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Nuovo Listino - 1marzo 2023
Dal 1 marzo 2023 entrerà in vigore il listino nuovo
con moltissime novità, profili aggiornati , istologia implementata e molte altre offerte innovative.
Ci scusiamo per eventuali disservizi informatici
che potrebbero verificarsi nei primi giorni a causa
dell’aggiornamento informatico del sistema.
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MICROBIOLOGIA ANTIBIOGRAMMA MIC (Concentrazione Minima Inibente)
NUOVA INTRODUZIONE NEL DIPARTIMENTO DI MICROBIOLOGIA
ANTIBIOGRAMMA MIC (Concentrazione Minima Inibente)
E’possibile da oggi richiedere il test di sensibilità antimicrobica comprensivo di MIC (Concentrazione Minima Inibente).
Il test, particolarmente utile in caso di criticità relative alla sede di infezione (sangue, sistema nervoso centrale, polmone, tessuti profondi) e alle condizioni cliniche del paziente, potrà essere richiesto dopo l’esame batteriologico in alternativa ai nostri antibiogrammi sviluppati con metodica Kirby Bauer al costo di 30 euro IVA compresa

Nu.Q® Vet Cancer Test
Nu.Q® Vet Cancer Test
Nu.Q® Vet Cancer Test è un innovativo strumento a disposizione dei Medici Veterinari, sviluppato con l’obiettivo di fornire un test di screening accessibile e conveniente per aiutare nella diagnosi precoce di neoplasia nel cane.
Nu.Q® Vet Cancer Test: per lo screening precoce delle neoplasie del cane
Nu.Q® Vet Cancer Test può migliorare la qualità della vita dei cani. Fino al 50% di loro, superati i 10 anni, svilupperà una patologia neoplastica. Attualmente, il tumore viene spesso rilevato solo quando il paziente mostra già segni clinici. L’inizio del trattamento in un cane che si trova già in condizioni instabili può compromettere il buon esito delle cure.
Nu.Q® Vet Cancer Test è un esame del sangue di screening molto semplice, economico e facile da usare che può aiutare a diagnosticare le neoplasie in uno stadio precoce e consentire di iniziare il trattamento quando il paziente è ancora in condizioni fisiche non compromesse: questo fattore può rivelarsi decisivo nel prolungare l’aspettativa di vita del cane.
Si raccomanda, pertanto, di introdurre il Nu.Q® Vet Cancer Test come parte integrante del controllo annuale da effettuare sui cani anziani e come test di screening per i cani giovani appartenenti a razze predisposte come Golden Retriever, Labrador Retriever, Bulldog Francese, Boxer, Beagle, Pastore Tedesco, Bovaro del Bernese, Siberian Huskie, Rottweiler, Alano, Wolfhound Irlandese, Scottish Deerhound, Mastiff e Flat Coated Retriever.
Nu.Q® Vet Cancer Test: test epigenentico per identificare il sospetto di cancro nel cane
Nu.Q® Vet Cancer Test è un test epigenetico immunologico che identifica i livelli di nucleosomi circolanti per uno screening precoce delle neoplasie.
I nucleosomi sono strutture fondamentali per consentire alla molecola lineare di DNA di compattarsi ed essere contenuta nel nucleo di una cellula. I componenti principali dei nucleosomi sono il DNA e gli istoni, proteine coinvolte nei processi di regolazione genica, che fungono da “telaio” per l’avvolgimento del DNA.
I nucleosomi vengono rilasciati nel sangue durante i processi di morte cellulare: la loro concentrazione, che aumenta in corso di diversi stati patologici tra cui quelli neoplastici, può essere misurata mediante l’utilizzo di anticorpi monoclonali specifici.
Il nostro test è quindi in grado di fornire informazioni fondamentali nel riscontro precoce di neoplasie, utilizzando la concentrazione plasmatica dei nucleosomi come biomarker.
PER VISUALIZZARE IL WEBINAR Nu.Q® Vet Cancer Test del 29/11/2022 CLICCA QUI
Puoi richiedere il test al nostro laboratorio analisi BiEsseA.
