Dr A. Zatelli-D.ssa P. D'Ippolito: Quale razza?

 

Quale razza?
 
“One of the unfortunate things about managing CKD in dogs and cats in clinical practice is that the problem may only be identified quite late in the disease process, usually once the patient already presents with clinical signs. This limits the potential benefit of treatment that in many instances might be expected to delay progression rather than result in recovery of renal function, and makes identification of the underlying aetiology difficult. It is therefore a goal in veterinary and human nephrology to develop better methods for early detection of CKD.” (Harriet Syme, London 2016; www.iris-kidney.com/education)
 
Per una diagnosi precoce di malattia renale, uno dei metodi applicabili più semplici è rappresentato dallo screening delle popolazioni a rischio. L’identificazione dei pazienti ammalati tramite i rilievi di laboratorio,  può infatti permettere al Medico Veterinario di raggiungere una diagnosi quando ancora non sono comparsi segni clinici e, quando possibile, l’impostazione di un protocollo terapeutico adeguato. 
 
Nel caso di malattie geneticamente trasmissibili, l’identificazione precoce dei soggetti affetti e/o portatori di malattia, ne consente l’eliminazione dalla riproduzione. 
 
E’ nota a tutti, ad esempio, l’importanza della Malattia Renale Policistica del Persiano e delle razze correlate; lo screening della popolazione ci ha permesso di ridurre l’incidenza della malattia e di identificare precocemente i pazienti che ne sono affetti, spesso offrendo loro una migliore qualità di vita.
 
Forse sono meno conosciute le razze canine per le quali sono note o sospette patologie renali geneticamente trasmissibili
Il Dott. Xavier Roura ha pubblicato sul sito dell’International Interest Society un elenco delle razze a rischio di malattia renale (http://www.iris-kidney.com/education/risk_factors.html). 
 
Per le razze a rischio, anche in assenza di segni clinici quali ad esempio ridotto accrescimento, poliuria e polidipsia, al raggiungimento dei 12 mesi di età è ragionevole suggerire  al proprietario una visita clinica, l’esecuzione di un esame delle urine completo e la valutazione della funzionalità renale.

 

  • Displasia renale - Lhasa Apso, Shih Tzu, Standard Poodle, Soft-Coated Wheaten Terrier, Chow-Chow, Alaskan Malamute, Miniature Schnauzer, Dutch Kooiker, Golden Retriever.

 

  • Glomerulopatie primarie - Samoyed (X linked), English Cocker Spaniel (autosomica recessiva), Bull Terrier (autosomica dominante), Dalmatian (autosomal dominant), Doberman, Bull Mastiff, Newfoundland, Rottweiler, Pembroke Welsh Corgi, Beagle.

 

  • Malattia Policistica - Bull Terrier (autosomica dominante), Cairn Terrier and West Highland White Terrier (autosomica recessiva).

 

  • Amiloidosi - Shar Pei, English Foxhound, Beagle.

 

  • Glorulonefrite immunomediata - Soft-Coated Wheaten Terrier, Bernese Mountain Dog (autosomica recessiva sospetta), Brittany Spaniel (autosomica recessiva).

 

  • Sindrome di Fanconi – Basenji.

 

  • Cistoadenocarcinoma - Pastore Tedesco (autosomica dominante).

 

Buon lavoro.
Dr Andrea Zatelli Dr.ssa Paola D’Ippolito 
Consulenti Scientifici

 








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Dr A. Zatelli-D.ssa P. D'Ippolito: Iporessia e Malattia Renale Cronica (MRC) N. 1 Cause più comuni

Iporessia e Malattia Renale Cronica (MRC)

N. 1 – Cause più comuni
La riduzione dell’appetito contribuisce, unitamente agli aumentati fabbisogni energetici, alla perdita di peso a cui molti cani e gatti affetti da MRC vanno incontro. Il mantenimento, od il recupero, di un adeguato stato di nutrizione è di fondamentale importanza per il paziente affetto da MRC data la correlazione esistente tra cattivo stato nutrizionale e rischio di mortalità per cause renali.

La riduzione dell’appetito e la perdita di peso sono particolarmente frequenti nella MRC in fase avanzata (creatinina ematica superiore a 3,5 mg/Dl), ma quali sono i fattori che contribuiscono all’instaurarsi dell’iporessia?


Spesso viene attribuito all’accumulo delle scorie azotate il ruolo cardine nella determinazione della nausea e della riduzione dell’appetito, unitamente alla scarsa appetibilità delle diete per nefropatici che possono diventare ancora più difficili da somministrare ad un animale ammalato e con un appetito particolarmente difficile. 
Se è vero che le scorie azotate hanno un ruolo importante nella comparsa della nausea e del vomito, e nella conseguente riduzione dell’appetito, vi sono numerosi altri fattori in grado di determinare iporessia e/o difficoltà nella prensione del cibo o nella masticazione. 
Per trattare l’iporessia è opportuno affrontare alcune problematiche, prima di proporre un cambio dietetico, che risulterà altrimenti difficile o impossibile.

  • Accumulo Scorie Azotate – stimolano il centro del vomito determinando l’insorgenza di nausea e vomito. Molti pazienti  in MRC avanzata presentano un ulteriore incremento delle scorie azotate a causa della disidratazione. Ripristinare l’equilibrio idrico del paziente si rivela quindi fondamentale, unitamente all’instaurare modalità gestionali che aiutino a mantenere un corretto stato di idratazione del paziente.

