DIAGNOSI DI CLONALITA' LINFOIDE

Le malattie linfoproliferative costituiscono spesso un problema diagnostico, soprattutto nelle fasi iniziali del loro decorso, in quanto è difficile differenziare una proliferazione linfoide reattiva (policlonale) da una neoplastica (monoclonale).
La valutazione e la dimostrazione della clonalità mediante analisi molecolare dei geni codificanti i recettori antigene-specifici risulta essere uno dei modi più accurati per prevedere la neoplasia linfoide.
La tecnica utilizzata a questo scopo è la PCR che permette di amplificare specifici segmenti genici a livello dei quali si possono o meno riscontrare riarrangiamenti clonali: per i linfociti T vengono presi in considerazione i segmenti V D e J del T cell receptor (TCR) mentre per i linfociti B i segmenti del gene dell’immunoglobulina (Ig).
La PCR condotta sul DNA di animali con neoplasia determina la generazione di una o due evidenti bande clonali mentre il risultato di una PCR condotta effettuata sul DNA di animali normali o con linfocitosi infiammatorie determina la comparsa, su gel d’agarosio, di più bande dovute alla normale policlonalità linfocitaria.
La sola clonalità tuttavia non implica necessariamente malignità: l’espansione clonale benigna di cellule T è stata per esempio descritta in pazienti umani, in associazione con alcune malattie infiammatorie, infezioni virali e invecchiamento.
Per tale motivo è essenziale che i risultati di clonalità molecolare siano sempre interpretati nel contesto di diagnosi cliniche, morfologiche e immunofenotipiche in stretta collaborazione con patologi, ematologi e citologi.

· Diagnosis of canine lymphoid neoplasia using clonal rearrangements of antigen receptor genes. Burnett RC, Vernau W, Modiano JF, Olver CS, Moore PF, Avery AC. Vet Pathol. 2003 Jan;40(1):32-41.
· Canine indolent nodular lymphoma. Valli VE, Vernau W, de Lorimier LP, Graham PS, Moore PF. Vet Pathol. 2006 May;43(3):241-56
· Utility of polymerase chain reaction for analysis of antigen receptor rearrangement in staging and predicting prognosis in dogs with lymphoma. Lana SE, Jackson TL, Burnett RC, Morley PS, Avery AC.J Vet Intern Med. 2006 Mar-Apr;20(2):329-34.


Valutazione mediante PCR della mutazione del gene c-kit in corso di mastocitoma

I mastocitomi sono neoplasie cutanee caratterizzate da un’incontrollata crescita di mastociti e da un’elevata resistenza ai farmaci convenzionali. Nella maggior parte dei casi, il recettore tirosin-chinasico KIT è coinvolto nella crescita cellulare maligna. KIT è un recettore codificato dal proto-oncogene c-kit e la sua attività nei mastociti normali è essenziale per il differenziamento, la maturazione, la proliferazione e la funzionalità cellulare; una sua disregolazione può quindi determinare una crescita incontrollata di mastociti.
E’ consolidato in letteratura scientifica che le mutazioni a livello del gene c-kit sono presenti a livello degli esoni 11 e 12 e che tali anomalie genetiche, in presenza di una proliferazione nodulare di mastociti confermata istologicamente, determinano uno sviluppo neoplastico.
Tali mutazioni determinano la fosforilazione del recettore KIT responsabile della dedifferenziazione mastocitaria e quindi della neoplasia.
E’ inoltre documentata un’incidenza significativamente maggiore di mutazioni del gene c-kit nei tumori di 3° grado rispetto al 1° e 2° grado e i mastocitomi con mutazioni kit hanno 2 volte la possibilità di recidivare e metastasizzare rispetto a quelli negativi.
Identificando mediante la Polymerase Chain Reaction (PCR) il tratto mutato è possibile intervenire con adeguati farmaci in grado di bloccare la fosforilazione del recettore KIT (farmaci anti-tirosin-chinasici).

· Gain-of-function mutations in the extracellular domain of KIT are common in canine mast cell tumors. Letard S, Yang Y, Hanssens K, Palmérini F, Leventhal PS, Guéry S, Moussy A, Kinet JP, Hermine O, Dubreuil P. Mol Cancer Res. 2008 Jul;6(7):1137-45.
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Synergistic antiproliferative effects of KIT tyrosine kinase inhibitors on neoplastic canine mast cells. Gleixner KV, Rebuzzi L, Mayerhofer M, Gruze A, Hadzijusufovic E, Sonneck K, Vales A, Kneidinger M, Samorapoompichit P, Thaiwong T, Pickl WF, Yuzbasiyan-Gurkan V, Sillaber C, Willmann M, Valent P. Exp Hematol. 2007 Oct;35(10):1510-21. Epub 2007 Aug 2.
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Prevalence and importance of internal tandem duplications in exons 11 and 12 of c-kit in mast cell tumors of dogs. Downing S, Chien MB, Kass PH, Moore PE, London CA. Am J Vet Res. 2002 Dec;63(12):1718-23.


