taglio al microtomo. Risulta pertanto di estrema importanza che le biopsie siano perfettamente allineate così da poter risultare presenti su un unico piano di taglio e che siano orientate correttamente secondo la stratigrafia tissutale (vedi figura 1).
Dr.ssa Gaia Vichi DVM, Dipl. ECVP
Standardizzazione Diagnostica: La Conta Mitotica
Solitamente in un referto istologico relativo ad una lesione neoplastica sono riportati 7 punti fondamentali:
- descrizione a piccolo ingrandimento o subgross,
- pattern cellulare e descrizione dello stroma,
- caratteri citologici della popolazione neoplastica,
- anisocitosi/anisocariosi ed altre caratteristiche cellulari,
- attività mitotica,
- aspetti correlabili alla malignità come invasione vascolare o capsulare, necrosi ed emorragia,
- altri dettagli come segni di mineralizzazione, ulcerazione, infiammazione
Tra questi uno dei più importanti, che rientra anche negli schemi di grading di molte neoplasie o ad ogni modo è spesso riconosciuto come indicatore prognostico significativo anche per entità neoplastiche per cui non è stato definito un vero e proprio sistema di grading è l’attività mitotica.
Questa viene valutata come conta mitotica, ovvero come numero di mitosi identificate su una determinata superficie di tessuto in esame.
Nell’ultimo decennio il mondo della patologia si è iniziato a porre la questione della standardizzazione diagnostica, che include, dove possibile, l’oggettivazione della valutazione dei vari parametri morfologici, soprattutto nel caso di entità neoplastiche.
Uno dei parametri più facilmente oggettivabili e più importanti da valutare in maniera standardizzata è appunto la conta mitotica.
In passato la conta delle mitosi veniva effettuata su un’area di 10 campi a forte ingrandimento (High Power Fields o HPFs). Purtroppo, quest’area ha dimensioni differenti a seconda del sistema ottico utilizzato dal patologo (e per le scansioni digitali varia a seconda delle caratteristiche del monitor e, ovviamente, dell’ingrandimento utilizzato).
Al fine di standardizzare la conta mitotica, eseguendola su un’area di dimensioni inequivocabilmente stabilite, la comunità scientifica ha scelto il sistema metrico internazionale per la sua misurazione e come valore quello dell’area corrispondente a 10 HPFs esaminati con il tipo di oculari ad ingrandimento 10X più diffuso, ovvero con numero di campo (Field Number o FN) pari a 22. Tale area, osservata a forte ingrandimento con obiettivo ad ingrandimento 40x equivale a 2,37mm2.
Nel caso si utilizzino altri tipi di oculari l’area di 2,37 mm2 corrisponde ad un diverso numero di campi visivi (field of view o FOV). Così il patologo che utilizza oculari con FN18 dovrà eseguire la conta mitotica su 15 campi, quello che usa oculari con FN20 su 12 campi e quello che usa oculari con FN26,5 su 7 campi, ma, aspetto fondamentale della questione, tutti valuteranno le mitosi sulla stessa identica area!
In microscopia digitale i sistemi informatici consentono il calcolo e l’annotazione di un’area di 2,37mm2 in maniera anche più semplice.
Oltre alla superficie su cui effettuare la conta mitotica un altro aspetto standardizzabile è il metodo con cui effettuare la scelta dell’area da valutare su un’intera sezione. In questo caso la comunità scientifica indica di effettuare la conta mitotica laddove sono più elevate la densità cellulare e l’attività mitotica (cosiddetto hot-spot).
Infine, ovviamente, la comunità scientifica ha fornito chiare indicazioni anche sulla distinzione tra figure mitotiche da conteggiare (tra cui anche le mitosi atipiche o multipolari) e le cosiddette false-mitosi o mitotic-like figures (MLF), già ben nota ai patologi, ma importante comunque da riportare nelle linee guida internazionali alla luce dell’obiettivo della standardizzazione diagnostica.
Grazie al continuo progresso dell’attività dei vari gruppi di lavoro per la standardizzazione diagnostica il mondo della patologia sta cercando di uniformare il livello di precisione e la qualità stessa dei referti istopatologici, con un conseguente miglioramento sia del servizio diagnostico stesso, sia della precisione e dell’uniformità delle informazioni scientifiche che si possono ottenere dall’attività diagnostica anche ai fini di ricerca (senza standardizzazione viene meno il fondamento della ripetibilità degli studi scientifici stessi).
È importante, infine, anche che tali informazioni vengano trasmesse ai clinici, in quanto si troveranno a leggere referti ‘in evoluzione’ alla luce delle linee guida internazionali e a dover interpretare informazioni fornite secondo le stesse linee guida. Con questa ‘pillola di istologia’ abbiamo ad esempio cercato di spiegare perché la conta mitotica si sta evolvendo da numero di mitosi su 10 HPFs a numero di mitosi su un’area di 2,37mm2.
Dr.ssa Gaia Vichi - DVM Dipl. ECVP
Bibliografia:
- Mitotic Count and the Field of View Area: Time to Standardize. D. J. Meuten, F. M. Moore, J. W. George. Guest Editorial. Vet Pathol 2016 Vol. 53(1) 7-9
- International Guidelines for Veterinary Tumor Pathology: A Call to Action. D. J. Meuten et al. Vet Pathol 2021 58(5):766-794
- Veterinary Cancer Guidelines and Protocols website: www.vcgp.org
Grading dei sarcomi dei tessuti molli nel gatto
I sistemi di grading istologico delle neoplasie, soprattutto nel campo della patologia veterinaria si evolvono e cambiano nel tempo grazie ad importanti studi scientifici che consentono di identificare, non solo per ogni entità patologica, ma per ogni specie animale coinvolta, i parametri, valutabili sulla base dell’esame istologico, che abbiano correlazione significativa con la prognosi.
In passato ed ancora oggi non sono stati identificati, per alcune neoplasie e per alcune specie animali, sistemi di grading con validità universalmente riconosciuta ed in alcuni casi il relativo sistema di grading è stato estrapolato da quello utilizzato in medicina umana o da quello utilizzato per altre specie animali.
Sarebbe tuttavia auspicabile riuscire ad ottenere, nel tempo, una validazione o un valido adattamento o ancora una nuova formulazione degli schemi di grading differenti, relativamente ad ogni tipologia neoplastica, per le varie specie animali.
Ad esempio, per i sarcomi dei tessuti molli del gatto, alcuni studi condotti in passato hanno utilizzato il sistema di grading validato in precedenza per la specie canina dagli studi di Mc Sporran del 2009, Dennis et. al del 2011 (sistema basato sulla valutazione della conta mitotica, della presenza ed eventuale estensione di fenomeni di necrosi e del grado di differenziazione neoplastica).
Tuttavia, un recentissimo lavoro di Dobromylskyj et al. del 2021 propone uno schema di grading specifico per i sarcomi dei tessuti molli della specie felina che si basa sulla valutazione della conta mitotica, dell’assenza o presenza e della relativa estensione di fenomeni di necrosi e dell’eventuale presenza ed entità della flogosi associata alla neoplasia stessa.
Sebbene anche la valutazione dell’entità della flogosi sia in parte soggettiva (così come nel sistema di grading utilizzato per il cane lo è sicuramente la valutazione del grado di differenziazione neoplastica), potrebbe essere reso, in futuro, un parametro maggiormente oggettivabile, mediante l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale applicati alla cosiddetta ‘patologia digitale’.
Ad ogni modo tale sistema di grading ha mostrato, secondo gli autori, una correlazione significativa tra il grado istologico ed il tempo di sopravvivenza medio (median survival time MST), rispettivamente con MST di 900.5 giorni per i soggetti con neoplasia di basso grado, MST di 514 giorni per quelli con neoplasia di grado intermedio e MST di 283 giorni per i soggetti con neoplasia di alto grado.