  • Acidosi Metabolica – L’acidosi metabolica viene identificata con prevalenza crescente al crescere della creatinina ematica: viene considerata praticamente assente nei pazienti in stadi IRIS 1 e 2, difficilmente identificabile nei pazienti in stadio 3 iniziale (valori di creatinina inferiori a 3,5 mg/dl), facilmente identificabile in quelli in stadio 3 avanzato (creatinina compresa tra 3,6 mg/dl e 5 mg/dl) ed estremamente frequente, infine, nei pazienti in stadio 4. L’acidosi metabolica è in grado di causare riduzione dell’appetito, oltre ad aumento del catabolismo muscolare, ridotta tolleranza all’attività fisica e depressione del sensorio. Un paziente in acidosi metabolica grave non mangia e la correzione dei disordini acido base è di fondamentale importanza per trattare l’iporessia. Molti pazienti in stadio IRIS 4, pur mantenendo valori di creatinina estremamente elevati, traggono indiscusso giovamento dal controllo dei disordini acido base, migliorando sensibilimente la qualità di vita. Nei pazienti affetti da MRC in stadio avanzato, la somministrazione di farmaci atti a correggere l’acidosi metabolica può rendersi necessaria a vita.

  • Disordini elettrolitici – ipopotassiemia, iperfosfatemia e ipocalcemia possono contribuire alla comparsa di iporessia. Quando presenti, i disordini elettrolitici devono essere corretti con integrazioni (nei casi di ipopotassiemia e ipocalcemia) o tramite la riduzione dell’assunzione e/o dell’assorbimento a livello intestinale (iperfosfatemia).

  • Lesioni al cavo orale  – Cani e gatti in MRC avanzata possono presentare lesioni al cavo orale che rendono la prensione e masticazione del cibo praticamente impossibile a causa del dolore. E’ più facile riscontrare lesioni del cavo orale in cani e gatti affetti da parodontopatie. L’identificazione di lesioni in grado di determinare dolore può richiedere l’impostazione di una terapia analgesica, oltre a terapia topica ed eventuale ricorso ad alimentazione con sondino.

E’ evidente l’utilità, oltre alla visita clinica, degli esami di laboratorio, che ci permetteranno di identificare e successivamente trattare le possibili cause di iporessia. Nel prossimo post ci occuperemo della terapia dell’iporessia.

Buon lavoro!
Dr Andrea Zatelli Dr.ssa Paola D’Ippolito 
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Dr A. Zatelli-D.ssa P. D'Ippolito: CALCOLI DI STRUVITE NELLA SPECIE CANINA

Nella quasi totalità dei cani, la formazione di calcoli di struvite è conseguente ad infezioni delle vie urinarie causate da batteri produttori di ureasi. La calcolosi da struvite può essere trattata col fine di determinare la dissoluzione dei calcoli nell’arco di 8 -12 settimane.

Come sospettare una calcolosi da struvite prima della rimozione chirurgica del calcolo e della sua analisi minerale? 

1) Esame delle urine – L’esame delle urine è fondamentale nell’iter diagnostico del paziente affetto da calcolosi delle vie urinarie. I cani che presentano calcolosi da struvite hanno molto frequentemente urine alcaline e all’esame del sedimento sono spesso presenti rilievi riferibili ad infezione (piuria, batteriuria). In questi casi è consigliabile effettuare urinocoltura ed antibiogramma (su campione raccolto per cistocentesi) per poter impostare una terapia antibiotica mirata.

2) Sesso – Anche se la calcolosi da struvite è rinvenibile in entrambi i sessi, l’85% dei cani che formano struvite sono femmine.

3) Razze predisposte – In Europa le razze che più frequentemente formano struvite sono Meticcio, Shih Tzu, Carlino, Yorkshire Terrier, Labrador, Cocker Spaniel, Bichon Frise, Schnauzer nano, Jack Russell Terrier e Cavalier King Charles Spaniel. 

Terapia 

Una volta sospettata la calcolosi da struvite è consigliabile somministrare per un periodo di trattamento che varia da 8 a 12 settimane:

· Acqua di bevanda a basso residuo, stimolando il paziente a bere
· Dieta dedicata
· Terapia antibiotica mirata

Il paziente viene solitamente controllato dopo 4-6 settimane di terapia tramite l’esecuzione di esami radiografici e di un esame completo delle urine, comprensivo di esame colturale. Si ricorda che effettuare l’esame colturale in corso di terapia antibiotica comporta il rischio di falsi negativi, perché è possibile che il farmaco inibisca la crescita batterica in vitro ma che non sia efficace in vivo. Per questo è sempre indispensabile associare un esame del sedimento per identificare eventuali piuria o batteriuria. Un esame colturale positivo può identificare una antibiotico-resistenza.

Possibili scenari: 

· se i calcoli sono assenti e l’urinocoltura risulta negativa è possibile interrompere la terapia
· se i calcoli sono assenti, ma l’urinocoltura risulta positiva, considerare difetti anatomici e altre cause che possono determinare infezione cronica delle vie urinarie (impostare indagini diagnostiche)
· se i calcoli si sono ridotti di dimensioni e si presentano maggiormente radiotrasparenti proseguire terapia e rivalutare il paziente a 12 settimane
· se i calcoli sono di dimensioni e radioopacità invariate è probabile non si tratti di struvite e deve esserne consigliata la rimozione e successiva analisi minerale (con tecnologie ATR – FTIR)

Buon lavoro!
Dr Andrea Zatelli Dr.ssa Paola D’Ippolito 
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MALATTIE TRASMESSE DA ZECCHE: GUIDA AI TEST