La biopsia cutanea: quando, come, perché eseguirle - Dr. Chiara Noli

Per evitare di ricevere laconici reperti di "dermatite cronica" è importante sapere selezionare gli animali da cui prelevare una biopsia, identificare le lesioni più adatte da inviare al laboratorio e compiere un prelievo a regola d'arte

Indicazioni
La biopsia cutanea è indicata nelle seguenti situazioni:
- se le lesioni hanno un aspetto inconsueto
- se la malattia non migliora nonostante le terapie che parevano più adatte
- se si sospetta una malattia che necessita di terapia per lunghi periodi e che non sia diagnosticabile in altro modo (ad esempio per sospetto di malattia autoimmune)
- se si sospetta una malattia che necessita di terapia che può essere pericolosa o controindicata per l'animale e che non sia diagnosticabile in altro modo (ad esempio malattia autoimmune)
- se si sospetta un tumore e se ne vuole identificare la natura prima dell'intevento di escissione (ad esempio mastocitoma) o dove sia impossibile eseguire un'escissione chirurgica (ad esempio linfoma epiteliotropo) e l'esame citologico non sia diagnostico
- in caso di alopecia non infiammatoria ove si siano escluse tutte le cause ormonali
- in caso di prurito ove si siano escluse tutte le cause parassitarie, allergiche e infettive
- in caso di sospetto di malattie congenite (ad esempio nevi)
- in caso di difetti di cheratinizzazione (ad esempio adenite sebacea)
- in generale in ogni caso di dubbio diagnostico

Preparazione dell'animale
Se le condizioni dell'animale lo permettono, è preferibile eseguire le biopsie dopo la somministrazione di una o due settimane di antibiotico, in modo da eliminare infezioni batteriche complicanti che potrebbero disturbare la lettura istologica. A questo scopo si preferisce somministrare cefadroxil 20-30 mg/kg SID, cefalessina 20-30 mg/kg BID o amoxicillina e acido clavulanico 20-25 mg/kg BID. La terapia antibiotica deve venire protratta sino a una settimana dopo il prelievo della biopsia, in modo da evitare che si infettino le ferite e che si formino cicatrici troppo evidenti. Nel caso che l'animale sia stato sottoposto a terapia cortisonica, sempre che le condizioni del paziente permettano di posticipare il prelievo della biopsia, è meglio aspettare 15-20 giorni dalla sospensione della terapia steroidea.

Preparazione del campo
Per il prelievo di biopsie cutanee è importante non eseguire una tricotomia radicale e una disinfezione chirurgica, per evitare di rimuovere gli strati più superficiali dell'epidermide che sono spesso importanti per la diagnosi (croste, pustole, squame). E' importante tagliare il pelo con una forbice da pelo, ad una lunghezza di 0,5 cm, facendo attenzione di lasciare le lesioni intatte. La presenza di peli troppo lunghi dà fastidio al momento dell'esecuzione del prelievo e della lavorazione della biopsia, mentre se il pelo viene tagliato troppo corto (meno di 5mm) risulta poi difficoltoso per il laboratorio orientare la biopsia per la lavorazione istologica. E' sufficiente poi spruzzare un poco di disinfettante incolore sulle lesioni da prelevare e lasciarlo evaporare senza tamponare la superficie cutanea. Se si esegue il prelievo in anestesia locale si marcano le lesioni che si desiderano prelevare con un cerchio di pennarello indelebile.

Anestesia
Si preferisce in genere l'anestesia locale, dato che il prelievo si esegue velocemente, è di piccole dimensioni e necessita solo uno o due punti di sutura. Nel sottocute sotto la lesione da prelevare (marcata preventivamente con un cerchio di pennarello indelebile) si iniettano da 0,5 a 1 ml di lidocaina 2% (lidocaina all'1% per i gatti, massimo 2 ml/gatto) o anestetico locale analogo, distribuendolo in diverse direzioni. Prima di eseguire il prelievo è consigliabile aspettare qualche minuto, in cui si possono preparare gli strumenti necessari per il prelievo.
E' però indispensabile l'anestesia generale nei seguenti casi:
- gatti, a meno che non siano molto tranquilli e che il prelievo venga eseguito dal tronco. Nei gatti è possibile iniettare un massimo di 2 ml di lidocaina diluita all'1% con soluzione fisiologica per gatto, il che limita alla possibilità di prendere 1-4 campioni solamente.
- prelievi da zampe al di sotto dell'articolazione del gomito e del ginocchio
- prelievi da cuscinetti plantari e letti ungueali
- prelievi dalla testa in genere (tartufo, labbra, palpebre, padiglioni)
- prelievi dai genitali, scroto, ano
- animali irrequieti o aggressivi
- lesioni nel sottocute, ove sia impossibile eseguire un'anestesia locale

Selezione delle lesioni
La scelta delle lesioni da prelevare è determinante per l’ottenimento di una diagnosi precisa. Vanno prelevati preferibilmente più campioni (almeno 3) da lesioni primarie o di recente apparizione, quali macule, papule, pustole, vescicole, bolle, noduli e tumori. Non vanno prelevati campioni da aree che presentano lesioni secondarie, quali segni di autotraumatismo, trattamenti locali (creme), infezione e necrosi. In caso di lesioni multiple (o a differenti stadi di sviluppo) è bene prelevare più biopsie rappresentative di tutti i tipi di lesioni visibili sull’animale. E’ inoltre consigliabile inviare anche un campione prelevato da una zona apparentemente normale adiacente la zona lesionata.
Nelle lesioni nodulari e profonde, la biopsia va prelevata in profondità (meglio tramite escissione), al fine di ottenere un campione rappresentativo del sottocute.