Download:
– Come preparare e spedire un campione?
– Brochure Prodotto
– Flyer
L’impegno di scil è di rendere il test accessibile e disponibile a tutti gli operatori qualificati in modo da rispondere al meglio al bisogno superiore della salute dei nostri animali.
Webinar – Nu.Q Veterinary Cancer Screening


Webinar – Nu.Q Veterinary Cancer Screening
martedì 29 nov 2022 dalle ore 13,00 alle 14,00
Poster della Dott.ssa Marta Attini
Prevalenza nella specie canina di esame colturale positivo con sedimento urinario inattivo

Le infezioni del tratto urinario sono un reperto comune nella specie canina e l’esame delle urine mediante esame microscopico del sedimento urinario è la metodica più facile, rapida ed economica per diagnosticarle. Il gold standard è l’esame colturale, un test più costoso, che può essere successivamente utilizzato per la selezione dell’antibiotico corretto mediante antibiogramma.
Lo scopo del lavoro di Strachan et al. è quello di valutare nella specie canina la prevalenza di esame colturale positivo in presenza di sedimento urinario inattivo. Inoltre, gli autori si prefiggono anche di valutare se la proteinuria e altri parametri dell’esame delle urine (ad esempio pH e peso specifico) e dati del segnalamento del paziente possano essere associati a una maggior frequenza di valori discrepanti tra esame colturale ed esame microscopico del sedimento urinario.
Sono stati inclusi nello studio retrospettivamente 1049 pazienti che avessero come criteri di inclusione:
- Segnalamento (razza, età, sesso).
- Esame delle urine (chimico – fisico ed analisi microscopica del sedimento) con sedimento inattivo; sono stati esclusi quindi tutti i campioni che presentassero piuria, ematuria e-o batteriuria.
- Esame colturale qualitativo e-o quantitativo.
36 su 1049 pazienti con sedimento inattivo sono risultati positivi all’esame colturale ovvero il 3.4%. Il patogeno più comunemente isolato è stato l’Escherichia coli, e a seguire il Proteus mirabilis, l’Enterococcus ed infine lo Staphilococcus pseudintermedius.
Non sono state identificate differenze statisticamente significative tra sessi ed età; la presenza di esame colturale positivo con concomitante sedimento inattivo non ha dimostrato alcuna relazione significativa con razza, grado di proteinuria, pH e peso specifico.
10 su 36 campioni positivi all’esame colturale hanno evidenziato una conta batterica superiore a 100.000 cfu/mL, mentre i restanti tra 4.000 e 75.000 cfu/uL. Purtroppo per la maggior parte dei campioni inclusi non era stata specificata la metodica di prelievo (n=17/36); la cistocentesi risulta essere il metodica più frequente utilizzata (n=13) e a seguire la minzione spontanea (n=6).
Gli autori segnalano come limiti del proprio lavoro:
- La natura retrospettiva della raccolta dei campioni non consente una standardizzazione nel metodo di prelievo delle urine (ragione per cui frequentemente questo dato era mancante); inoltre le ragioni cliniche per cui è stato eseguito l’esame delle urine, trattamenti farmacologici (antibiotici, cortisone) e comorbidità contestuali al momento del prelievo non erano note.
- I tempi per valutare l’esame colturale possono variare a seconda del tempo di crescita di un patogeno specifico; falsi negativi possono capitare se non rispettate le tempistiche necessarie.
In conclusione, basandosi sui dati raccolti nel presente lavoro, la prevalenza di esame colturale positivo di fronte a un sedimento urinario negativo nella specie canina è bassa; pertanto, prima di richiedere un esame colturale di fronte a un sedimento inattivo, valutare accuratamente la probabilità che il paziente possa comunque presentare un’infezione del tratto urinario, per evitare eventuali costi non necessari.