DIAGNOSI DI LABORATORIO DELLE PIÙ COMUNI MALATTIE TRASMESSE DA ZECCA (TBD, TICK BORNE DISEASE) NEL CANE: ANAPLASMOSI, EHRLICHIOSI, RICKETTSIOSI E BABESIOSI



BREVE GUIDA ALLA SCELTA E ALL’INTERPRETAZIONE DEI TEST
La diagnosi di malattia infettiva è spesso complessa e prevede la conoscenza di numerosi aspetti quali l’epidemiologia dell’agente eziologico, la patogenesi della malattia ed il riconoscimento della fase in atto (acuta, subclinica, cronica), l’accuratezza dei diversi test disponibili.  
Vediamo di seguito quali sono le domande fondamentali alle quali dobbiamo rispondere per poter scegliere il corretto iter diagnostico in caso di sospette Ehrlichiosi, Anaplasmosi, Rickettsiosi e Babesiosi. 

Quale (o quali) patologia devo indagare?

Per poter rispondere a questa domanda è necessario rispondere ad almeno altre 4 domande:
  • C’è la reale possibilità che il cane sia stato esposto all’infezione? Vive o ha soggiornato in zone endemiche per queste patologie ed è possibile che sia stato morso da una zecca (es nessuna prevenzione per ectoparassiti)? E’ pur vero che i vettori di queste malattie si spostano geograficamente negli anni e invadono nuove aree, ma considero una TBD assai più probabile in un cane che ha soggiornato sulle coste del Sud Italia piuttosto che in un cane di razza toy che vive in appartamento in centro a Bolzano, sebbene entrambi i pazienti possano presentare una sintomatologia simile.
  • Da quanto dura la sintomatologia? I segni clinici si presentano in genere pochi giorni dopo l’infezione (morso di zecca infetta), variano da lievi a gravi e in alcuni casi l’infezione decorre in modo asintomatico. E’ molto importante determinare il momento patogenetico della malattia perché a seconda della fase acuta – subacuta – cronica devono essere scelti test diagnostici diversi.
  • Quali segni clinici sono presenti? i segni - sintomi in corso di queste patologie si sovrappongono molto e sono piuttosto aspecifici, pertanto la loro valutazione può non essere di grande aiuto nel determinare quale agente eziologico ne è responsabile, ma resta fondamentale sia per sospettare un TBD che per determinare la fase della malattia. Nella fase acuta- subacuta si osservano febbre, abbattimento, linfoadenomegalia, splenomegalia, artralgia, mialgia, petecchie, epistassi, anomalie oculari (es. uveite, corioretinite, emorragie retiniche), segni neurologici o respiratori in casi gravi (infrequenti). Delle patologie in esame solo Ehrlichia è sicuramente responsabile di una forma clinica cronica, caratterizzata prevalentemente da severe alterazioni clinico-patologiche (vedi oltre). Per quanto riguarda Anaplasma sia platys che phagocytophilum non sono state chiaramente dimostrate forme croniche clinicamente rilevanti, ma si sospetta che possano essere responsabili di patologie immunomediate secondarie con coinvolgimento renale (glomerulonefriti da immunocomplessi), articolare (poliartriti) o in associazione a citopenie periferiche (soprattutto anemie e trombocitopenie). Babesia può persistere nell’ospite ma in genere si sviluppa dopo la prima infezione una immunità tale per cui non si verificano più crisi emolitiche, nemmeno dopo reinfezione. Vale la possibilità anche per Babesia di evocare forme immunomediate secondarie. NB: Le Rickettsie presenti in Italia (prevalentemente R. conorii, ma le specie sono numerose) sono poco o nulla patogene e solo in alcuni rari casi possono essere responsabili di una sintomatologia lieve e transitoria (1-2 giorni di durata) caratterizzata da ipertermia abbattimento e linfoadenomegalia. E’ estremamente improbabile (almeno non è riportato in letteratura) che Rickettsia causi quadri gravi e persistenti. I flussi migratori di uccelli (e relative zecche infette) potrebbero essere responsabili dell’ingresso in Italia di nuove e maggiormente patogene Rickettsie, pertanto non è possibile escludere che in futuro questi batteri potranno causare forme clinicamente più severe.
  • Quali alterazioni di laboratorio sono presenti? le alterazioni ematologiche che si osservano più frequentemente sono le seguenti: trombocitopenia (+++), lieve anemia non rigenerativa, possibili sia leucopenia che leucocitosi. In caso di Babesiosi se non viene instaurata una corretta terapia nel momento di insorgenza dei sintomi clinici, alla trombocitopenia frequentemente segue una anemia emolitica (rigenerativa a partire dal 3°-4° giorno), con conseguenti ittero e bilirubinuria. Altre alterazioni di laboratorio comuni sono aumento della proteina C reattiva, proteinuria, aumento della frazione α-2 in elettroforesi. Nella fase cronica dell’Ehrlichiosi si osservano bi o pancitopenia con anemia non rigenerativa, iperglobulinemia, proteinuria, iperazotemia. NB: la ricerca di tali agenti eziologici su striscio ematico è quasi sempre infruttuosa per Ehrlichia, mentre è più probabile osservare Babesia o Anaplasma, seppure la sensibilità della ricerca su striscio di questi patogeni è moderata o bassa: non averli osservati non consente assolutamente di escluderne la presenza.

Dopo aver risposto alle domande qui sopra, diventa possibile stabilire la probabilità di malattia. A causa della sovrapposizione sia dei quadri clinici sia clinico-patologici è possibile sospettare di trovarsi di fronte ad una patologia trasmessa da zecca, ma non a quale in particolare, e diventa pertanto necessario richiedere più test per più malattie.

