Diagnosi di clonalità linfoide


Le neoplasie linfoidipongono talvolta il clinico ed il patologo di fronte ad un dilemma diagnostico, sopratutto nello stadio iniziale della patologia quando la distinzione tra una neoplasia incipiente ed uno stato di iperplasia reattiva può risultare estremamente problematica (Vernau, 2004). 

La popolazione cellulare rilevata in corso di neoplasia linfoide presenta caratteristiche identiche in quanto derivante dalla proliferazione di un unico precursore comune; tutte le cellule tumorali che compongono tale popolazione, definita clonale, contengono un’identica sequenza di DNA che può essere utilizzata come marker specifico di neoplasia (Rezuke et al, 1997; Lana et al, 2006). 
Le tecniche molecolari sono in grado di diagnosticare una neoplasia linfoide proprio attraverso la dimostrazione della clonalità; tuttavia, essa deve essere sempre e comunque interpretata nel complesso dei riscontri clinici, morfologici ed eventualmente immunofenotipici (Vernau e Moore, 1999) poiché, come tutte le tecniche diagnostiche, può dar luogo a falsi positivi/negativi (vedi dopo).
La tecnica di biologia molecolare utilizzata attualmente nel nostro laboratorio per valutare la clonalità in corso di linfoma è la PARR (PCR for Antigen Receptor Rearrangements), che consente di riscontrare i riarrangiamenti clonali del gene delle catene leggere e pesanti delle Ig per i disordini linfoproliferativi dei linfociti B e del gene del T-cell receptor per i disordini linfoproliferativi dei linfociti T.
Entrambi i geni “target” di analisi infatti presentano diversi segmenti genici (regione Variable, regione Diversity, regione Joining) che durante le fasi di maturazione linfocitaria sono soggetti a un processo di riarrangiamento unico e specifico per ogni cellula linfoide.
Il riscontro di una sola sequenza “comune” a tutte le cellule di una popolazione linfocitaria è suggestiva di proliferazione clonale, e quindi di neoplasia.
Per tale motivo l’utilizzo di tecniche molecolari nei protocolli di lavoro delle neoplasie linfoidi, è diventato uno strumento fondamentale nella diagnosi e nella stadiazione delle neoplasie linfoproliferative.  
Un’ulteriore utilizzo della PARR ha riscontro nel monitoraggio della Malattia Minima Residua (MRD), ossia per la rilevazione di cellule neoplastiche dopo trattamento chemioterapico, divenendo un’ ottimo strumento per stabilire la remissione completa o parziale della forma linfomatosa. 
All’esame di clonalità si applicano alcune raccomandazioni finali. 
1)  Il riscontro della clonalità è fortemente indicativo di neoplasia ma la sola clonalità non dimostra l’ipotesi neoplastica né implica necessariamente la malignità.
2) Monoclonalità del gene dell’immunoglobulina (linfociti B) sono state descritte in associazione con malattie infiammatorie accertate sia nell’uomo sia nel cane.
3) L’espansione clonale benigna delle cellule T è stata documentata nei pazienti umani in associazione con alcune malattie infiammatorie, infezioni virali acute od invecchiamento, ed in alcuni cani con Ehrlichiosi croniche.

E’ pertanto fondamentale, come accennato in precedenza, il rilievo cito-istopatologico per una corretta procedura diagnostica.
La diagnosi di clonalità è attualmente disponibile in BiEsseA per i recettori T e B nel cane e per i recettori T nel gatto; l’elevata variabilità del gene dell’immunoglobulina (linfociti B) felino, tuttora in fase di studio, determina infatti una minore sensibilità della metodica di PCR.

Buon lavoro. 
Dr Stefano Perfetto


BiEsseA srl Laboratorio Analisi Veterinarie
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