Dr.ssa Giulia Mangiagalli, DVM – Dr.ssa Silvia Rossi, DVM dipl ECVCP
Bibliografia:
- Strachan NA, Hales EN, Fischer JR. Prevalence of positive urine culture in the presence of inactive urine sediment in 1049 urine samples from dogs. J Vet Intern Med. 2022;36(2):629-633. doi:10.1111/jvim.16378
IL REFERTO ISTOLOGICO - Parte VI: Valutazione dei margini, Colorazioni speciali, diagnosi morfologica e commento
Con questa pillola di istologia si conclude la serie dedicata alle parti del referto istologico. Andiamo ad analizzare nel dettaglio le parti conclusive del referto.
Valutazione dei margini: si tratta della valutazione della distanza minima, espressa in millimetri, tra un tessuto neoplastico ed i margini delle sezioni in esame (ottenute mediante varie possibili metodiche di trimming, che abbiamo spiegato nel dettaglio in una pillola di istologia precedente dedicata a questo specifico argomento). Si valuta inoltre, in relazione al margine profondo, anche l’eventuale interposizione di un piano fasciale.
Ovviamente la valutazione completa dei margini si esegue per lesioni neoplastiche sottoposte a biopsia escissionale o a chirurgia radicale e non per lesioni neoplastiche sottoposte a biopsie incisionali o per lesioni di natura non neoplastica, per cui è sufficiente dire se la lesione raggiunga o meno i margini delle sezioni senza la misurazione esatta della distanza da essi espressa in millimetri.
Colorazioni speciali: a volte il patologo richiede ai tecnici anche l’esecuzione di colorazioni speciali, riportandone poi il risultato nel referto stesso. Per colorazioni speciali si intendono le colorazioni istochimiche e non immunoistochimiche: ovvero ottenute con reazioni chimiche tra specifici reagenti e componenti tissutali e non con l’uso di anticorpi che vanno a legare antigeni specifici sui tessuti.
Questo tipo di colorazioni può avere diverse applicazioni:
- possono servire ad esempio a cercare nel campione in esame la presenza di alcuni agenti patogeni con particolari affinità per i reattivi stessi (Ziehl Neelsen per micobatteri, Gram per batteri Gram+ e Gram-, colorazioni argentiche per spirochete, PAS o Grocott per funghi o lieviti, mucicarminio per Criptococco)
- possono anche servire a svelare la metacromasia delle granulazioni citoplasmatiche dei mastociti (Blu di Toluidina, Giemsa)
- possono mettere in evidenza la presenza di particolari sostanze o elementi (Alcian blu per le mucine acide o glicosaminoglicani solfatati, Rosso Congo per l’amiloide con particolare birifrangenza verde mela all’osservazione con luce polarizzata, von Kossa per i sali di calcio, Orceina acida per le fibre elastiche, Rodanina per il rame etc…)
Diagnosi Morfologica: senza ombra di dubbio è la parte del referto che più interessa il clinico, anche se ricordiamo che tutte le componenti del referto concorrono alla sua completezza e al suo valore scientifico, nonché alla sua utilità, soprattutto per possibili future visite di referenza in cui occorre la documentazione più completa ed accurata possibile sulle lesioni già sottoposte ad esame istologico.
La diagnosi morfologica si compone, per le entità neoplastiche, del nome della neoplasia (che in sé spesso racchiude anche il concetto di benignità o malignità), della sua eventuale variante, del tessuto o organo in cui si localizza, oltre che del grado istologico (nel caso esista un sistema di grading riconosciuto come valido dalla comunità scientifica internazionale per quella entità neoplastica) e dell’eventuale indicazione della presenza di invasione vascolare.
Tanto per fare un esempio possiamo citare, per una neoplasia mammaria di una cagna, un Adenocarcinoma (ovvero neoplasia maligna di origine ghiandolare), mammario (tessuto colpito), tubulare (pattern della neoplasia), semplice (ovvero composto da solo epitelio), di grado III (secondo il sistema di grading che nel caso delle neoplasie mammarie canine è quello secondo Peña et al.), con numerosi emboli neoplastici in vasi linfatici peritumorali (indicazione aggiuntiva relativa alla presenza di invasione vascolare e della quantità di emboli).