Quale metodo diagnostico scegliere? PCR o test sierologici?


In quali casi e perché scegliere la PCR?

La PCR è una tecnica dotata di elevata sensibilità analitica, vale a dire che riesce ad amplificare quantità minime dell’agente eziologico (diagnosi diretta). La sensibilità “clinica” (o diagnostica) dipende invece da diversi fattori che devono sempre essere considerati attentamente ed è massima purchè siano rispettate le seguenti indicazioni:

1) SI’: Se si sospettano Ehrlichia, Anaplasma o Babesia in FORMA ACUTA o subacuta è possibile richiedere l’esame su sangue periferico. 
a. un risultato positivo in associazione al quadro clinico e clinico-patologico compatibili consente di arrivare alla diagnosi. 
b. Un risultato negativo (in assenza di terapie mirate precedenti) diminuisce moltissimo la probabilità di malattia ma non consente di escluderla con certezza e nel caso persista il nostro sospetto clinico è consigliabile ricorrere ai test sierologici (vedi oltre).
2) NO Se il paziente è già in terapia da più di un giorno è molto probabile che non sia più possibile ritrovare nel sangue l’agente eziologico (FALSI NEGATIVI) ed è necessario utilizzare i test sierologici (vedi oltre).
3) NO Rickettsia ha batteriemie di bassissima entità e brevissima durata ed è pertanto sconsigliabile ricercarle in PCR su sangue periferico. 
4) NO (su sangue periferico) Se si sospetta una forma cronica sulla base della clinica e degli esami di laboratorio (Ehrlichiosi, possibile Anaplasmosi) è improbabile che la ricerca su sangue periferico dia esito positivo (falso negativo) e in questi casi la matrice da preferirsi è il midollo osseo. NB raramente alcune forme immunomediate secondarie possono svilupparsi anche dopo la guarigione eziologica (il parassita non è più presente nell’organismo) e quindi in questi casi anche la ricerca su midollo osseo può risultare negativa. In questi casi una positività anticorpale può suggerire una possibile associazione con una precedente infezione. 
5) SI nel caso in cui vogliamo distinguere tra le varie specie di Anaplasma (platys, phagocitophylum) o Babesia (in Italia principalmente B canis, vogeli, gibsoni), per meglio definirne la patogenicità e la conseguente prognosi. 
Sono possibili falsi positivi? La PCR oltre ad essere molto sensibile è anche molto specifica da un punto di vista analitico (identifica correttamente quel determinato agente e non si “confonde” con altri). Per quanto riguarda la specificità “diagnostica” (vale a dire avere un risultato positivo in assenza di forma clinica) in ragione dell’immunità efficace che il cane può sviluppare è possibile ritrovare Babesia anche in pazienti sani (non anemici o trombocipenici perlomeno). Ciò non dovrebbe accadere poiché non bisognerebbe cercare Babesia in un cane sano (o meglio non anemico, non trombocitopenico) e l’unico rischio di misdiagnosi è ritrovarla in un paziente che pur essendo anemico lo è per altre cause. 
Sono possibili falsi negativi? Come riportato poco sopra sì, non tanto a causa della sensibilità analitica del test che è molto elevata bensì:
1. se si ricerca il patogeno nel sangue periferico dopo che è già stata instaurata terapia
2. se si ricerca il patogeno nel sangue periferico nella fase cronica, quando ormai non è più presente in circolo 
In quali casi e perché scegliere i test sierologici? 
I test sierologici per le malattie in esame ricercano gli anticorpi prodotti in risposta all’infezione, in particolare le IgG; le IgM non vengono misurate perché hanno scarso significato diagnostico. Un singolo titolo positivo, sia che il cane sia clinicamente sano sia che presenti una sintomatologia compatibile (ma ricordiamoci che può essere aspecifica…) ci dice semplicemente che il nostro paziente è stato in passato esposto all’infezione. Dopo infezione i titoli possono persistere a vita, in genere si abbassano dopo la guarigione e rimangono bassi, ma talvolta possono restare alti. 
I test sierologici sono da preferirsi alla PCR in questi casi: 
1. Il paziente è già stato trattato con terapia antibiotica e non è più possibile recuperare il campione di sangue EDTA PRE-terapia 
2. il paziente non è più in fase acuta ma viene sospettata una fase cronica: in questo caso o si ricerca l’agente eziologico su midollo oppure si misura il titolo anticorpale (vedi oltre)
Come possiamo allora fare diagnosi utilizzando i test sierologici? 
Nel caso in cui sia possibile stabilire che il nostro paziente manifesti la patologia in fase acuta, è sempre indispensabile effettuare due titoli: il primo alla presentazione, durante appunto la fase acuta, e il secondo a distanza di 3-4 settimane. Per correttamente interpretare i risultati dei due test ricordiamo che:
1. nel caso in cui il primo titolo sia misurato in una fase iperacuta (il cane sta male da ieri, ad esempio) è possibile che questo venga negativo o basso, perché la produzione delle IgG comincia 8-12 giorni (circa) dopo l’infezione e talvolta dopo che sono comparsi sintomi clinici. Ciò è particolarmente vero per la Babesiosi, malattia per la quale ha davvero scarso significato un test sierologico in fase acuta (molti falsi negativi). 
2. un primo titolo negativo in un cane che presenta la sintomatologia da qualche giorno ci consente con elevata probabilità di escludere la malattia
3. per dimostrare che quel determinato agente eziologico è responsabile del quadro clinico devo verificare un aumento di 3-4 diluizioni del secondo titolo rispetto al primo (es. 1:80 il primo, 1:640 o 1:1280 il secondo). In questo modo ho dimostrato che il paziente ha incontrato molto recentemente il patogeno e sta in quelle settimane siero-convertendo. NB: Iniziare dopo il primo titolo la terapia antibiotica non arresta la risposta anticorpale; una terapia cortisonica immunosoppressiva potrebbe invece sopprimerla. 
4. un primo titolo molto elevato in presenza di un quadro clinico e clinico-patologico suggestivi aumenta molto la probabilità di malattia, ma non consente di diagnosticarla con certezza (poiché titoli elevati possono persistere anche anni dopo l’infezione) 
Nel caso in cui si sospetti una forma cronica (Ehrlichiosi, oppure malattia immunomediata secondaria ad altra TBD) non esiste purtroppo la possibilità di verificare un marcato aumento del secondo titolo poiché ci troviamo già nella fase di plateu della produzione di IgG. In questo caso un quadro clinico e clinico patologico compatibili unitamente ad un singolo titolo elevato supportano il sospetto diagnostico. E’ consigliabile associare al titolo la ricerca diretta dell’agente eziologico in PCR (possibilmente su midollo in caso di Ehrlichiosi): un test positivo conferma la diagnosi ma un test negativo, soprattutto su sangue periferico, non consente di escluderla con certezza. 
Data la complessità della diagnosi di TBD il nostro consiglio è, in caso di dubbi, di rivolgersi ai patologi clinici del laboratorio per discutere insieme ogni singolo caso e per definire di volta in volta il corretto iter diagnostico. 
Buon lavoro! 