Figura 1. Sarcoma dei tessuti molli felino: in questo campo si apprezza la presenza di varie mitosi multipolari-atipiche. Per la conta mitotica si valuta il numero di mitosi su 10 HPF (campi a forte ingrandimento: 400x). Ematossilina-Eosina 400x

Figura 2. Sarcoma dei tessuti molli felino: in questo campo si apprezza la presenza di fenomeni di necrosi. Per attribuire un punteggio alla necrosi si valuta la sua estensione espressa come % di area occupata nel contesto del tessuto neoplastico. Ematossilina-Eosina 100x

Figura 3. Sarcoma dei tessuti molli felino: in questo campo si apprezza la presenza di flogosi associata alla neoplasia, nello specifico in questo campo si osserva un focale ampio infiltrato di linfociti. Ematossilina-Eosina 100x
Questo nuovo sistema di grading ad ogni modo necessita ancora di una validazione con studi prospettici e su larga scala, anche con eventuale valutazione di ulteriori markers prognostici (come lo stato dei margini di escissione) e potrebbe in futuro anche essere implementato con ulteriori dati con un maggiore focus su specifiche entità neoplastiche come il cosiddetto ‘sarcoma da inoculo’ o feline injection-site sarcoma (FISS).
Ad esempio, relativamente al feline injection-site sarcoma (FISS) è riportato, in un altro recente lavoro di Porcellato et al. del 2017, un valore prognostico sfavorevole per le dimensioni della neoplasia valutate in seguito a fissazione in formalina (con valore cut-off di 3,75 cm) e per la conta mitotica (con valore cut-off di 20 mitosi su 10 HPF).
In quest’ultimo studio, inoltre, relativamente al FISS, non è stata rilevata una correlazione tra la presenza/assenza di neoplasia ai margini di escissione ed il rischio di recidiva, associato invece ai due parametri appena citati (dimensioni della neoplasia e conta mitotica).
Dr.ssa Gaia Vichi – DVM DIpl.ECVP
Bibliografia:
- Prognostic factors and proposed grading system for cutaneous and subcutaneous soft tissue sarcomas in cats, based on a retrospective study. Dobromylskyj M. et al. J Feline Med Surg. 2021; 23(2):168-174.
- Feline injection-site sarcoma. Porcellato I. et al. Vet Pathol. 2017; 54(2):204-211.
Lesioni solar-induced
È fatto ormai noto che l’esposizione alle radiazioni ultraviolette della luce solare UVA (lunghezza d’onda 315-400 nm) ed UVB (lunghezza d’onda 280-315 nm), sia in grado di causare gravi alterazioni cellulari nei tessuti irradiati, in particolare a carico dell’epidermide dei distretti cutanei, soprattutto glabri o con scarsa presenza di pelo di rivestimento e non pigmentati. L’assorbimento delle radiazioni UV da parte del DNA determina la formazione di dimeri pirimidinici potenzialmente mutageni. Le radiazioni UV, inoltre, sono anche in grado di generare specie reattive dell’ossigeno (cosiddetti radicali liberi). Queste molecole altamente reattive causano molti tipi di danni al DNA, comprese alterazioni delle basi azotate, rotture dei filamenti dell’elica del DNA e cross-link DNA-Proteine. Tali alterazioni possono portare a mutazioni, attivazione di vari oncogeni ed inattivazione di geni cosiddetti tumor suppressor con conseguente variazione della sopravvivenza e della proliferazione dei cheratinociti. Inoltre, l’iniziazione e la progressione della carcinogenesi da parte dei raggi UV, coinvolge meccanismi complessi come quelli di apoptosi, proliferazione cellulare, autofagia, riparazione del DNA, segnali checkpoint, metabolismo e infiammazione. Tutto ciò si traduce, nei nostri pazienti animali, soprattutto nell’insorgenza di fenomeni di cheratosi attinica, carcinomi squamocellulari ed anche neoplasie vascolari. Alle nostre latitudini si può notare un aumento di incidenza di tali patologie durante la stagione calda, in conseguenza di un maggior tempo di esposizione degli animali alle radiazioni solari.