Prelievo con punch
Quando possibile si consiglia di utilizzare punch di grandi dimensioni (6 o 8 mm), per facilitare il lavoro del tecnico di laboratorio e per avere maggiori probabilità che la biopsia sia diagnostica. Si possono utilizzare punch da 8 mm sul tronco e sulle cosce, mentre i punch da 6 mm vanno riservati per i cuscinetti plantari e per il tartufo dei cani di media e grossa taglia. Il punch da 4 mm va riservato per lesioni localizzate in aree particolari, quali il tartufo e i cuscinetti plantari di gatti e cani di piccola taglia e i padiglioni auricolari (specialmente la faccia interna, dove il derma non è mobile sulla cartilagine).
Si consiglia, se possibile, di prelevare più campioni (minimo 3), soprattutto se le lesioni hanno aspetti differenti, ad esempio una papula, una pustola, un collarette e una macula. E' inoltre preferibile riporre campioni di lesioni differenti in contenitori diversi e numerati e descrivere separatamente l'aspetto delle lesioni e la loro localizzazione(facendo riferimento al numero del contenitore) sul modulo dell'anamnesi.
Il punch va posizionato perpendicolarmente alla superficie cutanea, che va tesa tra pollice ed indice sotto allo strumento. La lesione da prelevare va posta esattamente al centro del punch, poiché in laboratorio la biopsia viene sempre tagliata a metà, lungo il diametro del tassello cutaneo. Si esercita sul punch una pressione continua ruotando la strumento in un senso solo, sino a che non abbia perforato completamente il derma e abbia raggiunto il sottocute. A questo punto si ritrae il punch e si solleva il tassello afferrando il sottocute e il derma profondo con la pinzetta e lo si asporta tagliando il peduncolo di tessuto adiposo. E' importante non afferrare l'epidermide e il derma superficiale con la pinzetta per evitare artefatti che potrebbero inficiare la lettura della sezione.
Le biopsie prelevate in zone cutanee dove il sottocute sia assente o sottile (padiglione auricolare) vanno delicatamente scollate dai tessuti sottostanti cercando di preservare il più possibile la struttura dell'epidermide.
Alcune zone cutanee richiedono una maggiore attenzione a causa del rischio di ledere i tessuti sottostanti. Queste sono le falangi (presenza dei tendini estensori e flessori), le labbra (presenza di arterie che corrono lungo tutto il perimetro della bocca), il padiglione (presenza della cartilagine sottostante), il tartufo (presenza della cartilagine sottostante), e ove si osservi la presenza di vasi evidenti (vene mammarie sull'addome, cefalica sul braccio, etc) che vanno evitate. In queste aree si consiglia di procedere con attenzione e eseguire lentamente prelievi meno profondi, sollevando ove possibile una plica cutanea fra due dita per allontanare il derma dalle strutture sottostanti.
Le biopsie così ottenute vanno delicatamente asciugate su un garza per eliminare l'eccesso di sangue, che disturba la lettura istologica, e immediatamente poste in formalina tamponata al 10%.
Il foro della biopsia si sutura con uno o due punti a seconda delle dimensioni e della localizzazione. Fanno eccezione le biopsie del padiglione auricolare (specialmente quelle della faccia interna), ove, a causa della ridotta mobilità del derma sulla cartilagine sottostante, è impossibile avvicinare i lembi della ferita senza distorcere il padiglione. In questi casi è sufficiente applicare un tampone di garza sulla ferita e fasciare strettamete l'orecchio sino ad ottenere un'emostasi spontanea. Il foro bioptico viene lasciato cicatrizzare per seconda intenzione (in genere si eseguono fori da 4 mm).

Prelievo per escissione
Il prelievo per escissione con bisturi è indicato per i seguenti casi:
- lesioni pustolose o vescicolose molto fragili o molto estese (più grandi del diametro del punch), che si romperebbero durante il prelievo con punch.
- lesioni piatte molto estese, quali erosioni o ulcerazioni. Poiché spesso per la diagnosi è importante valutare i margini della lesione, prelievi con il punch, di forma tonda, risulterebbero difficile da posizionare in modo da includere con certezza i margini della lesione nella sezione. Dalle biopsie escissionali prelevate con il lato lungo perpendicolare al margine della lesione, poichè per convenzione vengono tagliate lungo l'asse longitudinale, si ottengono per forza sezioni contenenti le aree di transizione interessanti per la diagnosi.
- lesioni nodulari che possono così venire escisse facilmente in toto.
Il prelievo per escissione a losanga si esegue con un bisturi in modo da includere la lesione o il margine di una lesione estesa al centro della biopsia.