D.ssa Silvia Rossi - DVM ECVCP
Direttore scientifico - Responsabile Patologia Clinica 

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Tel 0229404636 Fax 0229404644
www.biessea.com

Letteratura consigliata
Di seguito troverete una breve selezione di articoli per approfondire questo argomento. Ulteriori titoli sono disponibili su richiesta. 

Comparison of serological and molecular panels for diagnosis of vector-borne diseases in dogs Ricardo G Maggi, et al Parasit Vectors. 2014; 7: 127. 
Guideline for veterinary practitioners on canine ehrlichiosis and anaplasmosis in Europe. Sainz Á. et al Parasit Vectors. 2015 Feb 4;8:75. 

A review of canine babesiosis: the European perspective. Solano-Gallego L et al. Parasit Vectors. 2016 Jun 11;9(1):336. 

Canine babesiosis in Europe: how many diseases? Matijatko V et al. Trends Parasitol. 2012 Mar;28(3):99-105. 

Ehrlichiosis and anaplasmosis in dogs and cats. Little SE - Vet Clin North Am Small Anim Pract. 2010 Nov;40(6):1121-40

Ehrlichia and Anaplasma infections - Harrus S, Waner T, Neer TM.. In: Greene CE, ed. Infectious diseases of the dog and cat. 4th ed. St. Louis, Mo.: Elsevier Saunders, 2012;227-258.






Dr A. Zatelli-D.ssa P. D'Ippolito: controllo Iperfosatemia e stadio IRIS

L’iperfosfatemia è frequentemente diagnosticata in corso di malattia renale cronica ed è causa di progressione della malattia renale, sviluppo di iperparatiroidismo secondario renale, di osteodistrofia renale e di calcificazione dei tessuti molli. Il controllo dell’iperfosfatemia ed il suo corretto monitoraggio, rivestono un ruolo importante nella gestione della malattia renale cronica del cane e del gatto.

Per impostare una terapia che risulti efficace nel controllare l’iperfosfatemia, è necessario considerare in quale modo viene a determinarsi la concentrazione ematica del fosforo: questa dipende in primis dal quantitativo di fosforo assunto con l’alimento e dal suo assorbimento nel tratto gastroenterico, una volta che il fosforo è stato assorbito, un ruolo importante nel mantenimento della fosfatemia nell’ambito di valori fisiologici è rappresentato dalla sua eliminazione grazie all’escrezione renale. Per questi motivi, in un paziente affetto da malattia renaIe, i disturbi del metabolismo del fosforo possono presentarsi anche dagli stadi iniziali dell’insufficienza renale e tipicamente tendono a peggiorare con il progredire della malattia, peggiorando l’iperfosfatemia di pari passo con il ridursi della funzionalità renale.

Per emettere diagnosi  di iperfosfatemia è necessario determinare la concentrazione ematica del fosforo e correlare  il valore rilevato con lo stadio IRIS del paziente. Poichè un valore sierico di fosforo elevato contribuisce alla progressione di danno renale, è necessario trattare tutti i pazienti che mostrino valori sierici di fosforo oltre i limiti di riferimento per lo stadio IRIS di appartenenza.