Figura1: schema riassuntivo degli effetti delle varie tipologie di raggi UV sulla cute.
La cheratosi attinica è classificata come lesione preneoplastica (denominata anche carcinoma ‘in situ’ in quanto i cheratinociti che proliferano nel suo contesto non oltrepassano la membrana basale dell’epidermide e non infiltrano ancora il derma sottostante). Tale lesione si caratterizza per un marcato ed irregolare ispessimento dell’epidermide per la proliferazione di cheratinociti che, oltre a poter manifestare gradi variabili di atipia cellulare, mostrano un caratteristico ‘affollamento dei nuclei’ a livello dello strato basale, un’intensa attività mitotica a carico dello strato basale e talvolta degli strati soprabasali, alterazione della normale polarità cellulare e disorganizzazione degli strati dell’epidermide stessa, in alcuni casi anche con aspetti di cheratinizzazione intraepidermica. Tutte queste alterazioni di natura preneoplastica possono evolvere, nel tempo, ad una forma neoplastica maligna ed infiltrante, per cui i cheratinociti proliferanti oltrepassano la membrana basale ed invadono il derma ed i tessuti limitrofi, con evoluzione a carcinoma squamocellulare (o carcinoma squamoso).
Alla cheratosi attinica si possono accompagnare anche altre alterazioni cutanee quali aspetti di fibrosi e/o elastosi del derma sottostante, formazione di cosiddetti comedoni attinici (dovuti alla fibrosi che tende a strozzare gli ostii infundibolari dei follicoli piliferi determinando l’ectasia degli infundiboli stessi con accumulo di materiale cheratinico al loro interno).
Ovviamente quando un referto istologico riporta queste alterazioni a livello cutaneo il clinico deve fornire al proprietario dell’animale chiare indicazioni su come proteggere il soggetto dall’ulteriore esposizione alla luce solare che potrebbe determinare l’evoluzione del quadro clinico in senso neoplastico e deve pianificare visite di controllo per monitorare il caso nel suo follow-up.
E’ stata inoltre dimostrata una correlazione, nell’uomo e negli animali, tra la sovraespressione (valutata mediante indagini di immunoistochimica) della ciclo-ossigenasi 2 (COX2) e le lesioni della cheratosi attinica (e la loro evoluzione clinica), nonché un miglioramento delle lesioni stesse in seguito al trattamento con inibitori delle COX2, per cui è anche possibile per il clinico ottenere, dal referto di cheratosi attinica, (eventualmente, dietro richiesta del dermatologo, anche corredato dalla valutazione con indagine di immunoistochimica dell’espressione della COX2), questa ulteriore indicazione per la gestione terapeutica del caso stesso.
Come sopra accennato il carcinoma squamocellulare (o carcinoma squamoso) costituisce lo step successivo nell’evoluzione delle alterazioni epidermiche indotte dalla luce solare (anche se come tipologia neoplastica può anche insorgere in varie sedi senza legame con la stimolazione solare, ma con insorgenza spontanea o a partire da lesioni indotte da infezione da Papillomavirus).
Il carcinoma squamocellulare può avere diverse varianti (convenzionale, acantolitico, a cellule fusate o ‘spindle cell’, verrucoso, papillare), ad ogni modo tutte con comportamento maligno, infiltrante e con potenziale metastatico.
Oltre a quanto dimostrato per le neoplasie dell’epidermide è presente anche una correlazione tra la stimolazione da parte delle radiazioni solari e l’insorgenza di neoplasie vascolari: in alcuni soggetti, in conseguenza dell’azione fisica dei raggi UV possono insorgere tumori vascolari anche multipli, sia benigni (emangiomi) che maligni (emangiosarcomi), sia simultaneamente che in sequenza.
Il patologo quindi, in caso vengano riscontrate neoplasie vascolari cutanee, così come in caso venga diagnosticato un carcinoma squamocellulare, valuterà sempre lo stato dell’epidermide e del derma della cute di rivestimento e limitrofa alla lesione (se presente nel campione) ed inserirà nel referto l’eventuale riscontro di lesioni riconducibili a cheratosi attinica, fibrosi/elastosi del derma, presenza di comedoni attinici, tali da far sospettare un’eziologia/patogenesi legate a stimolazione solare, non per semplice ‘complemento’ al referto, ma sempre per suggerire al clinico e di conseguenza ai proprietari dell’animale la necessità, oltre all’approccio oncologico in sé, di un’attenta protezione del soggetto da ulteriore esposizione alla luce solare.
Il clinico troverà quindi indicazioni utili alla gestione del caso, come sempre, non solo nel campo ‘diagnosi’ del referto istologico, ma anche nella descrizione accurata e completa delle lesioni ed eventualmente nel campo ‘commento’.
Dr.ssa Gaia Vichi – DVM, dipl. ECVP
Bibliografia:
- James F. Zachary, Pathologic basis of veterinary disease, Sixth edition, Elsevier
- Donald J. Meuten, Tumors in Domestic Animals, Fifth Edition, Wiley Blackwell
- Albanese F, Abramo F, Caporali C, Vichi G, Millanta F. Clinical outcome and cyclo-oxygenase-2 expression in five dogs with solar dermatitis/actinic keratosis treated with firocoxib. Vet Dermatol. 2013 Dec;24(6):606-12
Come indicare correttamente i margini chirurgici al laboratorio
Un punto chiave nella diagnostica oncologica è la valutazione dei margini di escissione delle lesioni sottoposte ad indagine istologica in seguito alla loro escissione. L’oncologo clinico ha infatti la necessità di sapere se la neoplasia è ancora presente in maniera residuale ai margini di escissione, al fine di valutare i successivi step nella gestione clinica del caso.
In medicina veterinaria non esistono protocolli universalmente riconosciuti per l’invio al laboratorio, il trimming (sezionamento del campione sotto cappa con selezione di sue porzioni per il successivo esame istologico) e per la valutazione dei margini.
Sono ad ogni modo state proposte, già da anni, delle linee guida, ad esempio come quelle pubblicate nel 2010 dal “comitato per l’oncologia” dell’American College of Veterinary Pathologists.
In questo interessante lavoro vengono proposti dei passaggi da seguire ai fini di un’esaustiva e corretta valutazione dei margini dei campioni derivanti dalla chirurgia oncologica.
I primi step fondamentali sono affidati all’equipe clinica che segue il caso ed invia il campione al laboratorio per l’esame istologico: solo con un corretto flusso di informazioni, che parte da una descrizione accurata del campione (eventualmente anche corredata da schemi o fotografie macroscopiche) e dall’orientamento spaziale dei suoi margini, indicati con mezzi opportuni, si può arrivare ad un trimming ottimale che determina poi quali aree del campione saranno sottoposte alla valutazione da parte del patologo.
Biopsia incisionale vs Biopsia escissionale:
Una biopsia incisionale, per definizione, è l’escissione di una parte della lesione e non della lesione in toto, in tal caso si può anche specificare, ovviamente, che non è richiesta una valutazione dei margini di escissione. Al contrario una biopsia escissionale consiste nella lesione escissa in toto, ed in tal caso va indicato in maniera esplicita se è richiesta una valutazione dei margini.
Numero dei campioni e loro identificazione:
Talvolta i campioni escissi da un singolo animale sono multipli, in questo caso è opportuno inviarli in contenitori separati e con esatta identificazione sul contenitore stesso della sede di origine, oppure, nel caso siano inviati in un unico contenitore, è utile identificarli, ad esempio, con fili da sutura di colore o lunghezza diversi (es. campione con un nodo a fili lunghi blu proveniente da coscia sx, campione con due nodi a fili corti verdi proveniente dal dorso etc…)
Indicazione dei margini e del loro orientamento:
Per la valutazione dei margini di escissione di un campione un metodo ideale è quello di utilizzare uno o più inchiostri (pigmenti specifici per la colorazione dei margini istologici o colori acrilici resistenti all’acqua e ai solventi usati durante a processazione del campione). Gli inchiostri, infatti, non solo consentono di orientare correttamente il campione durante il trimming, ma consentono poi al patologo stesso di vedere l’esatto margine esterno di ciascuna sezione sul vetrino. Nel caso si disponga di un solo colore si possono colorare tutti i margini con lo stesso per poi indicare i punti relativi all’orientamento, ad esempio con un numero diverso di fili da sutura.
Esempio con colori diversi: margine profondo giallo, margine craniale verde, margine caudale blu, margine arancione destro, margine rosso sinistro
Esempio con unico colore: margini segnati in blu, un filo da sutura su margine craniale, due fili da sutura su margine destro…va da sé che quelli a loro opposti saranno il caudale ed il sinistro
E’ comunque indispensabile indicare sempre a quali versanti del campione si riferiscono i colori o il diverso numero di fili da sutura, se possibile anche facendo un disegno del campione oppure scattando una foto del campione una volta applicati colori e fili ed indicandone l’orientamento con scritte su cartoncini circostanti o scrivendolo sulla foto stessa (con i programmi di fotoritocco disponibili su pc e cellulari).

