La patologia clinica è la branca della medicina veterinaria che si occupa dello sviluppo, dell’applicazione e dell’interpretazione dei test di laboratorio con finalità diagnostiche, prognostiche, terapeutiche e di monitoraggio delle patologie animali spontanee o nei modelli animali di malattia negli studi preclinici.

Questa specialità esiste anche in Medicina Umana e viene spesso definita Medicina di Laboratorio.

Esistono 4 macroaree di interesse:

  1. Ematologia
  2. Citopatologia
  3. Biochimica clinica (incluse endocrinologia, immunologia, diagnostica molecolare)
  4. Patologia generale e gestione del laboratorio. Questa ultima area è trasversale alle altre poiché è attraverso la profonda conoscenza dei meccanismi fisiopatologici di malattia che si possono comprenderee interpretare le alterazioni di laboratorio che essi inducono. La parte di management di laboratorio è un altro aspetto di fondamentale importanza:  il patologo clinico ha le competenze per sviluppare  e validare nuovi test diagnostici, per garantire attraverso la gestione dei sistemi di qualità l’accuratezza dei risultati che il laboratorio produce.

Patologi clinici fantastici e dove trovarli

I patologi clinici trovano le loro principali occupazioni nelle Università (insegnamento e ricerca), nelle aziende farmaceutiche (negli studi preclinici funzionali allo sviluppo di farmaci), in altri istituti  ed enti di ricerca pubblici e privati, nei laboratori diagnostici pubblici e privati, commerciali o interni alle grosse strutture veterinarie.

Di cosa si occupa un patologo clinico all’interno di un laboratorio (commerciale o interno ad una struttura veterinaria)?

Il patologo clinico è in primo luogo il responsabile dell’accuratezza dei dati che il suo laboratorio produce, ovvero deve garantire che i numeri prodotti dagli strumenti siano il più possibile “esatti”, e che anche i referti degli altri test non automatizzati (ad esempio lettura strisci ematologici, esami parassitologici, immunofluorescenze, esami citopatologici etc) rispondano a determinati standard di qualità. Per fare questo deve saper scegliere lo strumento migliore (tenendo anche in considerazione i volumi della routine), deve conoscerne il funzionamento, deve saper scegliere i reagenti con le performances migliori, deve impostare i controlli di qualità e fare tutte le verifiche necessarie per evitare che siano generati numeri o referti inaccurati, deve saper risolvere una serie di problemi (anche tecnici) che possono ogni giorno presentarsi. Poiché le pubblicazioni scientifiche in patologia clinica sono numerose e quotidiane, deve studiare molto per tenersi sempre aggiornato. Nel caso in cui rivesta un ruolo “dirigenziale” deve formare il personale medico e tecnico che fa parte del suo team, perché tutti siano sempre preparati e ci sia uniformità nella refertazione degli esami che prevedono una interpretazione soggettiva. Nel caso in cui ritenga utile introdurre un nuovo test deve “validarlo” (verificarne le performances) per garantire ai suoi clienti, prima di venderlo, che quel test  sia utile e accurato. Passa molto del suo tempo a consigliare i suoi referenti  sul tipo di esame da scegliere per arrivare a una diagnosi, emettere una prognosi o per monitorare una patologia in atto e li aiuta a interpretare i risultati dei test. Legge strisci ematologici e preparati citopatologici.

N.B.Il patologo clinico NON è tenuto a sapere nulla di terapia (non vede mai animali vivi!) e NON referta esami istopatologici, perché questa specialità non fa parte della patologia clinica, bensì della anatomia patologica (con tanto di College Europeo distinto, ECVP).

Dove si forma un patologo clinico veterinario

La patologia clinica è una disciplina che prevede competenze teoriche molto ampie e trasversali, poiché non solo comprende tutte le specie di interesse veterinario (grossi e piccoli animali domestici, esotici, animali da laboratorio, fauna selvatica), ma richiede conoscenze in tutte le altre specialità mediche, almeno laddove esista una parte di laboratorio in ciascuna di esse; il patologo clinico deve conoscere ogni patologia che possa essere indagata attraverso i test di laboratorio, sia che riguardi la medicina interna o la dermatologia, l’oncologia, la riproduzione e così via. E poiché per poter scegliere e interpretare qualsiasi esame è indispensabile conoscere gli aspetti clinici di ciascuna malattia, il patologo clinico è tenuto ad avere una formazione quantomeno di base in tutte le altre specialità cliniche. Così come per quasi tutte le altre specialità mediche è inoltre indispensabile la pratica sul campo, per applicare quotidianamente ciò che è possibile studiare in letteratura, al fine di accumulare anche esperienza  e abilità appunto pratiche. Per queste ragioni l’unico modo per diventare un patologo clinico è di fatto fare il patologo clinico. E come è ovvio, dedicarsi full time ad una singola disciplina specialistica garantisce di raggiungere, come professionista, risultati migliori. Studiare la teoria è fondamentale ma non basta, seguire un corso anche se specialistico non basta, così come non basterebbero teoria e corsi per diventare un chirurgo. Esattamente come vale per un chirurgo, è di fondamentale importanza per un aspirante patologo clinico avere la possibilità di affiancare uno specialista qualificato per poter imparare, piuttosto che andare alla deriva “facendosi da sé”, rischiando di raccogliere un’esperienza priva di confronto e guida che rischia di essere più pericolosa che utile.

Il College Europeo di Patologia Clinica Veterinaria  (ECVCP – Welcome to the ESVCP/ECVCP)

Fondato nel 2002, è stato pienamente riconosciuto nel 2007 dall’EBVS (European Board of Veterinary Specializations, vale a dire l’organizzazione che definisce le linee guida per riconoscere e registrare gli specialisti veterinari –Welcome to EBVS – EBVS – European Board of Veterinary Specialists). L’ECVCP ha tra i suoi principali obiettivi: definire gli standard formativi necessari per diventare un patologo clinico diplomato; contribuire alla definizione di standard elevati e condivisi per migliorare e armonizzare le procedure di laboratorio in Europa; promuovere la ricerca e il progresso scientifico in patologia clinica incoraggiando lo scambio di informazioni, la formazione e la pubblicazione di lavori scientifici. Per potersi diplomare in patologia clinica è necessario entrare in un residency programme della durata di 3 o 4 anni (rispettivamente standard o alternative programme) approvato dal college, che deve svolgersi presso un laboratorio a sua volta accreditato dal college come training site. Per poter essere accreditato, il laboratorio deve dimostrare di rispettare determinati standard operativi e di qualità dettati dal college, di possedere un’adeguata strumentazione, che al suo interno venga processato un numero importante di campioni del maggior numero di specie animali, che tutte le macroaree della patologia clinica siano presenti nella routine diagnostica. Il programma di studio deve garantire al candidato la possibilità di prepararsi adeguatamente all’esame finale e prevede sia parti pratiche legate all’esecuzione della routine diagnostica, sia parti teoriche fatte di  studio personale e collettivo, rounds, journal clubs etc, e infine parti dedicate alla produzione scientifica; se esistono carenze nel programma (ad esempio nel training site non si processano campioni di fauna selvatica) devono essere colmate con periodi di externship presso altri laboratori. Ogni candidato ha un supervisor (un diplomato ECVCP) che deve guidare il proprio resident attraverso il percorso formativo approvato e che lui stesso ha ideato, in accordo sempre con le linee guida del college. Alla fine del training il candidato può sostenere l’esame finale, composto da parti teoriche e parti pratiche, diviso in 4 parti (una per ciascuna macroarea della patologia clinica) e che dura 2 intere giornate.

Prospettive occupazionali

Premesso che sono sempre di più le offerte di lavoro per questa figura specialistica, a mio parere esiste un enorme sommerso di posti di lavoro, soprattutto nelle grosse strutture veterinarie dotate di laboratorio interno. Ahimè ancora molti Colleghi non conoscono questa specializzazione e non sanno quali siano le competenze di un patologo clinico (tra le quali credetemi c’è anche quella di far avere margini molto importanti al reparto, attraverso la corretta gestione dello stesso, anche considerando che genera notevoli indotti in altri reparti): accade così che invece di ricercare uno specialista molte strutture scelgono di lasciare in laboratorio personale non qualificato, con le tragiche conseguenze che si possono immaginare, prima tra tutte quella di impedire ai colleghi clinici la possibilità di effettuare diagnosi corrette,  producendo referti inaccurati.

 

Dr.ssa Silvia Rossi – DVM dipl. ECVCP