Per le lesioni infiammatorie, la diagnosi morfologica si compone di un nome che indica la presenza di flogosi ed il tessuto colpito, più una serie di “descrittori” che indicano la cronicità o l’acuzie del processo patologico, la tipologia di infiltrato infiammatorio, la sua distribuzione e la sua entità.
Anche in questo caso facciamo un esempio: pannicolite (flogosi del tessuto sottocutaneo), cronica (cronicità), piogranulomatosa (con infiltrato composto da neutrofili e macrofagi epitelioidi, eventualmente anche con cellule giganti multinucleate), focale (distribuzione in un singolo focolaio), di moderata entità (indica la gravità della flogosi stessa).
Per le lesioni degenerative sarà invece riportata la tipologia di lesione, la sede colpita, la distribuzione e la gravità.
Per fare un esempio potremmo citare una amiloidosi (tipo di lesione) epatica (localizzazione), diffusa e massiva (distribuzione), di severa entità (gravità della lesione).
A volte, infine, nel caso il processo patologico abbia un’eziologia specifica, oltre alla diagnosi morfologica si indica anche l’eziologia stessa o si fa una diagnosi eziologica (indicando in soli due termini l’agente eziologico ed il tessuto colpito, ad esempio demodicosi cutanea follicolare nel caso di un’infestazione da Demodex spp. nei follicoli piliferi della cute).
Commento: è la parte conclusiva del referto ed è compilato dal patologo quando si ritiene opportuno dare ulteriori indicazioni al clinico, ad esempio scrivendo in maniera esplicita la benignità o la malignità di una neoplasia (cosa che può risultare gradita al clinico stesso per riuscire a spiegare in termini semplici la diagnosi al proprietario dell’animale) e la sua esatta origine tissutale, oppure esprimendo la possibile presenza di diagnosi differenziali per alcuni tipi di lesioni non riconducibili con assoluta certezza ad una determinata entità patologica, o ancora elencando al clinico ulteriori possibili indagini aggiuntive utili ad avere una diagnosi più esatta o completa.
In questa sezione, infatti, il patologo può indicare al clinico l’opportunità di procedere con indagini di immunoistochimica (e qui rimandiamo ad una precedente pillola di istologia in cui veniva chiarita la loro utilità) o con indagini di biologia molecolare (come la PARR per la valutazione della clonalità linfoide per sospetti linfomi o una PCR o una FISH per la ricerca di un agente eziologico specifico, sospettato, ma non immediatamente riconoscibile nelle sezioni esaminate mediante istologia).
Dr.ssa Gaia Vichi, DVM, Dipl. ECVP
Cause e fattori prognostici in corso di leucocitosi neutrofila estrema nella specie canina

Con il termine leucocitosi neutrofila estrema si indica, secondo alcuni testi, una leucocitosi superiore a 50.000 – 100.000 cellule/uL delle quali i granulociti neutrofili rappresentino almeno un numero superiore a 25.000 cellule/uL (Harvey JV, 2012); secondo altri testi i granulociti neutrofili devono essere superiori a 50.000 cellule/uL (Weiss, 2010).
Per i clinici, tale reperto ematologico può essere considerato una sfida diagnostica; la granulopoiesi può essere stimolata da diversi processi patologici, come infiammazione locale e sistemica, malattie infettive ed immunomediate, neoplasie, danno tissutale – necrosi, e una combinazione delle precedenti.
Il lavoro di Ziccardi et al. (2021) si pone come obiettivo quello di valutare retrospettivamente, nei 10 anni precedenti, le cause e i fattori prognostici in cani con leucocitosi neutrofila estrema, ponendo come criteri di inclusione una leucocitosi con neutrofilia matura (neutrofili segmentati) superiori a 50.000 cellule/uL e la raccolta di storia clinica e anamnesi completa. Mentre, i criteri di esclusione sono cani con diagnosi di leucemia mieloide acuta (AML) e cronica (CML), basate sulla diagnosi morfologica di blasti nel sangue periferico, e cani in terapia con granulochine.
I cani inclusi nello studio (n= 269) sono stati divisi nelle seguenti categorie in base alla loro diagnosi definitiva, ove possibile, raggiunta sia ante che post – mortem (sono inoltre riportate le corrispettive percentuali di prevalenza nella popolazione in esame, in ordine decrescente):
- Patologie infettive – infiammatorie: 29%. È considerata la prima causa, benché non si discosti molto dalla successiva, ovvero le patologie neoplastiche. Sono maggiormente rappresentate le malattie infettive, prevalentemente di origine batterica, che prese singolarmente rappresentano solo il 22% di tutte le infiammatorie – infettive, percentuale inferiore rispetto alle patologie di origine neoplastica: questo dato è in contrasto con la medicina umana in cui le patologie batteriche sono considerate la prima causa di leucocitosi neutrofila estrema.
- Patologie neoplastiche: 28%. Rappresentano la seconda cause per prevalenza. Alcuni dei soggetti inclusi in questa categoria, benché in numero ridotto, non hanno una diagnosi definitiva citologica o istologica di neoplasia, ma solamente il riscontro di masse mediante diagnostica per immagini: questo dato potrebbe essere leggermente falsato per una possibile mis-classificazione di patologie infettive localizzate come ascessi e granulomi (eziologia batterica e/o micotica).
- Patologie immunomediate: 14%
- Multifattoriale (più di una delle categorie elencate): 13%
- Necrosi – danno tissutale: 8%
- Senza diagnosi: 8%. Questa categoria non è stata inclusa nella statistica perché una CML (considerata uno dei criteri di esclusione) non poteva essere esclusa completamente in questi soggetti, in quanto spesso a tale diagnosi si giunge escludendo tutte le altre cause precedenti.
Di seguito, la tabella che riportata nel dettaglio le diverse patologie incluse nelle singole categorie.

Il valore medio di granulociti neutrofili segmentati è di 63.800 cellule/uL (min-max: 54.7-74.2). La presenza di granulociti neutrofili a banda (left shift) è frequente ma di lieve entità (valore medio 1.900 cellule /uL), mentre la tossicità, valutata da diversi patologi clinici board – certified, era per lo più assente (65%) o di lieve entità (28%).
Il tasso di mortalità risulta essere elevato (41%) e il più delle volte in seguito ad eutanasia (77%).
Per quanto riguarda i tempi di ospedalizzazione, il tempo medio è di 3.2 giorni; più i tempi sono lunghi, più il tasso di sopravvivenza è maggiore. Cani con patologie neoplastiche hanno tempi di ospedalizzazione più corti rispetto a quelli con patologie infiammatorie – infettive, e nello stesso tempo, hanno anche un tasso di mortalità superiore rispetto a quelli con patologie immunomediate e correlate a danno tissutale.
Sorprendentemente, la febbre è riportata solo nel 25% dei casi e non è associata a una particolare categoria.
Tra le differenti categorie, non sono state evidenziate differenze statisticamente significative nel numero totale di leucociti, dei granulociti neutrofili segmentati, a banda e nel grado di tossicità: questo dato è in contrasto con quanto riportato in medicina umana. Una debole ma significativa differenza è stata riscontrata solamente per quanto riguarda il numero di granulociti neutrofili segmentati e il tasso di sopravvivenza.
Gli Autori evidenziano i seguenti limiti del lavoro:
- Mancanza di una distribuzione omogenea dei casi da un punto di vista geografico, e questo vale soprattutto per quanto riguarda le malattie infettive. Ad esempio, l’Hepatozoon americanum, che è riportato dare frequentemente leucocitosi neutrofila estrema (Gaunt et al., 1983), è un patogeno che si localizza in particolari aree geografiche; le percentuali di prevalenza potrebbero essere quindi differenti a seconda dell’area geografica in cui i dati vengono raccolti.
- La natura retrospettiva del lavoro e la mancata standardizzazione, sia nell’utilizzo delle stesse contaglobuli per la lettura dell’esame emocromocitometrico di tutti i pazienti inclusi nello studio, sia nella valutazione dello striscio ematico in quanto non eseguito da un singolo operatore; la valutazione dei granulociti neutrofili a banda e dei segni di tossicità potrebbero essere influenzate da un certo grado di soggettività.
- La presenza della categoria “senza diagnosi” non inclusa nella statistica è di dubbia interpretazione. La CML, benché esclusa in quanto è quasi impossibile giungere a una diagnosi certa di tale disordine mieloproliferativo, potrebbe essere stata arruolata all’interno di questa categoria.
In conclusione, questo articolo dimostra che la leucocitosi neutrofila estrema è un reperto infrequente, ma associato a un tasso di mortalità importante (41%). Le cause più frequenti associate a tale reperto ematologico sono malattie su base infettiva – infiammatoria, benché quelle batteriche prese singolarmente siano meno frequenti di quelle neoplastiche; queste ultime si classificano al secondo posto per prevalenza. La presenza di left shift e di segni di tossicità non è associata a una prognosi peggiore, mentre una prognosi migliore è associata a patologie immunomediate, da trauma tissutale e a un tempo di ospedalizzazione superiore.
Dr. Silvia Rossi DVM, dipl ECVCP – Dr. Giulia Mangiagalli, DVM
Bibliografia:
- Gaunt et al. Extreme neutrophilic leukocytosis in a dog with hepatozoonosis. J Am Vet Med Assoc. 1983 Feb 15;182(4):409-10.
- Harvey JV Veterinary Hematology, a Diagnostic Guide and Color Atlas. First Edition, 2012
- Weiss DJ, Wardrop KJ. Schalm’s Veterinary Hematology. Sixth edition. 2010
- Ziccardi et al. Etiology and outcome of extreme neutrophilic leukocytosis: A multi-institutional retrospective study of 269 dogs. J Vet Intern Med. 2021;1–8.
IL REFERTO ISTOLOGICO - Parte V: caratteri associati a comportamento biologico maligno ed altri dettagli morfologici
Proseguendo la nostra serie di “pillole di istologia” sulle varie parti di un referto istologico ci concentriamo, con questa breve discussione, sugli ultimi paragrafi della descrizione istologica, relativi in particolare alle entità neoplastiche.
A. I caratteri associati a comportamento biologico maligno di una neoplasia possono essere diversi. Vediamone un breve elenco:
- Necrosi: vanno sempre descritti, se presenti nel contesto di un tessuto neoplastico, eventuali fenomeni di necrosi, indicandone se possibile anche la loro esatta tipologia (necrosi coagulativa, necrosi colliquativa, necrosi caseosa, cosiddetta “single cell necrosis” o necrosi di cellule neoplastiche singole disseminate nel contesto della lesione). Ovviamente se la necrosi è presente va indicata anche la sua distribuzione e soprattutto la sua estensione in relazione alle dimensioni della lesione in termini percentuali. La percentuale di necrosi sul tessuto neoplastico è infatti, per alcune entità patologiche, uno dei parametri da valutare per il grading istologico (ad esempio per i sarcomi dei tessuti molli).
- Emorragia: anche per eventuali fenomeni di tipo emorragico va descritta, nel caso siano presenti, la distribuzione e la loro estensione nel contesto della lesione.
- Invasione capsulare: a volte la distinzione di un processo neoplastico maligno rispetto alla sua controparte benigna può risultare difficoltosa, in quanto le cellule di una neoplasia maligna non necessariamente mostrano un grado elevato di anisocitosi/anisocariosi o abbondante attività mitotica. In alcuni casi un criterio distintivo di malignità può essere l’invasione di un eventuale tessuto capsulare che circonda lo stesso tessuto neoplastico (ad esempio ciò accade spesso per i carcinomi della tiroide).
- Invasione vascolare: alcune neoplasie maligne hanno un comportamento biologico non solo aggressivo ed infiltrante nei confronti dei tessuti limitrofi, ma anche con tendenza ad invadere i vasi linfatici, e talvolta ematici, formando emboli che possono poi consentire, entrando in circolo, l’impianto neoplastico in linfonodi regionali o in altri organi e tessuti a distanza. Va pertanto indicata l’eventuale presenza di emboli neoplastici intravasali, indicando il loro quantitativo (scarso: <5 foci; moderato: 5-10 foci; abbondante: >10 foci), la tipologia di vasi coinvolti (linfatici/ematici) e la loro distribuzione (intratumorale/peritumorale).
Anche la presenza di elementi neoplastici in sede subendoteliale, che tendono a protrudere nel lume vascolare senza oltrepassare l’endotelio stesso (cosiddetto “vascular impingement”, oppure esito di una ri-endotelizzazione di tessuto neoplastico dopo invasione vascolare vera e propria), merita l’attenzione del patologo in quanto impone l’attenta ricerca di ulteriori parametri tali da identificare una eventuale invasione vascolare propriamente detta (presenza di trombi aderenti ad elementi neoplastici intravasali, cellule neoplastiche che invadono sia la parete vasale che l’endotelio, cellule neoplastiche nel lume di spazi vascolari rivestiti da endotelio, cellule neoplastiche in strutture di natura vasale confermata anche con eventuale ausilio di markers immunoistochimici nei casi dubbi).
B. Vi sono poi anche dettagli morfologici aggiuntivi, talvolta anche essi importanti per il grading istologico di alcune entità neoplastiche, come la presenza e l’eventuale intensità di una flogosi concomitante al processo neoplastico (che costituisce ad esempio uno dei parametri che concorrono al sistema di grading per i sarcomi dei tessuti molli cutanei e sottocutanei del gatto recentemente proposto da Dobromylskyj et al. nel 2021), l’eventuale presenza di ulcerazione (che costituisce un parametro prognostico sfavorevole, ad esempio, per le neoplasie melanocitarie cutanee del cane), o la presenza di mineralizzazione (ad esempio per eventuali fenomeni di calcificazione distrofica nel contesto di foci di necrosi, oppure legata ad alcune entità patologiche specifiche, come ad esempio il pilomatricoma, che costituisce una neoplasia benigna di origine annessiale/follicolare, talvolta anche con possibile formazione di tessuto osseo).
Infine, se nei preparati sono presenti altre alterazioni a carico dei tessuti limitrofi alla lesione principale (che sia neoplastica o meno) il patologo descriverà anche tali aspetti morfologici, al fine di “contestualizzare” le lesioni stesse.
Concludendo, al clinico potrà sembrare che tutti i dettagli riportati dal patologo nel paragrafo descrittivo di un referto istologico siano meno importanti dei campi relativi alla diagnosi morfologica e al commento sulla lesione, ma in realtà come recita un vecchio detto “il diavolo si nasconde nei dettagli” e, soprattutto, i dettagli osservati e descritti dal patologo consentono di corroborare la sua conclusione diagnostica ed agevolano anche un eventuale confronto tra colleghi sul caso stesso, in quanto documentano, appunto nel dettaglio, tutto ciò che il patologo ha visto, come una lunga serie di “fotografie” scattate ai vari campi microscopici.
I dettagli descrittivi garantiscono anche il fatto che il patologo abbia effettivamente valutato a fondo il preparato o i preparati, non limitandosi ad una descrizione sommaria o a una diagnosi “preconfezionata” applicabile ad entità patologiche simili, della stessa natura, ma non necessariamente identiche. Non si tratta solo di una “personalizzazione” del referto, ma di una sua effettiva validazione in termini qualitativi e di corrispondenza alla realtà oggettiva dell’aspetto istologico delle singole lesioni.
Dr. Gaia Vichi, DVM, Dipl. ECVP
Bibliografia:
- Veterinary Cancer Guidelines and Protocols. Guidelines for necrosis and vascular invasion. https://vcgp.org/guidelines-and-protocols/
- Prognostic factors and proposed grading system for cutaneous and subcutaneous soft tissue sarcomas in cats, based on a retrospective study. Dobromylskyj M. et al. J Feline Med Surg. 2021; 23(2):168-174.