Figura 1: esempio di schema per orientamento del campione
Come applicare i colori al campione:
I colori vanno applicati con pennelli o tamponi di cotone sul campione precedentemente lievemente tamponato con una garza o un panno asciutto per ripulirlo dal sangue o da eventuali essudati, si lasciano quindi asciugare giusto per 5-10 minuti (ovviamente evitando un’essiccazione eccessiva che potrebbe causare degli artefatti), durante i quali si possono fare disegni o foto utili per far capire l’orientamento del campione stesso al personale del laboratorio, dopodiché si può mettere il campione nel contenitore con un’opportuna quantità di fissativo.

Figura 2: applicazione dell’inchiostro con tampone di cotone
Le indicazioni di orientamento del campione fornite dai clinici sono indispensabili:
In laboratorio queste informazioni saranno cruciali per eseguire il trimming con le tecniche più opportune: ad esempio il taglio a croce o ‘cross-sectioning’ per le lesioni nodulari di dimensioni piccole o medie, il taglio a sezioni seriali o fette di pane o ‘bread loafing’ per campioni più lunghi, tecnica modificata con sezioni parallele e radiali, tecnica a sezioni tangenziali rispetto al margine stesso ad esempio per i margini di amputazione prossimale di un dito o di una coda o per il margine distale di un condotto uditivo etc…
L’orientamento dei margini così come prelevati durante il trimming (con le indicazioni fornite dal clinico di cui abbiamo parlato nel dettaglio) sarà quindi riportato sulle biocassette e a seguire sui blocchetti e sui vetrini, così che il patologo possa indicare se i margini di escissione sono puliti, oppure se sono raggiunti da elementi neoplastici (e se sì su quale versante del campione) o a quale esatta distanza (e rispetto a quale dei versanti del campione) si sospingano le cellule neoplastiche.

Figura 3: trimming secondo la tecnica del cross-sectioning guidato dallo schema di orientamento della Figura 1.

Figura 4: trimming di una linea mammaria secondo la tecnica del ‘bread loafing’