Idealmente, la concentrazione ematica di fosforo dovrebbe essere inferiore a 4.6 mg/dl nei pazienti in stadio IRIS 2, sotto 5 mg/dl in stadio IRIS 3, e sotto 6 mg/dl in stadio IRIS 4. Nella maggior parte dei pazienti in stadio IRIS 2 e 3 iniziale, la somministrazione di una dieta per nefropatici (a basso contenuto in fosforo) consente di raggiungere i valori di fosfatemia desiderati. Ciononostante, in alcuni pazienti in stadio IRIS 3 avanzato e nella maggior parte di quelli in stadio 4, sarà necessario aggiungere un chelante del fosforo. I composti che chelano il fosforo si combinano a livello intestinale con i fosfati contenuti nella dieta e nelle secrezioni digestive per formare dei complessi insolubili che, non venendo assorbiti, vengono escreti con le feci. Per garantire la massima efficacia, i chelanti del fosforo devono essere miscelati al cibo; poichè molti prodotti in commercio contengono calcio, è opportuno monitorare i pazienti al fine di identificare la eventuale insorgenza di ipercalcemia. Per stabilire l’efficacia della terapia chelante e modificarne i dosaggi all’occorrenza, bisogna rivalutare il cane o il gatto dopo 3 o 4 settimane di trattamento dietetico e lo stesso intervallo temporale è solitamente utilizzato nel caso di utilizzo di chelanti del fosforo. Una volta che i valori ideali sono stati raggiunti, occorre rivalutare la fosfatemia in base allo stadio IRIS del paziente.

 

Buon lavoro!

Dr Andrea Zatelli Dr.ssa Paola D’Ippolito
Consulenti Scientifici


Microbiota e Microbioma

Cari Colleghi,
dopo il blog “Analisi Microbioma nel nostro laboratorio veterinario”, oggi una breve sintesi sul significato preciso dei termini e sugli usi pratici dell’analisi.
Con il termine Microbiota si fa riferimento alla popolazione di micro-organismi che popolano il corpo umano ed animale, localizzandosi a livello di apparato gastrointestinale soprattutto nel colon.
Con il termine di Microbioma invece si intende il patrimonio genetico di questi micro-organismi.
Non solo batteri: sono presenti anche funghi e virus.
Non solo intestino: un attivo microbiota è presente anche sulla cute, nell’apparato respiratorio e negli organi uro-genitali, tutti in equilibrio fra loro.

Il microbiota svolge un ruolo di sostegno a numerose funzioni biologiche quali ad esempio la produzione di Vitamine e aminoacidi, la bio-trasformazione della bile e la fermentazione di substrati non digeribili con produzione di Acidi Grassi a corta catena.
Inoltre, favorisce la crescita delle cellule epiteliali dell’intestino, lo sviluppo dei villi regolando la permeabilità delle giunzioni epiteliali; soprattutto favorisce la resistenza alla colonizzazione da parte di batteri patogeni, attiva l’ immunità innata e adattativa e svolge un ruolo fondamentale nei processi di immunomodulazione.
E’ dunque fondamentale che il microbiota conviva con l’ospite in una situazione di equilibrio e stabilità indispensabile per la salute dell’organismo. 
All’interno del microbiota convivono numerosi Phyla batterici, alcuni dei quali potenzialmente dannosi per l’ospite.
Ecco perché è necessaria la cosiddetta OMEOSTASI IMMUNITARIA , situazione di stabilità ed equilibro fra le diverse specie batteriche garantita dal sistema immunitario che bilancia e tollera la presenza di queste specie batteriche attivando adeguate risposte immunitarie.
Ogni alterazione del microbiota (disbiosi) rischia di attivare un processo infiammatorio ed aumentare la probabilità di sviluppo di nuove patologie.
Infatti alterazioni del microbiota sono a tutt’oggi correlate con patologie infiammatorie dell’apparato gastrointestinali, quali la colite croniche, l’IBD, il Morbo di Crohn nell’uomo. 
Inoltre numerosi studi indicano come il microbiota possa avere un ruolo fondamentale nello sviluppo dipatologe più gravi, quali il carcinoma del colon, l’Alzhaimer, la sclerosi multipla. 
Il microbiota è un ecosistema metabolicamente adattabile: la dieta è il fattore che ha la maggiore influenza sulla composizione microbica dell’intestino. I batteri infatti hanno bisogno di nutrienti adeguati per poter sopravvivere e svolgere le loro attività.
Poter intervenire sul microbiota per curare le patologie ad esso associate apre nuove frontiere terapeutiche: il “trapianto fecale” è già utilizzato con successo nell’Uomo per curare le infezioni da Clostridium difficile.
Modificare la dieta per ripristinare l’equilibrio fra i Phyla batterici e somministrare sostanze pre o probiotiche può essere utile nell’adiuvare le terapie infiammatorie nell’ambito delle patologie croniche intestinali (es. IBD)
Infine, l’analisi approfondita delle specie batteriche costituenti il microbiota potrà essere utilizzata comediagnosi precoce per molte patologie , quando saranno identificate con certezza le specie batteriche coinvolte nel loro sviluppo.
Per chi volesse fare l’analisi del Microbioma sulle feci nella pratica clinica può contattare la Dottoressa Daniela Olivero in laboratorio o tramite mail a olivero@biessea.com richiedendo i materiali necessari e discutendo il caso clinico valutando se utile per il paziente.
Buon lavoro.
Daniela Olivero DVM, Responsabile Istologia

Per approfondire l’argomento:
  1. Microbioma, dieta,disturbi gastroenterici e disbiosi (Cerquetella M. Rossi G. Suchodolski J. AIVPA Journal 2017)
  2. Analysis of bacterial diversity in the canine duodenum, jejunum, ileum, and colon by comparative 16S rRNA gene analysis FEMS Microbiology Ecology, Volume 66, Issue 3, 1 December 2008, Jan S. Suchodolski Jennifer Camacho, Jörg M. Steiner
  3. A diet change from dry food to beef induces reversible changes on the faecal microbiota in healthy, adult client-owned dogs Kristin M. V. Herstad, Karina Gajardo,Anne Marie Bakke, Lars Moe, Jane Ludvigsen, Knut Rudi, Ida Rud, Monika Sekelja,and Ellen Skancke
  4. Effects of the Dietary Protein and Carbohydrate Ratio on Gut Microbiomes in Dogs of Different Body Conditions Qinghong Lia,Christian L. Lauberb, Gail Czarnecki-Mauldena, ASM 2016
  5. Intestinal Microbes and Digestive System Disease in Intestinal Microbes and Digestive System Disease in Dogs Jan S. Suchodolski, TVP 2016