Fissazione
Sia per le biopsie prelevate per escissione che per quelle con il punch è importante asciugare il sangue sulla superficie tramite carta assorbente e fare aderire il sottocute della biopsia su un pezzettino di legno (cucchiaio abbassa lingua) o su un cartoncino, e inserire tutto in formalina. Questa operazione eviterà che la biopsia si arricci e facilita molto il lavoro del patologo tagliatore. Le lesioni più piccole devono essere prelevate in toto (con punch o per escissione), di quelle più grandi è bene prelevare un campione dei margini, a cavallo fra il tessuto sano e quello malato (per escissione).
Poiché con la fissazione in formalina i colori scompaiono e la consistenza diventa omogeneo e solida, lesioni che a fresco appaiono molto evidenti (eritema, noduli palpabili, etc) possono non esserlo quando il tessuto è fissato. In questo caso allora si consiglia di marcare la lesione specifica con dei punti di sutura e allegare una dettagliata descrizione macroscopica. Per lo stesso motivo è importante eseguire il prelievo in modo che la lesione si trovi perfettamente nel centro, poiché per convenzioni tutte le biopsie vengono infatti tagliate perfettamente a metà
Campione e base vanno poi entrambi messi immediatamente in formalina, facendo attenzione che il campione si immerga bene e non galleggi sulla superficie. Per le lesioni nodulari di dimensioni superiori a 2 cm di diametro è importante eseguire dei tagli a tutto spessore a 1-2 cm di distanza l'uno dall'altro, lasciando le fette unite alla base, come per un filone di pane, in modo da orientare il patologo sulla forma e sulla dimensione del pezzo. Per i pezzi istologici di dimensioni superiori alla normale biopsia cutanea è importante rispettare il rapporto in volume di 1:10 fra il tessuto da fissare e la formalina. Si consiglia inoltre di inviare i pezzi in contenitori con l'apertura più larga del pezzo stesso, poiché la formalina indurisce i tessuti, rendendone poi impossibile l'estrazione da contenitori dalla bocca più stretta del loro diametro.
La formalina rimuove l’acqua legata ai tessuti e ne causa l’indurimento. In questo modo i tessuti diventano resistenti all’azione degli enzimi idrolitici. La formalina non è perfettamente stabile, e a contatto con l'ossigeno si trasforma in acido formico. Quest'ultimo non fissa bene i tessuti e ne causa artefatti che disturbano l'esame istologico. Per questo motivo si consiglia di usare formalina tamponata a pH 7 e di gettare quella più vecchia di un anno. A causa della forte tossicità della formalina si consiglia di non toccarla mai con le mani nude e di gettarla con i rifiuti speciali.Appena privati del loro apporto ematico, i tessuti iniziano un processo di autolisi, che causa la distruzione delle cellule. Anche la proliferazione di batteri saprofiti causa la degenerazione dei tessuti. E' importante quindi porre ogni campione in formalina immediatamente dopo il prelievo e non aspettare di avere prelevato tutti i campioni prima di fissarli. Una piccola biopsia cutanea può essiccarisi sino a mostrare artefatti visibili microscopicamente, se lasciata anche solo 5 minuti sotto il calore id una lampada scialitica. Il periodo minimo di fissaggio in formalina è di 24 ore.

Invio al laboratorio
Prima di essere inviati al laboratorio i campioni non vanno tenuti in frigorifero, poiché se congelassero accidentalmente si otterrebbero degli artefatti nelle sezioni. Per questa ragione, se inviati con corriere in inverno in zone a clima particolarmente rigido (se si rischia che la temperatura scenda al di sotto dello zero) è consigliabile aggiungere un 10% di alcool alla formalina, per evitarne il congelamento.
I campioni vanno sempre accompagnati da una scheda anamnestica completa. E' molto importante ricordare che più sono dettagliate le informazioni che si danno al patologo, più probabile è che si riceva una diagnosi precisa o delle indicazioni utili. E’ preferibile porre campioni di lesioni differenti o provenienti da siti differenti in contenitori differenti e numerati, e specificare sul modulo di richiesta la provenienza o il tipo di lesione per ogni campione.
Una compilazione accurata del modulo di richiesta in ogni sua parte aiuta molto il dermatopatologo nella formulazione della diagnsi più esatta. In particolare è importante fornire dati sulla specie, razza, età e sesso dell'animale, sulla distribuzione delle lesioni e sul sito di prelievo delle biopsie. La descrizione macroscopica delle lesioni è fondamentale, come anche informazioni sulla durata della malattia e sulla presenza eventuale di manifestazioni sistemiche, compreso il prurito.
Infine è anche importante fornire informazioni sulle terapie già somministrate, sul tipo di farmaco, la durata del trattamento, il suo effetto e la data dell'ultima somministrazione. Una lista delle possibili diagnosi differenziali può completare i dati anamnestici.

Cosa succede in laboratorio?
La biopsia viene tolta dalla formalina e viene sezionata in due metà, lungo il senso longitudinale di crescita dei peli. Per questo motivo è importante lasciare un po’ di peli per guidare il tagliatore. Poi i campioni vengono processati con alcol e xilolo e posti in un blocco di formalina. I blocco viene poi passato al microtomo che ne taglia fette spesse da 4 a 6 um. Queste sezioni vengono poi raccolte su un vetrino portaoggetti e colorate secondo le necessità. I campioni colorati vengono poi montati con un vetrino coprioggetti e una goccia di colla. Così sono pronti per essere letti dal dermatopatologo. E’ importante scegliere un laboratorio veterinario con un patologo con interesse speciale per la dermatopatologia. E’ assolutamente sconsigliato rivolgersi ad un patologo o dermatopatologo di medicina umana. Infine può essere utile ricordare che i tempi tecnici di lavorazione di un pezzo sono di minimo due giorni, esclusa la lettura del patologo, ma possono anche allungarsi a una o più settimane se sono necessari la decalcificaizione, le colorazioni speciali o l’immunoistochimica.

Cosa aspettarsi da un referto bioptico?
A volte, nonostante sia stato effettuato un prelievo a regola d'arte, il referto bioptico non offre una diagnosi definitiva, ma dà solo alcuni suggerimenti generali. Questo accade poiché alcuni aspetti istopatologici sono comuni a più dermatosi (ad es. le endocrinopatie o le allergie) e poiché i veterinari clinici prelevano biopsie soprattutto da casi inusuali, da patologie di cui si conosce ancora poco della patogenesi o dell'eziologia. Una risposta negativa (“non é ...“) ha anch'essa il suo valore e va presa attentamente in esame. Infine bisogna sempre ricordare che la biopsia rivela la situazione della cute al momento del prelievo, e che ogni patologia cutanea al contrario ha uno sviluppo che può variare nel tempo. Formulare una diagnosi con un’immagine statica di un processo dinamico può essere a volte molto difficile. Sarà compito del clinico valutare il referto istopatologico alla luce delle manifestazioni cliniche dell'animale e scegliere la terapia più appropriata.