Figura 5: trimming di una lesione su un dito con sezioni longitudinali e sezioni tangenziali in corrispondenza del margine di amputazione (tessuti molli e tessuto osseo)
Dr.ssa Gaia Vichi – DVM Dipl. ECVP
Bibliografia:
Kamstock DA, Ehrhart EJ, Getzy DM, et al. Recommended Guidelines for Submission, Trimming, Margin Evaluation, and Reporting of Tumor Biopsy Specimens in Veterinary Surgical Pathology. Veterinary Pathology. 2011;48(1):19-31. doi:10.1177/0300985810389316
L'importanza della corretta compilazione del modulo di richiesta dell'esame istopatologico
Una corretta compilazione della scheda relativa ai dati di segnalamento ed anamnestici da parte dei clinici risulta di importanza fondamentale per una corretta interpretazione dei dati morfologici osservati dal patologo durante la valutazione degli istologici.
Questo oltre ad essere un dato di fatto abbastanza intuitivo se si pensa all’importanza del dialogo tra clinico e patologo è un fatto dimostrato anche da studi recenti (Ali et al. 2018) che hanno evidenziato come la disponibilità di dati anamnestici precisi e al contempo concisi riduce il cosiddetto turnaround time (TAT), ovvero le tempistiche di refertazione.
Andiamo a vedere nel dettaglio che cosa si intende per dati di segnalamento ed anamnestici precisi e concisi:
- Specie animale, sesso, età (ed eventuale stato di sterilizzazione), razza, mantello
- Anamnesi recente: sede, distribuzione e tipologia esatta delle lesioni, dimensioni delle stesse, tempo di insorgenza ed evoluzione, eventuali patologie concomitanti
- Numero e descrizione esatta dei campioni in relazione alle lesioni stesse e tipologia del campione (es. biopsie escissionali se includono le lesioni in toto, incisionali se sono rappresentative solo di loro porzioni, eseguite con losanga escissa a lama fredda, o con elettrobisturi etc…, eseguite con punch da tot mm, eseguite con ago da biopsia, endoscopiche etc…)
- Indicazione esatta dei margini di escissione qualora si sospetti forma neoplastica e si vogliano valutare i margini di escissione chirurgica
- Anamnesi farmacologica: terapie eseguite
- Anamnesi relativa a esami aggiuntivi: ulteriori indagini già eseguite sul caso
- Anamnesi remota: patologie pregresse
Ovviamente va da sé che la massima precisione è richiesta nell’indicare la tipologia di lesioni (facendo riferimento all’opportuna terminologia di descrizione macroscopica: evitando ad esempio di indicare come ‘cisti’ delle lesioni nodulari che all’ago-infissione o alla palpazione non paiono avere contenuto liquido o fluido, nel dubbio indicandole come ‘lesione sferica’ oppure ‘rotondeggiante’ o ‘cupoliforme’ del diametro di tot cm oppure mm).
Altrettanta precisione è richiesta nell’indicare il numero e la provenienza esatta dei campioni inviati, identificandoli con opportune lettere da riportare poi ad esempio nei contenitori in cui vengono inviati assieme al nome di riferimento del proprietario o dell’animale.
Non da ultimo una particolare attenzione va dedicata all’indicazione dei margini e al loro orientamento spaziale: ad esempio usando colori acrilici si può colorare con un primo colore il margine profondo e con colori diversi i vari margini (craniale/ caudale, laterale/mediale, sinistro/destro, dorsale o prossimale/ ventrale o distale). NB: in caso per maggiore ausilio allo staff tecnico e ai patologi nell’orientamento dei preparati e poi nella loro interpretazione si può scattare una foto dei campioni una volta colorati ed orientati prima di immergerli nel fissativo ed inviarla al laboratorio via e-mail o farne un disegno esplicativo ed allegarlo alla richiesta.
Per fare un esempio di tutto ciò alleghiamo due schede adeguatamente compilate (a titolo esemplificativo, per cui con nomi fittizi e senza indicazioni relative al Medico Veterinario richiedente).


Bibliografia:
- Ali SMH, Kathia UM, Gondal MUM, Zil-E-Ali A, Khan H, Riaz S. Impact of Clinical Information on the Turnaround Time in Surgical Histopathology: A Retrospective Study. Cureus. 2018 May 8;10(5):e2596. doi: 10.7759/cureus.2596.
Dr.ssa Gaia Vichi DVM, Dipl. ECVP
Neoplasie melanocitarie del gatto in sede extra-oculare
Parliamo oggi delle neoplasie melanocitarie del gatto in sede extra-oculare.
Le neoplasie melanocitarie del gatto in sede extra-oculare non sono frequenti e presentano un ampio range di comportamento biologico. Ad oggi non esistono criteri prognostici universalmente riconosciuti sulla base dei riscontri istopatologici.
Un recente ed interessante lavoro pubblicato su Veterinary Pathology nel 2019 da Pittaway et al. ha proposto, con uno studio condotto su 324 casi, un nuovo schema di grading per questo tipo di neoplasie (tale sistema di grading ha una sensibilità pari all’ 80% ed una specificità del 92% nel predire la morte dovuta alla patologia neoplastica in questione, con una sopravvivenza media di 90 giorni per gli animali con neoplasia classificata come di alto grado).
Secondo tale studio le variabili prognostiche indipendenti (all’analisi multivariata) sono:
- la sede di insorgenza
- l’indice mitotico
- la presenza di necrosi nel contesto del tessuto neoplastico
Se la localizzazione è a carico di labbra, mucosa orale, mucosa nasale, planum nasale è sufficiente il riscontro di una conta mitotica ≥4 mitosi su 10 HPF (HPF: campi microscopici con ingrandimento 40x) o di fenomeni di necrosi nel tessuto neoplastico per definire la neoplasia di alto grado.
Se la localizzazione extra-oculare interessa sedi differenti da quelle appena elencate occorre il riscontro di entrambi questi indicatori per definire la neoplasia di alto grado (sia un mitotico ≥4 mitosi su 10 HPF, sia la presenza di necrosi intralesionale).

Relativamente ai parametri valutabili con indagine immunoistochimica gli autori segnalano la positività degli elementi neoplastici per PNL-2 e Melan-A, che si confermano come markers validi per il riconoscimento delle neoplasie melanocitarie, soprattutto nel caso si tratti di forme amelanotiche con caratteristiche tali da porre dei dubbi diagnostici con altre entità neoplastiche in diagnosi differenziale (ad ogni modo tali markers non risultano utili ai fini della valutazione prognostica).
Viene riportata inoltre la positività, in molti casi per COX-2. Tale dato risulta interessante suggerendo una possibile utilità terapeutica dei farmaci inibitori delle COX-2.
Dr.ssa Gaia Vichi, DVM dipl. ECVP
Bibliografia:
Pittaway R, Dobromylskyj MJ, Erles K, Pittaway CE, Suárez-Bonnet A, Chang YM, Priestnall SL. Nonocular Melanocytic Neoplasia in Cats: Characterization and Proposal of a Histologic Classification Scheme to More Accurately Predict Clinical Outcome. Vet Pathol. 2019 Nov;56(6):868-877.
Artefatti in Istologia: Se li conosci li eviti!
Parliamo oggi di un aspetto della diagnostica istologica che riguarda sia il patologo che il clinico: ovvero l’origine degli artefatti.
Iniziamo col dire che in istologia e citologia l’artefatto rappresenta un aspetto morfologico non normalmente presente in cellule e tessuti viventi (e non dovuto a reali alterazioni patologiche).
Gli artefatti possono ostacolare il processo diagnostico in quanto possono essere in alcuni casi confusi con alterazioni patologiche ed in altri casi possono impedire la valutazione dei dettagli morfologici del campione in esame.
In istologia gli artefatti possono nascere in momenti diversi della vita del campione.
Le fasi sulle quali può intervenire il clinico per evitare artefatti sono essenzialmente due:
- pre-fissazione: ovvero fase di prelievo e manipolazione del campione
- fissazione: relativa al periodo di tempo che il campione trascorre nel fissativo dal prelievo all’arrivo in laboratorio per la processazione
Gli artefatti da pre-fissazione possono essere dovuti a svariati fattori, andiamoli a conoscere uno ad uno.
A. Modalità di prelievo:
- Prelievo con elettrobisturi o laser: è in grado di causare disidratazione e condensazione dei tessuti e coagulazione delle proteine.
Risultato: marcata acidofilia e perdita dei dettagli cellulari citoplasmatici e nucleari.
NB: Sconsigliabile soprattutto se volete richiedere una valutazione dei margini di escissione di una sospetta neoplasia o se il campione da prelevare è di dimensioni molto ridotte (<5mm di asse maggiore) e rischia di essere coagulato per intero dall’azione fisica dell’elettrobisturi o del laser