Analisi Microbioma nel nostro laboratorio veterinario

Cari colleghi,
oggi vi anticipiamo con il poster presentato a VetExpo2018 dalla nostra istopatologa Dottoressa Daniela Olivero che l’analisi del microbioma intestinale è oramai definitivamente disponibile per tutti come esame a listino 2018 sulla vostra area riservata.
Nei prossimi giorni pubblicheremo quanto ad oggi evidenziato da noi ed in letteratura e le FAQS più frequenti.
Se volete conoscerne prima l’uso nella pratica clinica quotidiana potete scrivere una mail aolivero@biessea.com.

Seguite le prossime comunicazioni per restare aggiornati su questa importantissima novità diagnostica.

Buon lavoro.
Emanuele Minetti DVM SSPV


Dr Andrea Zatelli - Dr.ssa Paola D’Ippolito: Prevenire la leishmaniosi canina

Prodotti disponibili e controlli di laboratorio.

Cari Colleghi,

negli ultimi anni si è assistito ad un notevole incremento del numero di prodotti commercializzati in Italia, efficaci nel ridurre il rischio di puntura dei flebotomi. L’attività anti-feeding (anti-puntura) è di notevole importanza, poiché offre la possibilità di considerare un prodotto idoneo alla riduzione del rischio, per il cane, di contrarre la leishmaniosi.

I prodotti attualmente disponibili in Italia hanno diverse caratteristiche, che ne rendono possibile l’impiego in base alle esigenze del singolo paziente ed alla disponibilità del proprietario.

Il GSLC Gruppo di Studio sulla Leishmaniosi Canina, ha da poco redatto un articolo che valuta le caratteristiche dei prodotti attualmente disponibili in Italia.

Gli antiparassitari sono stati valutati in base a principio attivo, durata della attività anti-puntura, età minima del cane per poter procedere alla applicazione, limiti di peso del cane per un corretto utilizzo del prodotto, riduzione dell’efficacia in seguito a contatto con acqua e massima frequenza di applicazione possibile.

Quella pubblicata dal GSLC è una guida pratica ed utile, che aiuta a comprendere meglio come difendere un cane a rischio di puntura da flebotomi, oppure quando ripetere l’applicazione del prodotto se il cane ha optato per un bagno rinfrescante in mare.

Merita di essere ricordato che l’utilizzo degli antiparassitari riduce il rischio di contrarre la leishmaniosi canina, ma purtroppo non offre la possibilità di una prevenzione completa; i cani che soggiornano o hanno soggiornato in aree endemiche per leishmaniosi canina, dovranno essere sottoposti a test sierologico per leishmania una volta all’anno (preferibilmente nel periodo di marzo-aprile).

Buon lavoro!
Dr Andrea Zatelli Dr.ssa Paola D’Ippolito
Consulenti Scientifici


CPSE (Esterasi Prostatica Specifica Canina) test per IPB

Cari colleghi,
oggi portiamo nuovamente alla vostra attenzione un test relativamente poco  usato ma che nella pratica clinica  può avere interessanti e frequenti applicazioni nel campo della medicina preventiva del cane maschio.
Parliamo quindi di IPB ovvero di Iperplasia  prostatica benigna nel cane: una malattia piuttosto comune.

Infatti con l'età, e sotto l'effetto degli ormoni maschili, la prostata dei cani è soggetta allo sviluppo di malattie spontanee. 
La malattia più frequente è l'iperplasia prostatica benigna o IPB (in inglese l'acronimo è BPH), che corrisponde ad un aumento del numero e delle dimensioni delle cellule dell'organo.
L'aumento della dimensione della prostata è quindi progressivo e continuo andando verso l’età avanzata. 
Una prostata eccessivamente grande come sappiamo può causare la compressione degli organi pelvici circostanti e l'insorgenza di sintomi dolorosi e fastidiosi per l'animale: costipazione, tenesmo, disuria, ematuria, paralisi (compressione delle radici nervose intra-pelviche).

L'iperplasia prostatica benigna nel cane può inoltre predisporre l'animale a malattie più gravi come la prostatite, la comparsa di cisti prostatiche voluminose e quella di ascessi prostatici.
La CPSE (Esterasi Prostatica Specifica Canina) è un indicatore specifico per diagnosticare precocemente la iperplasia prostatica benigna-IPB/BPH: è la maggiore delle proteine che viene secreta dalle cellule della prostata, sotto il controllo degli androgeni. 
Questa proteina è una componente normale dello sperma (rappresenta più del 90% delle proteine ​​nel liquido prostatico). L'iperplasia delle cellule prostatiche induce un aumento della concentrazione sierica di CPSE.
Il test fornisce al medico veterinario un metodo rapido per valutarne la concentrazione del sangue ed aiuta nella diagnosi di iperplasia prostatica in modo da poter approntare rapidamente un iter di indagini completo ed un trattamento adeguato.
Nei cani di età superiore a 5 anni quindi il suo dosaggio fornisce un metodo preciso e semplice per individuare l'iperplasia prostatica benigna fin dalle prime fasi e consente al professionista di giustificare l'esecuzione di ulteriori esami per eliminare la possibilità di malattie concomitanti più gravi, in particolare tramite la diagnostica per immagini quali Ecografia, RX e TC (cisti, ascessi, prostatite, neoplasie ecc.).