Bibliografia
1 Angarano DW. Biopsies of the skin and mucous membranes. Seminars Vet Med and Surg (Small Anim) 8(4):235-8, 1993
2 Dunstan RW. A user's guide to veterinary surgical pathology laboratories or, why do I still get a diagnosis of chronic dermatitis even when I take a perfect biopsy? Vet Clin North Am Small Anim Pract 20:1397, 1990
3 Longeart L, George C, Le Net JL. L'examen histopatologique: la biopsie cutanée. Le Point Vétérinaire 26(162):71-2, 1995
4 Mechelli L, Floridi C, Fondati A. La biopsia cutanea nella diagnosi dermatologica veterinaria. Veterinaria 5(1):93-6, 1991
5 Yager JA, Wilcock BP. Skin biopsy: revelations and limitations. Can Vet J 29:969,1988


Come realizzare dei prelievi istologici corretti?? Ovvero come ottimizzare i risultati del laboratorio di patologia e della propria struttura.

Cari Colleghi, poichè sempre più frequentemente riceviamo campioni istologici che necessitano di essere ulteriormente fissati in formalina - e che non sono quindi processabili con un inevitabile allungamento dei tempi di refertazione medi anche di 4-6 giorni - vi preghiamo di seguire quanto riportiamo di seguito.
E' infatti estremamente imnportante che il clinico riesca a collaborare pienamente con i patologi di riferimento e che la qualità del materiale sottoposto ad indagine sia la migliore possibile.
Certamente non sempre si può standardizzare ogni passaggio nella fase pre-analitica e di preparazione ma alcui accorgimenti di sicuro sono da mettere sempre in atto.

Vediamoli:

- Se esistono più neoformazioni sullo stesso organo/pezzo d?exeresi, praticare tanti prelievi quante sono le neoformazioni (per esempio ciò è valido soprattutto per i tumori mammari multipli, che possono avere strutture e prognosi differenti). I prelievi vanno sempre quindi identificati o con con punti di sutura o in contenitori differenti o con colori diversi, riportando sulla scheda anamnestica la relativa didascalia.

- Una neoplasia di piccole dimensioni non è sinonimo di benignità. Le piccole neoformazioni devono essere spedite per intero, dopo essere state almeno parzialmente sezionate in due parti simmetriche, in modo che la formalina possa agire efficacemente anche in profondità. Ciò è da farsi sempre quando si inviano al laboratorio masse con almeno uno degli spessori/diametri superiore a 1-2 cm. E' importante segnare sempre i margini di escissione chirurgica mediante inchiostro di china o tempere colorate: diversi colori saranno utilizzati per identificare i margini craniale, caudale, dorsale o ventrale. Prima di fissare in formalina i materiali bisogna fare adeguatamente assorbire/essiccare i colori per 20-30 minuti

- Le masse di grandi dimensioni che non possano essere consegnate o spedite al laboratorio per intero dovranno essere sottoposte a prelievi multipli. Bisogna evitare di inviare all?analisi solo il centro di tumori voluminosi che normalmente si presenta ischemico, emorragico o necrotico. Inviare invece la porzione più periferica (corteccia tumorale), dove si troveranno anche numerosi vasi linfatici eventualmente sede di embolie neoplastiche e quindi di alto valore diagnostico e prognostico. Anche in questo caso bisogna eseguire sempre sezioni che consentano una adeguata fissazione veloce del materiale, ricordandosi che la formalina penetra bene fino a 1-2 cm di spessore. Bisogna identificare ogni singolo pezzo ottenuto con i metodi sopra descritti.

- I tumori splenici possono creare problemi anche maggiori. Per il prelievo bisogna sempre evitare le zone necrotiche e/o emorragiche ed invece eseguire prelievi nelle bande tissutali intra- o peri-tumorali che appaiono in genere più dense e più bianche. La milza in toto poi è bene non inviarla mai in quanto prima che la formalina possa penetrare in profondità ed adeguatamente fissare i tessuti iniziano i fenomeni di lisi e necrosi. E' indispensabile quindi preparare dei tasselli sempre di 1-2 cm e procedere come indicato sopra con la loro identificazione.

I problemi che più di frequente si verificano si possono così riassumere:
[1] Prelievo non adeguato di tessuto (scarso, con metodo errato quale elettrobisturi, rovinato dalle manualità messe in atto)
[2] Fissaggio fatto male per tempi troppo brevi oppure con formalina esausta, non tamponata, con concentrazione non adeguata.
[3] Contenitori/vasi non idonei per l'istologia: vetro, plastica fragile, non a tenuta stagna, con apertura strozzata od inadeguata per estrarre il materiale fissato sono alcuni esempi
[4] Fissativo in quantità insufficiente
[5] Scheda anamnestica lacunosa, mal compilata, assente
[6] Scambio di campioni tessutali prima della spedizione
[7] Indirizzi errati, incompleti, assenza indirizzo del mittente anche all?esterno dei pacchi
[8] Mezzo di spedizione non idoneo
[9] Preparazione e spedizione per posta o corriere del materiale in pacchi/buste non idonei.

BUONE NORME PER L'INVIO DEI CAMPIONI AL LABORATORIO DI ANALISI ESTERNO

Si presentano varie possibilità:
[1] consegna diretta al laboratorio: osservare le regole di cui sopra evitando gli errori riportati.
[2] ritiro da parte degli incaricati del laboratorio: vale quanto detto al punto 1
[3] Spedizione postale al laboratorio: in questo caso esistono ben precise norme da rispettare in linea generale, e poi alcune regole da mettere in atto nel nostro interesse. Esistono infatti le norme IATA per il trasporto di campioni biologici non pericolosi non infettivi: esse vanno rispettate tassativamente se non si vuole incorrere in problemi di natura pratica, ed in extremis di natura legale. Il materiale va spedito dentro un contenitore a norma, con doppia chiusura ermetica a pressione con tappo e con secondo tappo a vite, in materiale plastico resistente non fragile, moderatamente elastico, antirottura. Questo contenitore va quindi inserito in una busta di plastica resistente a chiusura ermetica. Il terzo contenitore in cui inserire i due precedenti deve essere di cartone resistente difficilmente comprimibile, all?interno del quale è bene inserire del polistirolo, per proteggere ulteriormente il contenuto. Si ottiene così il ?triplo imballo? (che è richiesto per la spedizione di TUTTI i campioni biologici, non solo per l?istologia), atto ad impedire sia il danneggiamento sia la fuoriuscita di materiali dal pacco con le immaginabili conseguenze. Si vuole in particolare sottolineare che i vettori richiedono queste norme, e che i laboratori che offrono specifici servizi di ritiro campioni tramite corrieri convenzionati devono necessariamente avere un contratto in cui il trasporto di essi sia evidenziato ed autorizzato. Eseguire infatti spedizioni di materiale biologico in modo corretto secondo le norme riportate ma non usare un mezzo (posta o corriere) adeguato non è sufficiente. Il campione deve inoltre viaggiare con una dichiarazione di non pericolosità compilata dal mittente che così si assume la responsabilità di ciò che spedisce. Ricordo infatti che di norma è il mittente responsabile della sicurezza della spedizione, pur se il titolare del contratto con il corriere è il laboratorio di analisi. Nel caso infatti il pacco venisse danneggiato, perché il materiale è stato spedito in modo non appropriato, il vettore ha il diritto/dovere di mandare alla distruzione il tutto, senza nemmeno rendere nota la cosa, al fine di evitare rischi alle persone ed all?ambiente. Pertanto impegnarsi a rispettare queste poche regole consentirà nella pratica di accedere con tranquillità maggiore a servizi che altrimenti potrebbero esserci preclusi. Esiste però sempre la possibilità che un pacco venga non consegnato per altri motivi. Il più frequente è che esso venga smarrito nei vari passaggi fra piccola raccolta, magazzini di smistamento, consegna locale. L?uso di corrieri con autorizzazione e con sistema di monitoraggio (tracciabilità) via internet delle spedizioni consente di tenere sotto controllo dal proprio posto di lavoro tutta la trafila, quando e se esistono problemi. Al contrario usando mezzi postali (posta ordinaria), o corrieri che non consentono la tracciabilità della spedizione, nel caso di smarrimento sarà impossibile far valere alcuna ragione con chicchessia. Si diventa così direttamente responsabili verso paziente e proprietario dello smarrimento del materiale biologico, con possibili denunce per ovvi motivi. Quando si spedisce materiale istologico è in ogni caso evidente che esso ha quasi sempre una sola possibilità di essere sottoposto a processazione ed analisi del patologo. Per evitare tutti i possibili rischi di cui sopra (smarrimento, distruzione, alterazione) è bene premunirsi cercando di ottenere almeno altro materiale da conservare nella propria struttura. Quando le dimensioni del pezzo di exeresi lo consentano è bene fissarne una parte per sè e non spedirla, meglio insieme ad alcuni vetrini citologici ottenuti per impressione/ago fine dai pezzi inviati al laboratorio. Qualora invece il pezzo sia piccolo, e non suddividibile, bisogna almeno fare i vetrini citologici per impressione/ago fine ed archiviarli. Così nel malaugurato caso la nostra spedizione ?a regola d?arte? fosse smarrita o danneggiata irreparabilmente avremo ancora materiale biologico per una successiva analisi.


IBD: percorso diagnostico e suggerimenti

SEZIONE DI GASTROENTEROLOGIA
DIAGNOSTICA E SPERIMENTALE

Ai patologi esperti di patologie gastrointestinali è richiesto frequentemente di valutare le biopsie del grosso intestino, con la speranza di poter identificare un pattern specifico di malattia. Purtroppo però molte delle patologie del grosso intestino sono spesso difficili da valutare sulla base della semplice e tradizionale analisi istologica delle biopsie endoscopiche intestinali.
I clinici quindi sono costretti ad utilizzare farmaci idonei a ridurre la reattività  della mucosa senza agire sulla vera e propria causa di malattia.
Sono cosଠfrustranti e particolarmente difficili da diagnosticare e da trattare le flogosi croniche classificate come “IBD (Inflammation Bowel Desease)â€�; inoltre sempre più di frequente alla base di questi quadri clinici si nascondono fenomeni di allergia/intolleranza alimentare responsabili di flogosi miste complesse (e non solo prevalentemente eosinofiliche).
Il patologo d'altro canto in questi casi vede infiltrato linfoplasmacellulare ed alterazioni delle cripte ghiandolari più o meno gravi, ma che poco aiutano nella pratica il clinico a risolvere la la malattia in corso.
Proprio per questo motivo abbiamo pensato di approfondire la conoscenza istopatologica delle cellule coinvolte nella flogosi dell'apparato gastroenterico tipizzando le immunoglobuline prodotte dalle plasmacellule intramucosali e le popolazioni di linfociti presenti in caso di flogosi cronica.
Basandoci su dati da bibliografia molto qualificata e su centinaia di esami istologici eseguiti presso la nostra struttura è stato possibile mettere a punto un percorso diagnostico che possiamo cosଠriassumere:

1) Biopsie endoscopiche prelevate in sede di piccolo e grosso intestino.
2) Valutazione istologica mediante colorazione di routine (Ematossilina-Eosina)
3) In base alla sintomatologia riportata nell'anamnesi (diarrea cronica non sensibile ai trattamenti terapeutici di base), ed in accordo con il Medico Veterinario curante, tipizzazione immunoistochimica delle popolazioni cellulari infiammatorie mucosali (IgG, IgM, IgA, IgE e CD3 per i linfociti T). Quest'ultima tipizzazione CD3 è molto importante perchà© le terapie immunosoppressive recenti (ad esempio le ciclosporine) sono particolarmente attive su questa linea cellulare.
4) Analisi morfometrica e conta computerizzata di ciascuna linea cellulare in quattro campi microscopici, suddivisi in base alla sede anatomica (es. a livello di duodeno la conta sarà  effettuata all'apice, nella porzione mediana, alla base dei villi e alla base delle cripte) e calcolo della media matematica semplice per campione.
5) Diagnosi in base alla percentuale predominante di plasmacellule immunoglobuline-produttrici associate o meno a infiltrato flogistico linfoide. Ad esempio: percentuale elevata di IgG con linfociti T = IBD; percentuale elevata di IgE = patologia su base allergica; assenza di IgA e presenza di IgM = carenza selettiva di IgA (soprattutto nel Pastore Tedesco).

Ai Colleghi interessati ad approfondire questi argomenti la Dottoressa Daniela Olivero fornisce una consulenza telefonica (da lunedଠa venerdà¬, ore 9.30-12-30) o tramite e-mail all'indirizzo olivero@biessea.com.


INDIVIDUAZIONE DELL'OVULAZIONE NEL CANE

Determinare il giorno opportuno per la monta nella cagna non è sempre facile poichè spesso si presentano anche notevoli variazioni temporali nel momento estrale ovulatorio. Proprietari ed allevatori si affidano usualmente all'interpretazione dei comportamenti sessuali od alla durata del sanguinamento vulvare nella cagna. Nei soggetti con fertilità  ridotta ciò non può garantire il successo del concepimento così come il solo esame citologico dando origine alla più numerosa delle cause di infertilità  canina.
Il corretto uso della quantificazione del Progesterone nel siero a tempi determinati dall'inizio del sanguinamento vulvare consente di determinare con ottima precisione il giorno dell'ovulazione e quindi della monta.

PROCEDURA SUGGERITA

- Prelevare il 1° campione al settimo giorno dall'inizio del sanguinamento vulvare. Questo serve a stabilire un dato basale poichè a questo punto nella gran parte delle cagne la concentrazione di Progesterone nel siero è inferiore a 3nmol/l, ed indica che l'ovulazione non è avvenuta.
- Riprelevare in questo caso dopo 3-4 giorni; seguire quindi il seguente specchietto interpretativo:

Progesterone < 3 nmol/l no ovulazione, riprelevare dopo 3 gg
Progesterone > 3 nmol/l ovulazione, quindi:
Progesterone 16-20 nmol/l monta fra le 33 e le 57 ore
Progesterone 20-38 nmol/l monta fra le 9 e le 33 ore
Progesterone > 38 nmol/l monta entro 9 ore

Si ricorda che – a motivo della modifica di alcuni kit - per le seguenti analisi sia sconsigliabile l’esecuzione di prelievi in provette contenenti GEL per separazione.
E’ pertanto opportuno impiegare provette per ottenere siero, in plastica o vetro,  che non contengano GEL.
L'esame necessita di almeno 0,5 ml di siero; viene eseguito anche 2 volte al giorno dal lunedì al venerdì. Il campione deve pervenire al laboratorio entro le ore 15, altrimenti viene processato la mattina dopo.

GASTROENTEROLOGIA: TLI, FOLATI, VITB12

.1 INTRODUZIONE

Molte sono le cause di maldigestione e malassorbimento nel cane. I sintomi clinici come la diarrea e la perdita di peso sono relativamente aspecifici, conseguentemente una accurata diagnosi di laboratorio è essenziale per distinguere tra quelli dovute ad insufficienza esocrina pancreatica (EPI) e quelli indotti da altre cause.
Mentre i tests per la tripsina sia fecale che immunologici (Tripsin-Like-Immunoreactivity, TLI) possono essere usati per diagnosticare l'EPI, la misurazione dei livelli sierici di folati e della vitamina B12 può confermare la diagnosi di malassorbimento nell'intestino tenue dovuto ad una eccessiva crescita batterica od ad altre enteropatie.

.2 TRYPSIN-LIKE-IMMUNOREACTIVITY (TLI)
Nei cani con sospetto di malassorbimento è inizialmente opportuno indagare sulla eventuale presenza di EPI = Insufficienza Pancreatica Esocrina. L'EPI può determinare disturbi secondari del piccolo intestino che possono essere risolti semplicemente con l'idonea terapia dell'affezione primaria.
Misurando i livelli ematici di tripsinogeno secreto dal pancreas il test può consentire la diagnosi di EPI da un singolo campione di sangue: i livelli sono estremamente bassi in caso di EPI. Questo test elimina la possibilità  di errore diagnostico che può risultare dalla stima dell'attività  della tripsina fecale.

.3 MISURAZIONE DELLA VITAMINA B12 E FOLATI NEL SIERO
Questo test combinato è utile nei casi di mal assorbimento nel piccolo intestino o eccessiva crescita batterica. Livelli di folati eccessivamente bassi , suggeriscono un malassorbimento nel piccolo intestino prossimale; bassi livelli di vitamina B12 sono indicativi di malassorbimento nel piccolo intestino distale. Concentrazioni ridotte di B12 con folati aumentati possono essere associati con crescita eccessiva di batteri che sintetizzano folati ma che legano o degradano la B12.
Tuttavia anche l'EPI può essere associata a un ridotto assorbimento di xilosio con concentrazioni sieriche anormali di folati e B12; si raccomanda perciò che l'EPI venga esclusa prima di iniziare le procedure di screening per malattie primarie del piccolo intestino.
Vedi la sezione Gastroenterologia sul sito www.biessea.com.


IPERADRENOCORTICISMO FELINO – CUSHING'S DESEASE

L'iperadrenocorticismo è una condizione rara nel gatto, molto più rara che nel cane.
L'incidenza di casi clinici molto bassa non consente fino ad oggi la pubblicazione di studi sull'accuratezza diagnostica dei differenti protocolli diagnostici di screening.
I sintomi dei casi diagnosticati e riportati in letteratura appaiono spesso drammatici.
L'alopecia non è uno dei sintomi predominanti (come nel cane) ma la pelle può diventare talmente sottile da lacerarsi spontaneamente o alla minima manualità .
Nel gatto non sembra vi sia un aumento cortisolo-indotto dell'iso-enzima della fosfatasi alcalina.

Test di stimolazione con ACTH

Come per altri esami usati nella diagnosi d'iperadrenocorticismo (cane) questo può essere influenzato da più malattie croniche d'altra origine che causano un discreto numero di casi falsi positivi.
Si sottolinea quindi che la diagnosi si raggiunge con più indagini, in particolare si sottolinea il ruolo fondamentale dell'esame istologico su biopsie cutanee (dermatopatologia), dell'ecografia addominale, della RMN e della TC.

1. Primo Prelievo basale venoso in siero (no anticoagulanti)
2. Iniettare e/v 0,125 mg (0,25 mg nei gatti > 5 kg di peso) di ACTH sintetico (Synacten*)
3. Secondo Prelievo venoso fra 30 e 60 minuti in siero
4. Terzo Prelievo venoso fra 90 e 180 minuti in siero.

Si consiglia l'applicazione di un catetere venoso da lasciare in situ fino al termine della procedura diagnostica. La procedura deve essere eseguita rispettando il più possibile il benessere dell'animale: estrema attenzione ed assoluta delicatezza nelle manualità , stanza silenziosa e dedicata per tutto il tempo che necessita, presenza costante del proprietario che tiene l'animale, possibilmente applicando sul tavolo da visita e sugli operatori professionali (medici ed infermieri) feromoni.
Nei gatti normali il cortisolo post stimolazione con ACTH non deve mai superare il valore di 400 nmol/l.Per esempio:

· Cortisolo Basale 35,7 nmol/l
· Cortisolo post ACTH 30 min. 167 nmol/l (< 400 nmol/l )
· Cortisolo post ACTH 90 min. 85,9 nmol/l (< 400 nmol/l) I protocolli in letteratura presentano tutti, come detto, dei limiti.
Si è però visto che si può accelerare il protocollo dei prelievi portando il secondo a 30 minuti invece che 60 minuti, ed il terzo a 90 minuti invece che 180 minuti, senza riscontrare ulteriore diminuzione nell'accuratezza diagnostica.
Il Direttore Sanitario
Dr. Emanuele Minetti
Medico Veterinario


Esame citologico "IMPRINTING CONGIUNTIVALE"

Premessa
La corretta esecuzione di una visita oftalmica non dovrebbe tralasciare l'esame citologico, grazie al quale si possono ottenere importanti informazioni diagnostiche. Si tratta di un'indagine pratica, veloce e sicura, che può essere facilmente eseguita e interpretata in qualunque ambulatorio veterinario.
La congiuntiva è costituita da due strati continui di cellule epiteliali: la congiuntiva palpebrale e quella bulbare. La prima è composta da epitelio colonnare pseudostratificato con cellule mucipare diffuse. Le cellule colonnari presentano normalmente uno strato di microcilia. Nel canto nasale dell'occhio si riscontra fisiologicamente un accumuli di linfociti. La congiuntiva bulbare è composta invece da un epitelio squamoso stratificato in continuità con l'epitelio corneale. Le cellule di questa regione presentano spesso pigmento melanico.

L'impiego della citologia in oftalmologia
Le pratiche citologiche più comunemente utilizzate in oftalmologia veterinaria sono lo scraping e il citobrushing o spazzolato congiuntivale.
Lo scraping consiste nell'asportazione dello strato superficiale della congiuntiva tramite una lama da bisturi. Deve essere effettuato sulla congiuntiva bulbare o limbare e richiede una certa capacità manuale da parte dell'operatore, in quanto è necessario, per ottenere buoni preparati, distendere uniformemente le cellule sul vetrino, in modo da ottenere una sorta di “strato sottileâ€� senza danneggiare le cellule (artefatto della triconucleosi). Se non correttamente eseguito, può rendere la lettura difficoltosa o impossibile, a causa della presenza di emazie.
Il citobrushing consiste nel prelievo tramite spazzolatura delle cellule congiuntivali e successiva stesura del materiale per rotazione della spazzola su un vetrino portaoggetti. Anche questa tecnica necessita di una certa abilità manuale nel trasferire il campione sul vetrino. Con questa metodica, inoltre, si rischia di raccogliere cellule profonde, che possono confondere il citologo, determinando cosଠl'emissione di una diagnosi non corretta.

La tecnica dell'imprinting congiuntivale


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