Figura 1: Margine coagulato di un campione bioptico ottenuto con elettrobisturi. Ematossilina-Eosina 4x
- Prelievo con punch o tru-cut o schiacciamento da pinza: è in grado di causare per azione meccanica una compressione dei tessuti.
Risultato: soprattutto ai margini delle sezioni gli elementi cellulari possono avere aspetto distorto, stirato o appiattito ed un’aumentata basofilia, alcune lesioni elementari possono essere perse (ad esempio rottura di pustole o lesioni bollose da campioni dermatologici).
NB: Sconsigliabile soprattutto se il campione è da lesioni cutanee con lesioni che possono andare soggette a rottura o da tessuti molto delicati come ad esempio da tessuti linfoidi.

Figura 2: Cellule ad aspetto distorto e stirato in conseguenza dello schiacciamento da pinza bioptica. Ematossilina-Eosina 40X
B. Intervallo temporale eccessivo tra prelievo-fissazione: consente l’essiccazione del campione, specie se di piccole dimensioni.
Risultato: indurimento del tessuto con successive difficoltà al taglio delle sezioni, “fusione dei nuclei” con loro perdita di dettaglio, alterazioni di autolisi di entità variabile a seconda dell’intervallo temporale trascorso prima della fissazione
NB: sconsigliabile soprattutto se il campione è di piccole dimensioni e pertanto soggetto a rapida disidratazione o se l’intervallo è veramente eccessivo (ore) permettendo fenomeni di autolisi in campioni anche di dimensioni maggiori. In pratica è sempre sconsigliabile lasciar passare troppo tempo prima di immergere il campione nel fissativo.

Figura 3: Campione di piccole dimensioni essiccato per ritardata immersione nel fissativo. Ematossilina-Eosina 4X.
C. Schiacciamento in cassettina da biopsie: può essere dovuto ad un eccessivo schiacciamento tra le due spugne spesso usate per l’invio in cassetta dei campioni di piccole dimensioni oppure all’intrappolamento del tessuto ai bordi della cassetta quando questa viene chiusa.
Risultato: il tessuto viene “stampato” con la sagoma dei rilievi delle spugnette o schiacciato dai bordi della cassetta.
NB: Sconsigliabile soprattutto se i campioni sono di piccole dimensioni e quindi è importante che tutta l’estensione ne sia valutabile.

Figura 4: Impronte dei rilievi delle spugnette per eccessiva pressione all’interno della cassetta da biopsia. Ematossilina-Eosina 10x
D. Presenza di materiale estraneo: fili da sutura, materiale ingerito nel tratto gastroenterico, peli…
Risultato: il materiale estraneo può ostacolare il taglio delle sezioni (es. fili da sutura o ingesta nel tratto gastroenterico) o può causare dubbi interpretativi (raramente).
NB: A volte questo tipo di artefatti non è evitabile! In alcuni casi il materiale estraneo è veramente presente nel contesto del tessuto in esame e non è una mera contaminazione
Gli artefatti da fissazione possono anche essi essere dovuti a varie cause. Andiamo a conoscerle nel dettaglio.
- Inadeguato rapporto volumetrico tessuto:fissativo (formalina): normalmente il rapporto ideale è 1:9 (questo vuol dire che per un campione con un volume di 1 cm3 una fissazione ideale richiederebbe 9 ml circa di formalina)
- Mancata incisione della superficie d’organo quando il tessuto capsulare è particolarmente spesso: ad esempio per l’albuginea testicolare
- Inadeguato tempo di fissazione: minimo 24 ore, evitare anche tempi eccessivi (settimane o mesi)
- Utilizzo di un fissativo non idoneo: ad esempio etanolo (usare solo in caso di emergenza quando la formalina o un fissativo da istologia formalin-free non è disponibile) o formalina non tamponata o con concentrazione non ideale di formaldeide (la formaldeide va usata sotto forma di soluzione acquosa, tamponata, con concentrazione del 4%, ovvero 10% di formalina al 40% di aldeide)
Risultati:
- Fissazione zonale (effetto roastbeef) ed autolisi
- Formazione di pigmento formolico (si forma quando la formalina a pH acido reagisce con l’emoglobina). Col tempo la formalina si decompone naturalmente formando acido formico che causa tale problema, a cui si può ovviare usando formalina tamponata ed evitando tempi di fissazione eccessivi (non accade a meno che non passino settimane/mesi prima del conferimento del campione al laboratorio)
- In caso di utilizzo di etanolo possono verificarsi difetti al taglio delle sezioni per eccessiva fragilità del tessuto (aspetto “a veneziana”) ed alterazioni di colorazione (possono colorarsi male i tessuti epiteliali ed il connettivo, con aspetto amorfo dei fasci collagenici)

Figura 5: Campione andato incontro ad autolisi per immersione in un quantitativo troppo scarso di fissativo. Ematossilina-Eosina 10X.
Dr.ssa Gaia Vichi DVM, Dipl. ECVP
Bibliografia:
Rolls OG, Farmer JN, Hall BJ. Artifacts in Histological and Cytological Preparation. Scientia Leica Microsystems Education Series. April 2008
I mastocitomi cutanei del gatto
I mastocitomi cutanei del gatto vengono classificati secondo il loro aspetto istologico in forme mastocitiche e meno frequentemente in forme atipiche. I mastocitomi mastocitici sono inoltre suddivisi in ben differenziati e pleomorfi.
Mastocitoma mastocitico ben differenziato: masse dermiche (talvolta con invasione del sottocute) non capsulate, ma ben delimitate, composte da cellule simili ai mastociti normali, senza aspetti di pleomorfismo e con mitosi rare. Possono esservi aggregati multifocali di linfociti e scarsi eosinofili d’infiltrazione.
Mastocitoma mastocitico pleomorfo: carattere maggiormente infiltrante rispetto al mastocitoma mastocitico ben differenziato, composto da cellule voluminose con nuclei eccentrici, nucleoli prominenti e con possibile presenza di cellule giganti con nucleo multilobulato o nuclei multipli. Le mitosi possono essere presenti in quantità più elevata rispetto a quanto osservabile nelle forme ben differenziate. Spesso sono presenti anche numerosi granulociti eosinofili d’infiltrazione.
Mastocitoma atipico (detto anche scarsamente granulato o istiocitico): composto da cellule grandi e di forma variabile da poligonale a fusata, con abbondante citoplasma, senza granulazioni evidenti alla colorazione con ematossilina/eosina (ma evidenziabili con le colorazioni speciali Giemsa o blu di Toluidina), nuclei grandi e ad aspetto vescicoloso, talvolta indentato. Le mitosi sono rare. Possono esservi numerosi aggregati di linfociti e numerosi granulociti eosinofili d’infiltrazione.

Figura 1: Cute di gatto. Mastocitoma mastocitico ben differenziato. Le cellule neoplastiche hanno aspetto simile ai mastociti normali, con citoplasma ricco di finissime granulazioni basofile. Non sono presenti aspetti di pleomorfismo di entità rilevante. Ematossilina/Eosina 600X.
A differenza dei mastocitomi cutanei canini, quelli felini non hanno un sistema di grading universalmente riconosciuto. La classificazione in sottotipi appena elencati, il pattern di crescita più o meno infiltrante, i parametri valutati nel sistema di grading applicato alla specie canina, l’eventuale disregolazione del recettore C-Kit non hanno fornito dati univoci per la determinazione di indicatori prognostici validi.
Uno studio passato (Sabbatini S, Bettini G. 2010) riportava come indicatori prognostici la presenza di lesioni multifocali piuttosto che singole, il fenotipo pleomorfo, l’indice mitotico ed il Ki67 (questi due tra loro correlabili) e lo score di immunoreattività al C-Kit (prodotto del punteggio relativo alla % di cellule positive x quello relativo all’intensità dell’immunoreattività).
In uno studio più recente gli stessi autori (Sabbatini S, Bettini G. 2019) hanno proposto un sistema di grading 2 tier (Low Grade vs High Grade) nel quale ancora l’indice mitotico viene ritenuto importante, assieme ad altri parametri secondo il seguente schema:

Riassumendo una neoplasia viene considerata High Grade se ha un indice mitotico maggiore di 5 mitosi su 10 HPF (campi microscopici ad ingrandimento 400x) e se ha almeno due caratteristiche tra:
- diametro della massa maggiore di 1,5cm
- forma irregolare dei nuclei
- nucleoli prominenti/clusters cromatinici
- oppure se, indipendentemente dalla presenza di tutti questi caratteri di malignità, presenta fenomeni di invasione vascolare.
Il 24% delle neoplasie valutate come High Grade nello studio in cui viene proposto tale schema classificativo ha mostrato una significativa riduzione del tempo di sopravvivenza (median value 349 days; 95% CI, 0-739 days) rispetto alle neoplasie Low Grade (median not reached, P< .001).
Si può dunque concludere che, sebbene solitamente i mastocitomi cutanei felini abbiano un comportamento biologico benigno, è necessario riservare particolare attenzione nella valutazione oncologica clinica alle forme non ben differenziate e con un indice mitotico significativo (>5 mitosi su 10 HPF) o con fenomeni di invasione vascolare apprezzabili istologicamente.
Dr.ssa Gaia Vichi, DVM Dipl. ECVP
Bibliografia:
- Sabattini S, Bettini G. Prognostic Value of Histologic and Immunohistochemical Features in Feline Cutaneous Mast Cell Tumors. Veterinary Pathology. 2010;47(4):643-653.
- Sabattini S, Bettini G. Grading Cutaneous Mast Cell Tumors in Cats. Veterinary Pathology. 2019;56(1):43-49.
Il Mastocitoma Canino: cosa valuta il patologo?
Il mastocitoma canino è un’entità patologica complessa, da tempo oggetto di molteplici studi inerenti la sua classificazione, i sistemi di grading e la valutazione di indici prognostici valutabili non solo mediante l’indagine istologica di routine, ma anche con l’ausilio di indagini aggiuntive quali colorazioni immunoistochimiche e PCR per le mutazioni del c-KIT.
Il mastocitoma viene classificato sulla base della sua localizzazione in mastocitoma cutaneo e mastocitoma sottocutaneo (oltre ovviamente alle forme con coinvolgimento viscerale).
Le due entità di mastocitoma cutaneo e mastocitoma sottocutaneo canino prevedono la valutazione di parametri differenti e con differenti valori di cut-off, ai fini della prognosi.
Per il mastocitoma cutaneo sono stati messi a punto nel corso degli anni diversi sistemi di grading. Quello riconosciuto fino a pochi anni fa è il cosiddetto grading “secondo Patnaik”.
Tale sistema di grading suddivide i mastocitomi cutanei in mastocitoma in grado I, II, e III.
- Mastocitomi di Grado I: l’infiltrato neoplastico rimane confinato nello spessore del derma a livello degli spazi inter-follicolari ed è costituito da mastociti ben differenziati disposti in cordoni o piccoli foglietti separati da fibre di collagene del derma stesso. Non si osservano aspetti di anisocitosi ed anisocariosi di entità significativa né mitosi.
- Mastocitomi di Grado II: l’infiltrato cellulare neoplastico mostra una densità da moderata ad elevata e si sospinge anche nello spessore del derma profondo e talvolta in parte anche nel sottocute ed occasionalmente coinvolge il tessuto muscolare o altri tessuti limitrofi. Gli elementi cellulari neoplastici hanno un aspetto moderatamente pleomorfo, con moderati caratteri di anisocitosi ed anisocariosi, possibile presenza di sporadiche cellule binucleate, aspetti di edema e necrosi. Le mitosi sono presenti in numero variabile da 0 a 2 per HPF (HPF: campo ad ingrandimento 40x).
- Mastocitomi di Grado III: infiltrato neoplastico risulta ad elevata densità cellulare con aspetti di marcato pleomorfismo delle stesse cellule neoplastiche e si sospinge abbondantemente nel sottocute e nei tessuti limitrofi. Le granulazioni citoplasmatiche dei mastociti neoplastici possono risultare assai scarsamente evidenti. Gli elementi cellulari binucleati sono frequenti e possono essere presenti anche cellule giganti e multinucleate. Possono essere presenti anche aspetti di necrosi, edema ed emorragia. Le mitosi sono presenti in numero ≥3 per HPF.
Più recentemente è stato introdotto un nuovo sistema di grading 2 tier “secondo Kiupel”, che riduce il livello di soggettività nell’interpretazione degli indicatori prognostici da parte dei patologi e, secondo anche studi successivi, ha un valore prognostico maggiore rispetto al sistema di grading secondo Patnaik.
Tale sistema di grading suddivide i mastocitomi cutanei canini semplicemente in Low-Grade ed High-Grade:
- Mastocitomi cutanei low-grade: indice mitotico <7 mitosi su 10 HPF, <3 cellule multinucleate su 10 HPF, <3 nuclei atipici su 10 HPF, assenza di cariomegalia (i nuclei con diametro grande almeno il doppio di quello della media della popolazione neoplastica sono <10%)
- Mastocitomi cutanei high-grade: indice mitotico ≥7 mitosi su 10 HPF, ≥3 cellule multinucleate su 10 HPF, ≥3 nuclei atipici su 10 HPF, presenza di cariomegalia (i nuclei con diametro grande almeno il doppio di quello della media della popolazione neoplastica sono ≥10%). NB: è sufficiente una di queste caratteristiche per classificare la neoplasia come high-grade.
Entrambi questi sistemi di grading non si applicano, ad ogni modo, ai mastocitomi sottocutanei, per i quali si fa invece riferimento ad un ulteriore studio, condotto da Thompson et al. che individua piuttosto i parametri istologici interpretabili come indicatori prognostici sfavorevoli.
- Indicatori prognostici sfavorevoli per i mastocitomi sottocutanei canini
- Indice mitotico >4 mitosi su 10 HPF, pattern di accrescimento di tipo infiltrante e presenza di multinucleazione (numero di cellule con più di 1 nucleo ≥1 su 10 HPF).
Il patologo valutando quindi questi parametri alla colorazione di routine con Ematossilina-Eosina formula il grading per il mastocitoma in esame (oltre ovviamente a segnalare l’eventuale coinvolgimento dei margini, le dimensioni e l’estensione della neoplasia stessa, l’eventuale coinvolgimento linfonodale anche esso con la sua classificazione, ed altri parametri valutabili sul campione in esame ed utili alla valutazione oncologica del caso stesso) e consiglia indagini aggiuntive che possano fornire ulteriori indicazioni per la prognosi e la terapia del caso in esame.
Le indagini di immunoistochimica che vengono consigliate sono quelle con i markers c-KIT e Ki67.
Il c-KIT (CD117) è un recettore tirosin-chinasico che gioca un importante ruolo nelle neoplasie mastocitarie canine. L’espressione immunoistochimica di questo marker è in condizioni normale di tipo membranario. La sua espressione aberrante (citoplasmatica diffusa o a spot perinucleari) è correlata con una prognosi sfavorevole (minor tempo di sopravvivenza, aumento recidive).
Il Ki67 è invece una proteina presente a livello nucleare associata con la proliferazione cellulare, costituendo pertanto un marker di proliferazione per il tessuto neoplastico.
Viene inoltre consigliata anche la valutazione, mediante indagine PCR, dello stato mutazionale del gene che codifica per il c-KIT, in quanto eventuali mutazioni di questo gene hanno un valore sia prognostico che di indicazione ai fini terapeutici per l’eventuale utilizzo di farmaci inibitori tirosin-chinasici.
Scatta a questo punto la sinergia tra patologo ed oncologo clinico che valuterà, sulla base del referto istopatologico, come procedere con gli approfondimenti diagnostici consigliati dal patologo stesso ed il piano terapeutico per la patologia neoplastica in questione.

Figura 1: Mastocitoma cutaneo canino low-grade. Gli elementi cellulari neoplastici hanno aspetto tra loro uniforme, non si osservano aspetti di dismetria nucleare di entità significativa, non sono presenti nuclei a profilo bizzarro e non si osservano cellule multinucleate, le mitosi sono rare (assenti in questo campo microscopico). Colorazione Ematossilina-Eosina 60X.

Figura 2: Mastocitoma cutaneo canino high-grade. Gli elementi cellulari neoplastici mostrano aspetti di anisocitosi ed anisocariosi, i nuclei sono tra loro dismetrici (alcuni con diametro doppio di altri), talvolta con profilo bizzarro; sono anche presenti cellule multinucleate (segnate con testa di freccia) e numerose mitosi (3 in questo campo microscopico, segnate con freccia, di cui 2 multipolari). Colorazione Ematossilina-Eosina 40X.
Dr.ssa Gaia Vichi – DVM, Dipl. ECVP
Bibliografia:
- Patnaik, AK, Ehler, WJ, Macewen, EG. Canine cutaneous mast cell tumor: morphologic grading and survival time in 83 dogs. Vet Pathol. 1984;21(5):268–274.
- Kiupel, M, Webster, JD, Bailey, KL. Proposal of 2-tier histologic gradind system for canine cutaneous mast cell tumors to more accurately predict biological behavior. Vet Pathol. 2011;48(1):147–55.
- Thompson JJ, Pearl DL, Yager JA, Best SJ, Coomber BL, Foster RA. Canine subcutaneous mast cell tumor: characterization and prognostic indices. Vet Pathol. 2011 Jan;48(1):156-68.