Il test viene eseguito ogni giorno dal lunedì al venerdì ad un costo concorrenziale; il materiale richiesto è 0,5 ml di siero.

Buon lavoro.


Emanuele Minetti DVM SSPV 

CEO - Direttore sanitario
Via Amedeo d'Aosta, 7 - 20129 Milano MI
Tel 0229404636 Fax 0229404644


"Evaluation of biomarker canine-prostate specific arginine esterase (CPSE) for the diagnosis of benign prostatic hyperplasia"
Dora Pinheiro1, João Machado2, Carlos Viegas3,4, Cláudia Baptista5, Estela Bastos6, Joana Magalhães7,Maria A. Pires3,8, Luís Cardoso2,3 and Ana Martins-Bessa2,3*

Pinheiro et al. BMC Veterinary Research (2017) 13:76DOI 10.1186/s12917-017-0996-5

Abstract

Background: Benign prostatic hyperplasia (BPH) is the most common canine prostatic disorder. Although most or even all intact male dogs may develop BPH by 5–8 years of age, many show no clinical signs. Taking into account the non-specific character of clinical and ultrasonographic findings, a new diagnostic approach has recently been proposed based on the augmentation of blood canine prostate-specific arginine esterase (CPSE) in hyperplasic dogs. The aim of the present study was to verify CPSE levels in negative controls and hyperplasic dogs, considering cytological findings as the reference method and taking into account the fact that controls were middle-aged

intact dogs (median of 5.0 years), contrarily to previous studies carried out with very young control dogs.
Results: Significant differences of median CPSE levels were found between controls and hyperplasic dogs (29.1versus 160.7 ng/mL, respectively); and significant positive correlations were found between median CPSE levels and age or prostatic volume (r = 0.549 and 0.448, respectively; p < 0.001). Sensitivity, specificity, positive and negative likelihood ratios put into evidence the good performance of the test. The agreement between methods was foundto be very high, notably between CPSE levels and cytological results (Cohen’s kappa coefficients above 0.8).
Conclusions: Considering the results all together, measurement of CPSE is confirmed as a useful and accurate method and should be considered as an alternative or complementary tool to conventional methods for the diagnosis of BPH in middle-aged dogs.
Keywords: Prostate, Benign prostate hyperplasia, BPH, Canine prostate-specific arginine esterase, CPSE, Biomarker




Dr Andrea Zatelli e Dr.ssa Paola D'Ippolito: Perdita di peso nei gatti affetti da Malattia Renale Cronica

 

Perdita di peso nei gatti affetti da Malattia Renale Cronica
La malattia renale cronica (MRC) è tra le più importanti cause di mortalità nel gatto ed una sua precoce identificazione è fondamentale per poter instaurare un’adeguata terapia ed allungare così i tempi di sopravvivenza. 
Numerosi trial clinici hanno infatti dimostrato che la dieta per nefropatici, associata ad adeguati livelli di acidi grassi Omega3 (EPA), la terapia antiproteinurica, il controllo dell’iperfosfatemia e dell’ipertensione, possono migiorare la prognosi del gatto affetto da  MRC, allungando i tempi di sopravvivenza e migliorando la qualità di vita dei pazienti.
 
L’individuazione di segni clinici utili ad una diagnosi precoce di MRC ricopre un ruolo fondamentale. Uno dei segni clinici di maggior importanza è rappresentato dalla comparsa di poliuria e polidipsia, che sono spesso identificate fin dai primi stadi della malattia; un altro segno clinico utile per una diagnosi precoce di MRC è rappresentato dalla perdita di peso. 
Partendo dal presupposto che molti gatti affetti da MRC tendono a perdere peso ed a presentare uno stato di nutrizione non adeguato (in modo particolare negli stadi avanzati della malattia), uno studio retrospettivo ha valutato la storia clinica di 569 gatti che avevano perso peso nel periodo precedente la diagnosi di MRC.
Nei 12 mesi precedenti la diagnosi di MRC i gatti inclusi nello studio avevano perso in media l’8,9% del peso corporeo ed il calo ponderale incrementava nella media dopo la diagnosi di malattia. Lo studio ha inoltre valutato l’impatto dello stato nutrizionale sui tempi di sopravvivenza, confermando anche per il gatto il “paradosso dell’obesità”: i gatti sottopeso al momento della diagnosi di MRC hanno tempi di sopravvivenza inferiori rispetto ai gatti classificati come sovrappeso.
Diagnosticare l’MRC nelle fasi iniziali e quando il paziente ha ancora un buono stato di nutrizione si rivela quindi fondamentale per migliorare la prognosi dei gatti che ne sono affetti: l’esame delle urine (chimico-fisico, sedimento e PU/CU) e la determinazione della funzionalità renale (urea, creatinina, fosforo ed eventualmente SDMA), dovrebbero rientrare nell’iter diagnostico dei gatti che manifestano perdita di peso.

 

Buon lavoro!
Dr Andrea Zatelli Dr.ssa Paola D’Ippolito 
Consulenti Scientifici
Via Amedeo d'Aosta, 7 - 20129 Milano MI
Tel 0229404636
Fax 0229404644

 

 

Vi ricordiamo l'evento di domenica prossima con il Dr Andrea Zatelli e la Dottoressa Sabrina Giussani come da comunicazione a questo link: